Dichiarazione di Arusha: più diritti per i popoli indigeni in Africa!

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L'Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN) terrà dall'8 al 17 settembre il quinto congresso sui Parchi Naturali nel Mondo (World Parks Congress) a Durban in Sudafrica. L'evento ospiterà persone da tutto il mondo: oltre 2.700 rappresentanti di territori protetti e/o di associazioni,
fondazioni, governi ma anche esponenti dell'economia privata parteciperanno al Congresso per fissare i punti di svolta strategici per il futuro sviluppo dei parchi protetti. Per l'occasione i rappresentanti dei popoli indigeni africani si sono riuniti dal 10 al 22 agosto ad Arusha in Tanzania ed hanno
elaborato la Dichiarazione di Arusha, la quale è fortemente sostenuta dall'Associazione per i Popoli Minacciati (APM).

"Noi popoli indigeni dell'Africa Orientale e del Sud chiediamo il
riconoscimento, l'accettazione e la tutela della nostra identità culturale, della nostra lingua, dei modi di vita tradizionali e dei nostri diritti fondamentali. Chiediamo inoltre l'uso senza limitazioni della nostra terra, delle nostre proprietà e di prati e boschi nei quali viviamo da generazioni secondo le nostre tradizioni", si legge nella dichiarazione. La terra su cui
vivono i popoli indigeni è spesso ricca di risorse naturali. I popoli indigeni sanno usare queste risorse, come ad es. legno, acqua, animali selvaggi, con grande accortezza e per gli scopi più diversi. Opposto è invece il comportamento delle multinazionali e dei governi che penetrano senza riguardi nell'habitat dei popoli indigeni, depredano la natura con le
miniere e la pesca eccessiva mettendo a serio rischio sia le popolazioni che vivono nei territori interessati sia gli stessi ecosistemi. Ad Arusha i popoli indigeni della Tanzania, dell'Uganda, Kenia, Sudan, Botswana, Namibia e dell'Etiopia hanno chiesto l'immediata sospensione di questo sfruttamento
selvaggio.

In concreto protestano contro le persecuzioni ed i dislocamenti forzati dei Boscimani nelle riserve del Kalahari Centrale. Un destino simile tocca anche ai Batwa, la cui sopravvivenza è messa in serio pericolo poiché devono lasciare i parchi nazionali di Mbwindi e Mgahinga senza ricevere una qualche forma di compensazione per la perdita della loro terra. "Chiediamo al governo dell'Uganda che i Batwa siano riconosciuti come cittadini del paese.
In questo modo i loro diritti alla terra, alla lingua e alla propria cultura non potrebbero più essere ignorati in modo così arbitrario." Anche i Masai in Tanzania sono minacciati. Dopo essere stati cacciati dal parco nazionale del Serengeti e dislocati forzatamente dalla riserva di Mkomazi essi
dovrebbero ora lasciare anche la zona protetta di Ngorongoro. Nella dichiarazione di Arusha i popoli indigeni chiedono che il governo fermi gli sfollamenti, restituisca ai Masai le loro terre originarie oppure che li risarcisca in modo adeguato per la perdita della terra.

Per comprendere meglio le richieste dei popoli indigeni, tutti i governi africani sono esortati a partecipare alle diverse tavole di discussione degli indigeni. Inoltre viene loro chiesto di firmare finalmente la Convenzione ILO 169 (ILO: International Labour Organisation - Organizzazione Internazionale del Lavoro - una organizzazione dell'ONU con sede a Ginevra).
Questa convenzione è finora l'accordo sul diritto dei popoli più completo per la tutela dei popoli indigeni. In 44 articoli sono fissati non solo la parità di trattamento dei popoli indigeni nel mondo del lavoro ma anche il loro diritto ad un proprio territorio, stile di vita, lingua e cultura. I popoli indigeni dell'Africa infine esortano le Nazioni Unite a convocare una
Conferenza Mondiale dei popoli indigeni, nella quale scambiare informazioni sui problemi e gli sviluppi della situazione dei diversi popoli e grazie alla quale sensibilizzare l'opinione pubblica sulle richieste avanzate dai popoli indigeni.

Fonte: Associazione per i Popoli Minacciati

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