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'Pacchetto sicurezza': una società di esclusi
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E' una levata di scudi. L'approvazione al Senato del cosiddetto "pacchetto sicurezza", il disegno di legge n. 733 ("Disposizioni in materia di sicurezza pubblica"), ora in discussione alla Camera, solleva un coro di voci indignate. Le ulteriori difficoltà per ottenere la carta di soggiorno, le maggiori difficoltà nella registrazione anagrafica, l'introduzione del pagamento di un contributo - che può arrivare fino a 200 euro - per il rinnovo del permesso renderanno ancora più precaria la vita dei migranti che arrivano in Italia in cerca di lavoro, spesso sfuggendo a situazioni di povertà estrema e di conflitto. Mentre un emendamento cancella il divieto da parte dei medici di denunciare gli immigrati senza permesso di soggiorno, trasformandoli in spie, come denunciato da più parti.
Anche se il sottosegretario Mantovano si è premurato di precisare che "la norma si limita a consentire che questa segnalazione avvenga quando sussistano gravi ragioni di interesse collettivo o personale, come porre in evidenza stati di malattia pericolosi per il paziente o che determinino il rischio di epidemia", continua in diverse Regioni italiane la mobilitazione delle autorità contro il disegno di legge, in particolare proprio contro la possibilità da parte dei medici e del personale sanitario di denunciare gli immigrati irregolari che si presentano per ricevere cure mediche.
Ma non sono solo i migranti ad essere oggetto del provvedimento di legge. Tra chi può rappresentare un pericolo per la sicurezza il legislatore ha messo anche i senza dimora, complicando i percorsi di inclusione sociale di persone già gravemente svantaggiate.
Di "ferita ai diritti delle persone immigrate" e di "pericolo per la salute degli stessi immigrati e dei cittadini tutti" parlano le riviste e gli istituti missionari italiani, criticando il provvedimento che revoca la legge che impediva ai medici di denunciare gli immigrati clandestini nel momento in cui si rivolgono per cure alle strutture sanitarie.
Il mondo missionario italiano, in sintonia con quanto espresso da medici di famiglia e ordini dei medici, giudica "miope" e pericoloso per la tutela della salute pubblica scoraggiare gli immigrati che necessitano di cure e non hanno i documenti in regola dal presentarsi in ospedali e ambulatori: chi garantirà che non si diffondano malattie altrimenti controllabili e che non si alimenti un mercato della salute parallelo, ma sommerso?
"Il diritto alla salute è più di altri un bene contemporaneamente personale e comune; la scelta della ‘non cura’ per evitare la denuncia è contro ogni concezione di umanità e solidarietà e si scontra con ogni concetto di rispetto ed aiuto alla persona", osserva in una nota Pax Christi.
"La deontologia professionale dice che il medico deve garantire la tutela della salute di tutti, senza distinzioni - osserva il dottor Giuseppe Zumiani, presidente dell'Ordine dei medici del Trentino – Siamo coscienti dei pericoli per la salute, personale e collettiva, che possono derivare dal fatto che un soggetto non si sottoponga a visite per il timore di una denuncia. Mi pare anche che questo provvedimento vada contro lo spirito di solidarietà e universalità della cura che è proprio del nostro sistema sanitario, nazionale e provinciale".
La Federazione della Stampa Missionaria Italiana e la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza degli Istituti Missionari Italiani bocciano anche, senza appello, la decisione di rendere la clandestinità un "crimine": "un fatto grave, per di più in un momento delicato come l’attuale in cui al legislatore sono chiesti saggezza, equilibrio e lungimiranza". Per i missionari italiani, l’esigenza, "legittima", di garantire l’ordine pubblico e la sicurezza "non può mai far sì che siano calpestati i diritti delle persone". Netta contrarietà alla criminalizzazione "a priori" della persona immigrata è espressa dai missionari comboniani, contrari anche a quella che loro chiamano apertamente "una tassa", mentre la Fondazione Migrantes l'ha definita "un balzello che intercetta gli umori di alcuni italiani".
"Un popolo e uno Stato che si riconoscono nei valori della Costituzione non possono rinunciare ad avvicinare l’immigrato - regolare e clandestino - innanzitutto come una persona, con diritti e doveri. In caso contrario, stiamo scivolando a grandi passi verso la barbarie", concludono i missionari italiani. Mentre la rivista dei Paolini, Famiglia Cristiana, si spinge fino a parlare apertamente di "leggi razziali".
Augusto Goio
(Direttore Responsabile di Unimondo)
Fonte: Vita Trentina