Per una Patagonia senza dighe

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Un film che ti porta nel cuore del deserto e ti fa sentire a casa. Parlo di 180° South. Conquerors of the Useless, documentario diretto da Chris Malloy, che racconta il viaggio intenso ed estremo del surfista, scrittore e fotografo Jeff Johnson lungo 5000 miglia di costa. Un cammino nato dall’idea di ripercorrere l'epica traversata del 1968 di Yvon Chouinard e Doug Tompkins, eroi di altri tempi ma anche un po’ dei giorni nostri, guidati sottovoce dall’amore per la natura selvaggia. Due amici, capelli bianchi e cuore caldo, che hanno deciso, con una grinta direttamente proporzionale all’età che hanno in spalla, di investire i proventi delle loro attività commerciali per schierarsi in difesa di un meraviglioso lembo di terra affascinante e selvaggia. La Patagonia.

Da un lato quindi Yvon Chouinard, classe 1938. Scalatore, appassionato di surf e kayak, uomo d’affari nel campo dell’abbigliamento sportivo e scrittore che parla di etica, roccia e pratiche economiche fondate sul concetto di slow company, Chouinard è anche il fondatore – e non a caso! – del marchio Patagonia. Con i primi successi finanziari ha fin da subito colto l’opportunità di rendere la sua azienda un eccezionale luogo dove lavorare e contemporaneamente un punto di riferimento per l’attivismo ambientalista. Nel 1984, precursore di intuizioni fondanti per l’attuale riflessione sulla sostenibilità e sulla conciliazione vita-lavoro, ha vincolato l’azienda a un impegno costante per l’ambiente, devolvendo alla causa l’1% dei profitti, che restano pur sempre invidiabili. Gli sforzi di Chouinard vanno nella direzione di migliorare, assieme alle prestazioni dei prodotti, le condizioni di lavoro dei propri dipendenti, stipendiando anche coloro che si dedicano a progetti locali di salvaguardia ambientale. Le energie investite in questa direzione hanno portato, un unico esempio tra i molti possibili, alla messa a punto di tessuti tecnici naturali che provengano da cotone biologico non trattato con pesticidi.

Dall’altro lato Douglas Tompkins, classe 1943, fondatore di The North Face e di Esprit. Uomo che meriterebbe di essere conosciuto però soprattutto per il fatto di aver dedicato, assieme alla moglie Kristine, anni preziosi della sua vita all’attivismo e alla tutela ambientale, riuscendo a far sì che fossero mantenuti intatti più di 2 milioni di acri di lande selvagge in Cile e in Argentina e dedicandosi alla protezione della biodiversità.

Perché proprio la Patagonia? Perché la regione è minacciata da grandi compagnie che intendono costruire 5 enormi centrali idroelettriche sui fiumi Pasqua e Baker. Le dighe distruggerebbero chilometri e chilometri di terre incontaminate, richiederebbero l’abbattimento di larghe aree di foresta vergine per la messa in posa di 1500 miglia di linee di trasmissione e renderebbero industrializzata una regione rurale con un crescente potenziale di ecoturismo. La Patagonia è una delle ultime roccaforti per la biodiversità sulla Terra, all’estremo sud del continente americano: una terra inesplorata dal paesaggio variegato e sconfinato, disegnato da un passato geologico ricco di storia che ospita acque tra le più pure al mondo, montagne di straordinaria bellezza e rarissime specie di uccelli. Ecco perché ¡Sin represas!, Senza dighe!, campagna collegata al progetto di Conservación Patagonica (movimento fondato nel 2000 dalla moglie di Tompkins) è una battaglia che merita la nostra attenzione. Si tratta di una comunità dinamica che riunisce persone che si battono per il “futuro selvaggio della Patagonia” e che condividono l’impegno per la creazione del Parco Nazionale della Patagonia. Quello di creare un parco naturale è sicuramente un progetto ambizioso, che significa per prima cosa porre in sicurezza, acquistandole, le terre che le grandi compagnie vorrebbero destinare ad uso industriale. Di qui il fondamentale contributo di privati appassionati come Chouinard e Tompkins, che hanno deciso di investire una significativa quota del loro patrimonio per l’acquisto di questi spazi messi in pericolo dall’ingordigia umana asservita al profitto a qualunque costo. Creare un parco naturale significa anche, però, proteggere un’area ritenuta critica per il mantenimento della biodiversità e invitare i visitatori a fare esperienza di una natura intatta, contribuendo così a favorire una vibrante economia locale ecosostenibile. Si tratta di potenziare un modello di sviluppo che abbracci e protegga i tratti specifici della regione, attraverso un lungo e complicato processo di collaborazione con le autorità governative locali, regionali e nazionali, senza dimenticare il fondamentale e necessario coinvolgimento delle comunità locali. Prossimo passo: istituire reti permanenti di sviluppo e salvaguardia di questo inestimabile patrimonio dell’umanità.

Anna Molinari

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