Cambogia: tessile e violazione dei diritti civili

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Repressa con la forza in Cambogia una manifestazione di operai tessili che rivendicavano condizioni di lavoro più umane. Riemerge in modo drammatico la sistematica violazione dei diritti civili più essenziali nel Paese asiatico.

La polizia cambogiana ha disperso con la forza la manifestazione di un gruppo di 400 operai delle fabbriche di vestiario, che ieri per le vie della capitale Phnom Penh protestavano per le loro condizioni di lavoro. Duecento agenti in tenuta antisommossa e armati di fucili da assalto hanno affrontato i dimostranti, tra i quali moltissime donne, che erano usciti in corteo da una fabbrica nella periferia.

Il leader sindacale Chea Vichea e un deputato dell'opposizione, Chheam Channy, entrambi unitisi al corteo, hanno accusato la polizia di un uso eccessivo e inopportuno della forza. Nelle stesse ore era presente a Phnom Penh il direttore dell'ufficio per gli affari internazionali sul lavoro del dipartimento di Stato americano. Robert Hagan è stato inviato da Washington in Cambogia per verificare le condizioni di lavoro nelle fabbriche di vestiario locali, quasi tutte di proprietà di imprenditori cinesi, che spesso lavorano in appalto con numerose aziende statunitensi.

Il mercato americano è fondamentale per l'economia cambogiana: grazie ad un accordo bilaterale siglato con gli Stati Uniti nel 1999, la Cambogia ha esportato merce per 1,3 miliardi di dollari nel 2002. Il settore tessile è arrivato ad occupare 220mila lavoratori contro gli 80mila di quattro anni fa.

In passato Human Rights Watch, associazione che si batte per il rispetto dei diritti umani, ha più volte denunciato la sistematica violazione di diritti umani nel Paese. Lo scorso agosto ad esempio, in piena campagna elettorale per le elezioni politiche, molti sono stati i delitti di attivisti dell'opposizione alla compagine governativa. Delitti rimasti in gran parte tutt'ora impuniti. [DS]

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