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Orti in città: la nuova arma dei romani contro degrado e cemento
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“La zappa, il tridente, il rastrello, la forca, l'aratro, il falcetto, il crivello, la vanga e la terra che spesso t'infanga” cantava Rino Gaetano in un folle scioglilingua satirico. Chi l'avrebbe mai detto che oggi quegli strumenti agricoli sarebbero tornati di moda perfino nelle metropoli? La recente diffusione degli orti urbani nella Capitale ne è un esempio, anche se in realtà parlare di moda non è del tutto corretto: si tratta più che altro di necessità, dettata non solo dai tempi di crisi che stiamo vivendo, ma anche dal riconoscimento di uno stile di vita non più sostenibile combinato, di riflesso, a una riscoperta del valore della terra e dei suoi prodotti, del lavoro agricolo inteso come condivisione e riappropriazione dal basso di spazi comuni sottratti al degrado e all'incuria delle istituzioni. Così, i progetti sul verde privato, in cui Roma in particolare è rimasta molto indietro rispetto all'Europa e al nord Italia, stanno finalmente sorgendo numerosi e uno di questi, gli “Horti della Marcigliana”, potrebbe presto fornire i cittadini della Capitale di ben 150 nuovi orti urbani da curare e coltivare in autonomia.
Presentato lo scorso 2 ottobre dall'architetto Eugenio Batelli, si tratta del primo progetto del genere in Italia, in cui gli orti saranno associati ai nuovi appartamenti del complesso residenziale in costruzione accanto all'adiacente area protetta del Parco della Marcigliana. I lotti di terreno, muniti ognuno di deposito degli attrezzi in legno, impianti idrici, elettrici e drenaggio, saranno donati in parte ai futuri nuovi inquilini del complesso e in parte agli abitanti del terzo municipio di Roma. Per l'ideatore, un modo innovativo non solo di combattere la crisi del settore immobiliare, ma anche per innalzare la qualità della vita dei cittadini attraverso la riscoperta della vita all'aria aperta, del lavoro agricolo e di un'alimentazione più sana ed equilibrata grazie alla coltivazione di prima mano di carote, melanzane, insalata, zucchine e tanto altro, che in questi tempi di depressione economica diventa quasi vitale.
Naturalmente, il risparmio e non è certo l'unico vantaggio legato in generale agli orti condivisi. La partecipazione attiva a queste attività, infatti, può servire anche da stimolo per arricchire la propria conoscenza della biologia, delle piante, della natura, per riscoprire usi e conoscenze tradizionali, per combattere la vita sedentaria in modo sano, per guardare con occhi diversi il proprio territorio e prendersene cura in maniera partecipata e consapevole. Proprio in vista di questo tipo di progetti, la giunta comunale capitolina ha messo a punto il regolamento, approvato di recente: i lotti, di circa 60 metri quadrati, verranno concessi in comodato d'uso gratuito per 6 anni, rinnovabile per altri 6, solo ai cittadini riuniti in associazioni, senza scopo di lucro; inoltre i prodotti coltivati negli orti urbani sono destinati al solo uso privato, quindi non potranno essere venduti, e sono vietate le coltivazioni ogm. "La funzione degli orti è anche sociale - ha detto il sindaco di Roma Ignazio Marino – si tratta di luoghi di aggregazione importanti anche per il recupero del territorio. 150 quelli già esistenti nella Capitale”.
Certo se le istituzioni ci sono arrivate solo adesso (meglio tardi che mai), moltissimi cittadini romani sono da tempo in prima linea nel promuovere questo tipo di attività – a volte pure scontrandosi con divieti e vuoti normativi – sperimentando nuovi modelli di spazio pubblico a contatto con la natura: dalle azioni di guerrilla gardening ai comitati di quartiere, fino alle organizzazioni spontanee di cittadini, decisi a recuperare di propria iniziativa aree abbandonate, per restituirle all’uso pubblico. Basta dare un'occhiata alla mappa on line di Zappata Romana, il sito del progetto di ricerca e monitoraggio degli orti e giardini condivisi a Roma, per vedere quanto ricche e variegate sono le iniziative di questo tipo praticamente in ogni area della città.
A partire da Hortus Urbis, sempre a cura di Zappata Romana, Parco dell’Appia Antica, e di tanti cittadini e gruppi che hanno messo a disposizione i loro saperi, tempo e competenze per l'attivazione di un’area inutilizzata, destinandola a orto didattico antico romano e restituendola così al pubblico. C'è il Parco di Tre Fontane in zona Eur, in cui i cittadini hanno creato “un angolo di paradiso”, con fiori, zucche, uva, una zona relax con un pergolato e arnie per la produzione del miele. Il fiore all'occhiello è l’orto didattico, che ospita al suo interno un lombricaio e diverse sezioni botaniche, visitato dalle scolaresche della zona. E pensare che l'area, di circa 6 chilometri quadrati, era abbandonata al degrado da anni, fino all'arrivo dei volontari che in mesi di duro lavoro l'hanno bonificata da quintali di rifiuti scaricati dai cantieri. Ci sono gli orti urbani della Garbatella, che ospitano uno dei 3 giardini giapponesi presenti nella capitale, e le attività delle associazioni di solidarietà, socialità e contro la speculazione edilizia. E ancora, quelli alle Terme di Caracalla (con l'iniziativa Orto Errante), c'è il gruppo di Orto Insorto a Torpignattara, Quadraro e Vigne, le tante iniziative dei Giardinieri Sovversivi Romani e interventi di guerrilla gardening un po' dappertutto.
Insomma, il movimento degli “agricoltori spontanei” cresce, e in un anno, gli orti urbani a Roma da 100 sono passati a 150, in attesa degli ulteriori 150 previsti dal già citato progetto "Horti della Marcigliana". Qui, la coltivazione inizierà in primavera e le associazioni interessate saranno seguite dall'Università di Perugia (creatrice delle linee guida da cui ha preso spunto il progetto), che fornirà loro materiale didattico e assistenza per iniziare a lavorare la terra e per la scelta degli ortaggi da piantare. “A differenza dei giardini pubblici tradizionali, i giardini e gli orti condivisi vedono protagonisti tutti i cittadini perché sono realizzati e/o gestiti dai cittadini stessi riuniti intorno ad un progetto comune per rendere migliore il loro quartiere” si legge sul sito di Zappata Romana, che specifica come spesso un giardino condiviso si trasformi in qualcosa di più ampio che ha a che fare anche con la socialità e l'interazione. “Il giardino condiviso può essere il fulcro di una comunità delineando nuovi modi di vivere la città”.