Superare la vendetta

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Molte atrocità, lo ha spiegato in modo impeccabile Judith Butler, vengono commesse nel segno di un’autodifesa che, proprio per il fatto di garantire una giustificazione etica permanente alla rappresaglia, non conosce alcun limite. Il diritto internazionale è nato proprio per superare la logica della vendetta. Diritto che oggi viene retoricamente aggirato con il meccanismo propagandistico della “nazificazione” del nemico… Abbiamo bisogno di una nuova cultura politica per imparare a non opporci alla logica della vendetta con i suoi stessi mezzi .

“È sempre possibile affermare: ‘Mi è stata fatta violenza, e ciò mi autorizza ad agire nel segno dell’autodifesa’. Molte atrocità vengono commesse nel segno di un’autodifesa che, proprio per il fatto di garantire una giustificazione etica permanente alla rappresaglia, non conosce alcun limite e può non avere alcun limite. Questa strategia ha sviluppato un’infinità di modi per ridefinire l’aggressione come sofferenza, e quindi fornisce infinite giustificazioni per trasformare quella sofferenza in aggressione. (…). La violenza non è ne una giusta punizione che subiamo, né una giusta vendetta per ciò che abbiamo subito…”. 

Judith Butler, filosofa statunitense, ebrea e nonviolenta, scriveva queste parole nel 2005 in Critica della violenza etica, che tornano alla mente in questi giorni in cui la rappresaglia senza limiti, ossia la vendetta spietata, è tornata ad essere il nuovo paradigma dominante nelle relazioni internazionali.

Il 27 ottobre l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato a larga maggioranza la risoluzione che chiedeva una “tregua umanitaria immediata, duratura e sostenuta” ai bombardamenti israeliani, esortando alla “fornitura immediata, continua e senza ostacoli di beni e servizi essenziali ai civili in tutta Gaza, incoraggiando la creazione di corridoi umanitari”, oltre alla “revoca dell’ordine da parte di Israele di evacuazione dei palestinesi dal nord della Striscia” e, contemporaneamente, chiedeva “il rilascio immediato e incondizionato di tutti i civili tenuti illegalmente prigionieri”. Per tutta risposta il governo israeliano lanciava il più massiccio bombardamento sul territorio di Gaza, ancora in corso, seguito all’azione terroristica di Hamas del 7 ottobre, con un numero di vittime che ormai raggiunge i 10.000 palestinesi – l’equivalente del genocidio di Srebrenica – di cui quasi la metà bambini certificati da Save the Children, in un tragico crescendo. Lo stesso giorno, alla dura contestazione della risoluzione da parte dell’ambasciatore israeliano all’ONU, si aggiungeva Mark Regev principale consigliere di Benyamin Netanyahu che dichiarava: “Hamas ha commesso crimini contro l’umanità e sentirà la nostra ira stanotte, la vendetta inizia stanotte”.

Ma la vendetta, sia quella messa in atto terroristicamente da Hamas contro civili inermi israeliani il 7 ottobre, sia quella che sta mettendo in atto il governo israeliano attraverso la rappresaglia indiscriminata che moltiplica le vittime civili palestinesi, è fuori dalle regole del diritto internazionale, che nasce esattamente per superare la logica tribale della vendetta. Diritto internazionale che viene retoricamente aggirato con il meccanismo propagandistico della “nazificazione” del nemico, ancora più pregnante quando si tratta dello “stato ebraico”: “la nazificazione degli oppositori di Israele è una vecchia strategia, che mette al riparo le sue guerre e le sue politiche espansionistiche”, scrive Adam Shatz sulla London Review of Books (da Internazionale 27 ott/2 nov 2023). Del resto era fuori dal diritto internazionale, e giustificata dalla medesima retorica di vendetta e nazificazione del nemico, anche l’aggressione statunitense all’Afghanistan dopo l’attentato dell’11 settembre 2001, seppur oggi Biden sembra prendere le distanze da Netanyauh. La vendetta non solo è criminale per definizione, ma ha come effetto quello di preparare nuove contro-rappresaglie, in una spirale di violenza infinita da entrambe le parti, che alimenta il fuoco dell’antisemitismo e dell’islamofobia, allargando il contagio del terrorismo, della guerra e della sua ideologia sul piano regionale e mondiale...

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