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Scrofe senza gabbie: una buona notizia
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Foto: Unsplash.com
Sulla questione degli allevamenti intensivi il dibattito è esteso, e anche noi di Unimondo ve ne abbiamo in più occasioni raccontato. Realtà controverse, economicamente importanti ma anche impattanti, ambientalmente discutibili ed eticamente insostenibili. Eppure questa volta portiamo alla vostra attenzione una buona notizia, che speriamo possa essere precorritrice, se non di una svolta radicale nella filiera della carne, almeno di buone pratiche per altre aziende e per il futuro.
Partiamo dall’inizio, e cioè dalla campagna SOS Pig, di Essere Animali, nata con lo scopo di puntare i riflettori sulle violenze perpetrate nei macelli. E non è una questione di poco conto: in Italia sono 10 milioni i maiali allevati e macellati che subiscono la castrazione senza anestesia né analgesia. Inoltre, per evitare morsicature e limitare l’aggressività che si sviluppa in contesti dove la mobilità è ridotta o nulla, vengono anche amputate le code, anche se non è dimostrato che riducano davvero le probabilità di cannibalismo. Alle femmine non va certo meglio, anzi: durante la gestazione e il parto 500 mila scrofe sono rinchiuse in gabbie così piccole da impedire loro qualsiasi movimento, e restano confinate qui anche durante lo svezzamento, in assenza di spazi, socialità e arricchimenti ambientali, perciò non riescono a costruire per i propri piccoli un rifugio sicuro dove accudirli come avverrebbe in natura. Ed essendo impossibilitate a muoversi, coricandosi rischiano di schiacciarli.
Le gabbie sono uno strumento di tortura, inutile girarci intorno: inferiscono sofferenza continua, aumentano l’insorgenza di infiammazioni, ferite e malattie e sorprendentemente tutto ciò è permesso dalla legge. Ecco perché la campagna SOS Pig ha posto alle aziende determinate condizioni, chiedendo che aderiscano alle regole base per un allevamento intensivo che, se proprio deve essere, sia per lo meno dignitoso. E l’azienda Bompieri Allevamenti, uno dei principali produttori italiani, ha deciso di provarci. Dopo una prima sperimentazione cominciata nel 2016 ha aderito all’iniziativa europea “End the Cage Age”, facendosi pioniera del cambiamento e avendo programmato la dismissione totale delle gabbie entro la fine del 2026, sostituite da ampi box di 7 mq che offrano spazi confortevoli durante il parto e la possibilità di muoversi e riposarsi con elementi aggiuntivi come paglia e carta e una zona coperta e riscaldata, che non sia in solo cemento (che purtroppo va per la maggiore in queste strutture).
Non si tratta di una rivoluzione drastica, ma certo di un gesto concreto che risponde anche alle esigenze, che hanno sempre più peso, dei consumatori. Lo conferma un sondaggio commissionato proprio da Essere Animali, nel quale le persone si sono espresse a favore di standard di trattamento negli allevamenti che abbiano in considerazione il benessere degli animali.
Questo dimostra quanto l’opinione pubblica abbia il potere di condizionare le scelte aziendali e come sia possibile gestire gli allevamenti in modo diverso, riducendo la sofferenza degli animali sia nel breve periodo che su scala più ampia, a partire proprio dagli stessi allevatori, che potrebbero essere supportati in maniera più convinta anche dagli altri soggetti della filiera, come per esempio supermercati e salumifici, nel farsi parte attiva di un percorso più trasparente e meno violento.
Quello che ci auguriamo, anche se la strada da percorrere è ancora lunga e in salita, è che l’esempio virtuoso di una realtà possa contagiare le scelte di molte altre, perché è davvero arrivato il tempo di prendere una posizione. A favore della dignità, del benessere e dei diritti, di tutti.