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Rifiuti: l’Italia s’è desta? No!
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Come abbiamo ricordato lo scorso anno il pacchetto legislativo sull’economia circolare è stato adottato in via definitiva il 18 aprile del 2018 a Strasburgo dal Parlamento europeo. Con questo provvedimento l’Europa punta a uno sviluppo economico ed ecologico capace di integrare politiche industriali e di tutela ambientale grazie ad un insieme di nuove norme che non porteranno “solamente” ad una rivoluzionaria politica nella gestione dei rifiuti, ma caratterizzeranno una profonda innovazione del sistema produttivo che sarà costretto a limitare i rifiuti già durante il processo produttivo e ad utilizzare sempre più risorse riciclabili. Solo adesso, che i rifiuti diventano per legge una risorsa da riutilizzare e non più solo un problema da smaltire, possiamo dire che l’economia circolare è diventa, almeno sulla carta, una delle priorità dell’Unione europea che è riuscita per la prima volta ad imporre un quadro legislativo condiviso e atteso dal 2015. E in Italia?
Complessivamente secondo le stime dell’Ispra il settore della gestione dei rifiuti in Italia vale circa 28 miliardi di euro, 11,2 miliardi di euro per i rifiuti urbani e 16,9 miliardi per i rifiuti speciali. Un mercato importante quanto delicato la cui gestione, spesso colonizzata da interessi mafiosi, da diversi anni vive nel Belpaese una fase critica, sospesa tra i nuovi ambiziosi obiettivi europei e un quadro normativo ancora troppo complicato (quando non incerto), che ha prodotto una generalizzata diffidenza della società civile e dell’opinione pubblica verso qualsiasi tipo di impianto di trattamento dei rifiuti, compresi quelli di riciclo. Per questo tentare di offrire risposte concrete ai legittimi interrogativi della cittadinanza sulla propria salute e cercare di migliorarne l’efficienza della gestione dei rifiuti è una delle vie obbligate per permettere all’Italia di stare al passo con l'Unione europea sul fronte della sostenibilità ambientale, sociale e nella prospettiva sempre più necessaria di potenziare la nostra economica circolare.
Eppure se al momento in materia di economia circolare l’Italia non è all’anno zero è perché, grazie soprattutto alle pressioni della società civile e dei “comuni ricicloni”, almeno una parte dell’industria italiana è riuscita ad anticipare gli orientamenti decisi a livello comunitario. Per Andrea Bianchi, direttore area Politiche industriali di Confindustria, nel rapporto Il ruolo dell’industria italiana nell’economia circolare presentato lo scorso anno emerge che “Il sistema produttivo è pronto a dare il proprio contributo, ma è necessario poter contare su un contesto normativo, tecnologico ed economico che sia di supporto e non di ostacolo al raggiungimento di tali obiettivi”. Oggi per Confindustria se l’Italia vuole valorizzare le proprie eccellenze “circolari” non può non impegnarsi anche politicamente a livello legislativo “per abbattere le barriere non tecnologiche; favorire la produzione di beni prodotti in linea con i principi dell’economia circolare e innalzare la capacità impiantistica virtuosa del Paese”. Un obiettivo al momento inascoltato, ma non impossibile, se non vogliamo pagare un conto oltremodo salato in termini di sostenibilità.
Ma secondo il rapporto Per una strategia nazionale dei rifiuti presentato il 18 aprile a Roma da Fise Assoambiente, non mancano solo le leggi utili alla corretta gestione dei rifiuti. Per l’associazione che riunisce le imprese private del settore rifiuti, “Escludendo eventuali ulteriori nuove autorizzazioni o ampliamenti, l’autonomia dell’attuale sistema di smaltimento in discarica è di circa due anni per il Nord Italia e meno di un anno per il Centro, mentre il Sud già evidenzia situazioni critiche”. Considerando che lo smaltimento in discarica dovrebbe rappresentare solo l’ultima opzione nella gerarchia europea per la gestione dei rifiuti, occorre farsi urgentemente carico delle 135 milioni di tonnellate di rifiuti speciali e circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani che ogni anno si producono nel Belpaese e per i quali semplicemente mancano gli impianti necessari a gestirli, valorizzarli e/o smaltirli a norma di legge. Per questo ogni anno esportiamo circa 3,1 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, di cui 1 milione di rifiuti pericolosi e circa 0,4 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, e anche all’interno dei confini nazionali il “turismo dei rifiuti” ha raggiunto dimensioni ciclopiche: “in un anno sono 1,2 miliardi i km percorsi dalla nostra spazzatura in cerca di impianti, il che equivale a percorrere circa 175.000 volte l’intera rete autostradale italiana con la rispettiva dose di inquinamento atmosferico”.
Così mentre gli obiettivi dell'Unione per i rifiuti urbani puntano per il 2035 al 65% di riciclo e al 10% di discarica, con un 25% di rifiuti che dovrà essere avviato alla valorizzazione energetica, gli ultimi dati Ispra disponibili mostrano come l'Italia sia ancora lontana da questi obiettivi: “nel 2017 il 47% dei rifiuti urbani è stato avviato a recupero di materia, il 18% a termovalorizzazione e il 23% in discarica”. Per raggiungere in tempo gli obiettivi dell’Unione per Assoambiente "serve realizzare entro il 2035 una Strategia nazionale di gestione dei rifiuti che ci fornisca una visione nel medio-lungo periodo migliorando le attuali performance" perché “fare economia circolare significa disporre degli impianti di gestione dei rifiuti con capacità e dimensioni adeguate alla domanda, capaci non solo di sostenere il flusso crescente in particolare delle raccolte differenziate di rifiuti, ma anche di sopportare fasi di crisi dei mercati esteri”.
Sul piatto della bilancia ci sono, oltre agli evidenti vantaggi ambientali che comporta una gestione dei rifiuti fatta tramite impianti controllati e autorizzati anziché attraverso discariche abusive e mercati illegali, anche una ricaduta occupazionale che coinvolge quasi 150.000 persone e un investimento in infrastrutture di circa 10 miliardi di euro. Investimenti che per quanto riguarda i consorzi del riciclo danno già dato i loro frutti: nel 2018 per la prima volta dall’avvio dell’operatività del Centro di coordinamento Raee i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche hanno superato le 310 mila tonnellate, con una crescita del 4,8% rispetto al 2017. Un risultato incoraggiante non diverso da quello che negli ultimi anni hanno fatto registrare il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero dei rifiuti di imballaggio in vetro (Coreve) che nel 2017 ha visto l’eccezionale aumento dell’8,3% della raccolta differenziata del vetro e l’EcoTyre, il consorzio nazionale che si occupa della corretta gestione degli pneumatici fuori uso (Pfu), che negli ultimi cinque anni ha avviato verso una corretta filiera di gestione del rifiuto circa 8.500 Pfu. Cosa aspettiamo?
Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.