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Amnesty: appello per la ratifica del Trattato per la protezione dalle sparizioni forzate
Diritti umani
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"Centinaia di migliaia di casi di sparizioni forzate rimangono irrisolti e a questi si aggiungono nuovi casi ogni anno". Lo afferma una nota di Amnesty International in occasione della 'Giornata internazionale degli scomparsi' che si celebra domenica 30 agosto. "I governi - denuncia Amnesty - utilizzano le sparizioni forzate come strumento di repressione per mettere a tacere il dissenso, eliminare l'opposizione politica e perseguitare i gruppi etnici, religiosi e politici". Per combattere questa grave violazione dei diritti umani, il 20 dicembre 2006 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la "Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate". Ma la Convenzione entrerà in vigore solo quando sarà ratificata da 20 paesi e al momento mancano sette ratifiche, tra cui quella dell'Italia che nel luglio 2007 ha firmato - ma non ancora ratificato - la Convezione. La ratifica più recente è quella della Nigeria che è stato il tredicesimo paese a ratificarla il 27 luglio scorso.
Amnesty International insieme con la International Coalition Against Enforced Disappearances (ICAED) sta conducendo una campagna con una petizione online perchè la Convenzione entri in vigore il prima possibile e crede che questo obiettivo possa essere raggiunto entro la fine del 2009. In modo particolare Amnesty intende fare pressione sui seguenti i dieci paesi affinché ratifichino la Convenzione: Burundi, Capo Verde, Costa Rica, Libano, Marocco, Pakistan, Paraguay, Portogallo, Serbia e Timor-Est. "La 64ma Assemblea generale delle Nazioni Unite, che si apre a New York il 15 settembre, offrirà ai governi un'opportunità importante per la ratifica" - sottolinea Amnesty.
La Convenzione obbliga gli stati a introdurre il reato di sparizione forzata nella legislazione nazionale, a ritenere penalmente responsabile chiunque sia coinvolto in una sparizione forzata, a proteggere i testimoni e a perseguire sul piano penale ogni persona coinvolta. Stabilisce inoltre il diritto delle famiglie a conoscere la verità sul destino dei familiari scomparsi e a ottenere riparazione. Essa chiede agli stati di prevenire le sparizioni forzate mediante rigorose garanzie a tutela delle persone private della libertà, di svolgere ricerche sugli scomparsi e, qualora risultino deceduti, di individuarne i cadaveri e restituirli alle famiglie. Infine, chiede agli stati di avviare procedimenti penali nei confronti di presunti autori di sparizioni forzate nel proprio territorio, a prescindere da dove il crimine sia stato commesso, oppure di estradarli verso un altro stato o di consegnarli a un tribunale penale internazionale.
Durante il conflitto armato in Kosovo nel 1999, più di 3mila albanesi furono vittime di sparizione forzata per mano della polizia serba, delle forze militari e paramilitari. Oltre 800 persone, tra cui centinaia di serbi e rom, furono sequestrati da gruppi armati albanesi. Circa 1900 famiglie in Kosovo e Serbia stanno ancora aspettando di capire cosa sia successo ai propri familiari. Anche quando un corpo viene ritrovato e identificato, raramente vengono avviati procedimenti giudiziari. Sanje Berisha, di Gjakovë (conosciuta in Serbia anche come Dakovica), ricorda il fatidico giorno del giugno 1999: "Ordinarono a donne e bambini di uscire in strada, mentre gli uomini rimasero in casa. Arrestarono 11 uomini. Ilir Berisha, mio figlio, era il più giovane, aveva 17 anni." Il suo corpo, bruciato dalla polizia serba in una fossa comune, fu esumato a Batajnica, in Serbia, e restituito alla famiglia nel settembre 2006 per la sepoltura in Kosovo. Nessuno ha fatto giustizia per la sua morte. "Le sparizioni forzate, così come altre gravi violazioni dei diritti umani, avvengono spesso in connessione con operazioni di repressione delle sommosse o nell’ambito di azioni contro il terrorismo" - evidenzia Amnesty.
La Cecenia, che provò a distaccarsi dalla Federazione Russa nel 1991, è stata devastata da due conflitti armati e da operazioni di guerra al terrorismo. Sia le forze federali russe, sia le forze dell’ordine cecene sono state implicate in sparizioni forzate. Una lista completa di quelli che sono scomparsi è già stata compilata e le autorità sono restie a istituire un laboratorio di medicina legale per l’identificazione genetica. Makhmadsalors Delilovich Masaev, in una intervista per un giornale indipendente, Novaya Gazeta, pubblicato nel luglio 2008, ha accusato le autorità di maltrattamenti mentre era detenuto in totale isolamento per quasi quattro mesi nel 2006 in una struttura di detenzione non ufficiale a Tsenteroi controllata dal Servizio di sicurezza presidenziale ceceno. Un mese dopo l’intervista, nell’agosto del 2008, Masaev fu nuovamente sequestrato da uomini in uniformi mimetizzate: da allora è scomparso
Durante la "guerra sporca" degli anni 1960-80 in Messico sono scomparse centinaia di persone. "Come in altri casi di sparizioni forzate, il governo messicano si è rifiutato di chiarire cosa è successo a Rosendo Radilla. Ma la sua famiglia ha continuato a cercarlo e si è rivolta alla Corte interamericana dei diritti umani". Rosendo Radilla aveva 60 anni quando è scomparso nell'agosto1974: attivista sociale ed ex sindaco del municipio di Atoyac, Rosendo è stato visto l'ultima volta in una caserma militare pochi giorni dopo essere stato arrestato e detenuto illegalmente a un blocco stradale fuori Atoyac, nello stato di Guerrero, in Messico. Alcuni detenuti hanno raccontato che Radilla ha subito torture. Quest'anno la famiglia di Rosendo spera che la decisione del tribunale costringa il governo a dire la verità e ad assicurare loro il diritto alla giustizia e a una riparazione. "Non stiamo dissotterrando il passato, il passato è sempre stato presente" - dice Tita Radilla Martinez. "Noi non sappiamo come siano trascorsi questi trenta anni. Pensiamo sempre, forse domani. Stiamo aspettando, stiamo contando i giorni".
Nelle Filippine, dagli anni ’70 sono scomparse più di 1600 persone, soprattutto durante operazioni di repressione delle sommosse di gruppi secessionisti e di sinistra. James Balao, ricercatore e attivista per i diritti dei popoli nativi, è una delle ultime vittime di sparizione. Nel settembre 2008, mentre guidava per andare dalla propria famiglia a La Trinidad, provincia di Benguet, fu fermato e trascinato su un furgone bianco da uomini armati e in uniforme che affermavano di essere ufficiali di polizia. Un testimone oculare che ha descritto il sequestro di Balao è fuggito per paura di ritorsioni. [GB]