www.unimondo.org/Notizie/Tortura-omicidi-in-divisa-repressione-parla-Ilaria-Cucchi-247148
Tortura, omicidi in divisa, repressione: parla Ilaria Cucchi
Notizie
Stampa

Ilaria Cucchi - Foto: Facebook.com
Persone morte durante o subito dopo interventi di carabinieri, vigli, metronotte. Il via libera al porto di armi personali, per appartenenti a forze di polizia. Nuovi reati, più repressione, nessuna leva su prevenzione e mediazione. Osservatorio Diritti ne parla con Ilaria Cucchi, senatrice eletta con Sinistra Italiana e Europa verde, combattiva sorella di Stefano Cucchi. Per avere giustizia, per l’omicidio del fratello, ha lottato tenacemente per anni. Le battaglie continuano in Parlamento.
Da inizio anno sette persone sono morte o state uccise in operazioni di servizio di forze di polizia. Sono in corso inchieste, per valutare le responsabilità. Ma di questi temi non si discute. E si aumenta il numero di armi in circolazione.
L’Italia è un Paese delicato per quanto riguarda il suo rapporto con la democrazia. Abbiamo conosciuto periodi storici, come gli anni del fascismo, in cui le figure addette alla repressione dei reati hanno avuto un potere eccezionale. Nel dopoguerra questo potere à stato messo sotto controllo e gestito dentro un’intelaiatura di pesi e contrappesi che il sistema democratico ha garantito.
Ma lo sbilanciamento non è mai stato risolto, soprattutto perché per troppi politici per rispondere alla conflittualità sociale degli anni ’60 e ’70 c’era bisogno di dare più potere alle forze di polizia in generale. È come se non si fosse mai usciti da quel clima, il clima di quello scontro.
Con quali conseguenze?
Viviamo in una emergenza permanente alla quale, secondo i tifosi dei metodi autoritari, bisogna reagire con più repressione e più controllo. E, dal momento che gli addetti alla repressione e al controllo sono le forze d polizia, è come se si affermasse: «Se metti limiti democratici al loro agire, lavori per l’insicurezza».
Quante volte abbiamo sentire dire «Se limiti l’uso della forza di polizia e carabinieri, aiuti il crimine», o addirittura «Se introduci il reato di tortura non permetti agli agenti di svolgere il proprio lavoro»? Per fortuna negli apparati di polizia ci sono anticorpi sani che in questi anni hanno aiutato a non far prendere il sopravvento a questi argomenti farneticanti.
Nelle nostre strade ci sono anche persone con problematiche psichiatriche. Le forze di polizia sono preparate a relazionarsi con loro? Hanno gli strumenti? O dovrebbero attivarsi altri soggetti?
Poliziotti, carabinieri e vigli urbani hanno compiti difficili sul campo, non è sempre facile capire quando si è di fronte a forme di violenza per motivi psichiatrici o di altra natura. Però troppo spesso persone in evidente crisi psicotica o sotto effetto di sostanze che alterano le normali funzioni psichiche sono state trattate con una violenza spropositata e senza la dovuta professionalità.
Ci sono situazioni in cui è evidente la necessità di un intervento da parte di medici e operatori umanitari o mediatori, al posto di agenti che usano la forza. Certo, ci vogliono più formazione e anche maggiori capacità e sensibilità dei singoli.
Che cos’altro manca a suo parere?
Quello che manca è un messaggio chiaro da parte delle istituzioni. Se di fronte a casi come quello che ha portato alla morte di mio fratello – e a quelle Riccardo Magherini e Federico Aldrovandi o alla “macelleria messicana” di Genova – la politica non è unita, ma dà sponda all’arbitrio e alla violenza, si crea un cortocircuito di senso: è come dire che tra le forze di polizia può essere tollerata la violenza brutale, senza controllo. Ci sarà sempre qualcuno che comunque prenderà le tue parti...