www.unimondo.org/Notizie/Nuovi-killer-da-mangiare-251539
Nuovi killer… da mangiare
Notizie
Stampa

Foto: Unsplash.com
Dalle bevande frizzanti ai cereali, dagli snack alla carne, i cibi ultra processati sono pieni di additivi: olii, grassi, zuccheri, amidi e sodio, ma anche emulsionanti, mono e digliceridi, polisorbato e lecitina di soia… centinaia di ingredienti che privano il cibo delle proprietà nutrienti introducendo nuove sostanze che potrebbero avere conseguenze negative sul corpo umano. Mentre obesità e scarsa attività motoria e sportiva contribuiscono a creare le condizioni per malattie e decessi altrimenti evitabili, si aggiunge ora un altro fattore preoccupante, ovvero un consumo senza precedenti di cibi superlavorati che sono entrati a gamba tesa nelle nostre diete, a partire da quella americana, ma anche in molte altre. E potrebbe trattarsi di un nuovo, silenzioso killer.
Alcuni medici dello Schmidt College of Medicine (Florida Atlantic University) hanno esplorato questa ipotesi e ottenuto importanti elementi, pubblicati sulla rivista accademica The American Journal of Medicine che dimostrano quanto l’industria del divertimento e quella del cibo, così come le politiche pubbliche, non si allineino ai bisogni dei pazienti.
“Chi come noi si occupa di medicina negli Stati Uniti”, afferma Dawn H. Sherling, tra gli autori dello studio, “si trova oggi in una posizione unica, ovvero siamo i primi ad assistere a un declino della speranza di vita negli ultimi 100 anni, più bassa di quella di altri Paesi comparabili per condizioni economiche.” Nonostante le raccomandazioni per i pazienti, come per esempio quelle presenti nelle linee guida 2021 dell’American College of Cardiology, siano quelle di “consumare cibi minimamente lavorati”, non esiste però una definizione comunemente accettata di “cibo ultra-processato” e persino alimenti salutari possono essere inclusi in questa categoria.
Le organizzazioni deputate alla salute pubblica, dichiarano gli autori dello studio, stanno sempre più utilizzando il sistema di classificazione NOVA, che divide i cibi in 4 categorie: quelli integrali, gli ingredienti per cucinare (come burro, sale, olio), i cibi tradizionalmente lavorati (come il pane e lo yogurt, che hanno però pochi ingredienti) e i cibi ultra -processati, ovvero quelli industrialmente prodotti e contenenti ingredienti che normalmente non si trovano in una comune cucina.
Un meccanismo plausibile che spiega il rischio portato da quest’ultima tipologia di alimenti è che essicontengono emulsionanti e altri additivi che il tratto gastrointestinale dei mammiferi per lo più non digerisce: possono quindi diventare cibo per il nostro microbiota e creare un microbioma disbiotico che, al momento giusto, può promuovere lo sviluppo di malattie. Pensiamo per esempio alle maltodestrine: esse favoriscono uno strato di mucosa molto apprezzato da batteri che si rintracciano in abbondanza in pazienti che hanno problemi di infiammazioni intestinali. Se lo strato della mucosa non è correttamente mantenuto, le cellule epiteliali possono diventare vulnerabili a lesioni che mettono a dura prova la reazione del sistema immunitario. Negli Stati Uniti, i dati confermano un aumento dei casi di cancro colon-rettale, soprattutto nei giovani adulti.
Pur dovendo arricchire lo studio di casistiche ed elementi probatori, emerge come evidenza la bontà del consumo di cibi integrali, anche a livello preventivo: così come i pericoli del consumo di tabacco, pur essendo emersi all’inizio dell’900, hanno dovuto attendere anni per essere confermati in maniera certa, politiche dissuasive potrebbero anticipare l’insorgenza di effetti decisamente indesiderati anche in questo caso. Ma le multinazionali che producono cibo ultra lavorato sono potenti quanto quelle del tabacco, se non di più, ed è altamente improbabile che i governi riescano a muoversi in modo rapido e deciso in questa direzione, senza contare le difficoltà che molte persone hanno ad individuare – e reperire – cibi più sani, anche per questioni economiche, oltre che culturali e sociali. Si tratta quindi di immaginare, e non solo per gli Stati Uniti, politiche di salute pubblica decisamente più vaste, efficaci e mirate… Possibile?
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.