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Armiamoli e che partano
Diritti umani
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Non c’è limite. Pensavamo che l’“armiamoci e partite” di mussoliniana memoria fosse una summa del ventennio ed invece, voilà la news 2011 Madame et Messieurs: armiamoli e che partano. Ma chi? Gli africani, of course. Il Ministro Affari esteri Franco Frattini ha proposto oggi al Consiglio ONU per i Diritti Umani che il corridoio umanitario sia aperto da soldati dei paesi africani. D’altronde, erano gli unici assenti al tavolo. C’est la vie.
Dopo aver armato sino ai denti il governo libico (africani) e non aver ancor rinunciato all’export di armamenti verso la Libia come più volte richiesto dalla società civile, il Ministro “con una velocità sorprendente” ed a “soli” 14 giorni dagli inizi dei massacri scarica Gheddafi. Perché? Non controlla più i campi di petrolio!
Insomma, fatemi capire, si sono aspettati 14 giorni di massacri impuniti per capire chi controllava i pozzi petroliferi ed adesso che s’è capito che i pozzi non son più di Gheddafi si propone, rullo di tamburi, lo stralcio del Trattato di amicizia Italia Libia.
Ma non finisce qui. “L’Italia è pronta a sostenere corridoi umanitari con forniture di aiuti alimentari e sanitari”. Certo. Gallette e cerotti. Peccato però che siano ancora in vigore qualche trattato internazionale che vado ad elencare che non si ferma ad alimentari e sanitari. Troppo comodo.
Dichiarazione Universale dei Diritti umani che all’art. 3, per esempio, recita: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona”. Per salvaguardare la sicurezza dei libici che gridano dignità non basta, quindi, inviare biscotti e siringhe. Peraltro non richieste.
Carta delle Nazioni Unite che all’art. 43 cita: "Al fine di contribuire al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, tutti i Membri delle Nazioni Unite s’impegnano a mettere a disposizione del Consiglio di Sicurezza (…) le forze armate, l’assistenza e le facilitazioni". Punto. Un esempio? Libano. A seguito del conflitto israelo-libanese del 2006 v’è stata una risoluzione (1701) che ha disposto una nuova forza d’interposizione. L’Italia ha giocato un ruolo di primo piano inviando uomini e mezzi con il plauso di metà mondo. (Governo Prodi).
Dichiarazione sul diritto dei popoli alla pace che solennemente dichiara che la difesa del diritto dei popoli alla pace richiede che le politiche degli stati siano dirette verso l’eliminazione della minaccia di guerra. L’eliminazione, quindi, di ogni rifornimento di armamenti ad aguzzini e dittatori.
Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Delitto di Genocidio che all’art. 1 cita: le Parti contraenti confermano che il genocidio, sia che venga commesso in tempo di pace sia che venga commesso in tempo di guerra, è un crimine di diritto internazionale che esse si impegnano a prevenire ed a punire. Non certo fornendo solo merende e stampelle ma soprattutto uomini e mezzi alla comunità internazionale per creare corridoi umanitari. Come può uno Stato dirimpettaio e zeppo d’interessi oltremare fare spallucce davanti alla richiesta di responsabilità posta prima da Obama e dopo da Ban Ki-moon?
"Attuazione della direttiva 2001/55/CE relativa alla concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati ed alla cooperazione in ambito comunitario" Certamente al Ministro non era sfuggita questa Convenzione e sembra strano che in sede Onu non abbia fatto cenno all’“obbligo di protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea che non possono rientrare nei Paesi di origine secondo le indicazioni della direttiva 2001/55/CE del 20 luglio 2001 del Consiglio dell'Unione europea”. Ma, forse, il Ministro sa benissimo che lo spauracchio degli sbarchi descritti come “catastrofe umanitaria” non riguarda la Libia. Domanda numero 1: quanti libici sono sbarcati nelle ultime due settimane in Italia? Poche unità. Domanda numero 2: quanti erano gli italiani presenti in Libia? Migliaia. Scusate ma: chi invade chi?
Ma andiamo pure fuori tema e assembliamo in un unicum tutti gli immigrati come ai tempi di Pipino il Breve. Mi perdonino gli amici arabi per l’epiteto ma possono anche loro verificare con chi ho a che fare. Per poche migliaia di “mori” urliamo alla catastrofe? Cosa avrebbe dovuto dire il Kivu che s’è visto riversare solo nella città di Goma nel 1994 un milione di persone?
Fuor di Convenzione esiste un patto di mutuo aiuto tra Paesi Europei per il rimpatrio dei cittadini europei. Mi spiego. Succede una guerra nella Repubblica Centrafricana? Ebbene i francesi si adoperano per rimpatriare non solo i propri connazionali ma anche gli altri cittadini europei. Succede un genocidio in Rwanda? Ebbene i belgi si adoperano a rimpatriare i propri connazionali e gli altri cittadini europei. (Peraltro ingiustamente in quanto si abbandonano al loro destino i cittadini di altri continenti). Insomma, si segue il percorso ex coloniale e l’Italia è responsabile di Somalia, Eritrea, Etiopia, Albania e Libia.
Notizie quotidiane ci dimostrano che non solo fatica a rimpatriare i propri cittadini ma non ci pensa lontanamente ad aprire corridoi umanitari. Troppo rischioso. D’altronde spendiamo “solo” 25 miliardi di euro in forze armate. Meglio mandare gli africani.
A proposito, 25 miliardi sono ancor pochi. Tra un paio di settimane di voterà alla camera dei deputati per ulteriori 18 miliardi per 131 cacciabombardieri F35 nuovi di zecca che nulla hanno a che vedere né con le operazioni di peacekeeping e né con i corridoi umanitari. Da quando una forza d’interposizione viaggia in cielo?