Un femminismo scomodo?

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Foto: Unsplash.com

Il femminismo non è il nemico degli uomini, e nemmeno gli uomini – visti come un “tutto” – sono il nemico del femminismo. Lo è il sistema sesso-genere e lo è il modo in cui esso sostiene il resto delle disuguaglianze. Codificare la disuguaglianza di genere in termini di guerra tra i sessi è completamente funzionale all’estrema destra. Anche perché le identità sociali di genere stanno cambiando, si moltiplicano soprattutto tra i giovani. Non abbiamo bisogno di un femminismo che viene rappresentato come un blocco senza differenze interne, senza contraddizioni – senza conservatorismo, transfobia, esclusioni o razzismo -, e nemmeno di un progetto che deve essere difeso con le unghie e con i denti, come un blocco granitico, senza analizzarne le complessità e le tensioni per “non fornire armi al nemico” e poter continuare ad avanzare con la lancia in resta.

Da tempo che discutiamo degli amici del presidente (spagnolo, ndt) Sánchez e del loro disagio nei confronti del femminismo. In alcuni settori, questo “femminismo scomodo” è stato identificato con un femminismo combattivo in cui essere molto inflessibili con gli uomini e denunciare “i loro privilegi” genera una reazione che si interpreta come un segno di avanzamento. Vedi? Reagiscono alla nostra avanzata inarrestabile, dicono. D’altra parte, il femminismo viene rappresentato come un blocco senza differenze interne, senza contraddizioni – senza conservatorismo, transfobia, esclusioni o razzismo -, e un progetto che deve essere difeso con le unghie e con i denti, come un blocco, senza analizzarne le complessità e le tensioni per “non fornire armi al nemico”, per continuare ad avanzare con la lancia in resta.

Però le cose sono sempre un po’ più complicate. Naturalmente, la rabbia è spesso un potente motore politico; non saremo certo noi la polizia del tono. Ci deve essere spazio per esprimerla, quella rabbia, ma contro chi? Chi è il nemico? Come si costruisce? Sono gli uomini o sono il patriarcato e la disuguaglianza? Qual è l’utilità politica di individuare gli uomini come un “tutto”? Se gli uomini sono il nemico, tutte le donne sono “compagne”?

Sì, il femminismo è scomodo (anche per noi)

Se facciamo un passo indietro per osservare il quadro nel suo complesso, diventa evidente che mettere in discussione i ruoli di genere – destabilizzare l’ordine sessuale – ha conseguenze più inquietanti per le persone di quanto possa sembrare a prima vista. Affermare che il genere non è naturale ma una costruzione sociale, come fa il femminismo, è in grado di scatenare un certo panico profondo perché il genere è un elemento centrale del modo in cui le persone si autoidentificano. Come spiega Christine Delphy, per molti questo rappresenta un attacco alla propria identità, alle coordinate che organizzano il proprio mondo e le proprie relazioni sociali. Questo disagio di genere esiste e forse, come dice Miquel Missé in questo intervento, dobbiamo farcene carico, dargli spazio e portarlo nella discussione pubblica.

Si sta verificando anche un’effettiva trasformazione nel modo in cui ci relazioniamo con il genere, essa è guidata dal femminismo e dalla pratica vitale e politica delle dissidenze sessuali. Jack Halberstam dà conto di come le identità sociali di genere stiano cambiando, si stiano moltiplicando, soprattutto tra i giovani. Il binarismo esplode, ci sono più modi per identificarsi – come trans, genere non binario, queer, ecc. – il che mette in discussione persino il significato dell’eterosessualità, che “non può rimanere stabile”, dice Halberstam. Non è così chiaro, spiega, cosa significhi essere uomo e cosa significhi essere donna, questo spinge a smuovere il terreno dell’eteronormatività, in un mondo in cui il matrimonio perde peso, la riproduzione non richiede questa sanzione sociale o religiosa né relazioni monogame; né esiste una relazione organica e inevitabile tra uomini, donne, figli e vita familiare...

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