Nuoce gravemente alla salute

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Facciamo una prova. Chiedete a qualcuno dei vostri conoscenti che festività si celebra in questi giorni. La maggior parte di loro risponderà probabilmente ricordandovi la festa di Tutti i Santi (o dei Defunti, e la confusione tra l’1 e il 2 novembre si mantiene vivace), e pochi citeranno invece la Giornata Mondiale Vegan. Per questo motivo oggi lo facciamo noi, perché si tratta di una ricorrenza relativamente recente e meno conosciuta, ma non per questo meno importante, anzi. E’ invece l’occasione per riproporre una riflessione che negli ultimi anni sta “contagiando” sempre più persone, non necessariamente con il risvolto pratico di un radicale cambio di rotta, ma sicuramente con il risultato di aprire il dibattito su un tema scottante come le abitudini alimentari e le conseguenze che comportano.

Cominciamo da qui: perché la scelta del 1 novembre? Perché proprio a Londra, nel 1944, fu fondata in questo giorno la prima società vegana, e la ricorrenza offre da allora e ogni anno lo spunto per organizzare attività e incontri informativi e divulgativi per parlare di una scelta responsabile che, non ci sono dubbi, contribuisce significativamente a salvaguardare la sostenibilità ambientale e i diritti degli animali. E forse anche la salute delle persone. E proprio su questo ultimo punto ci soffermiamo oggi, sulla salute. Perché, sorvolando sulle polemiche legate allo svezzamento vegetariano dei bambini (qui e qui un paio di interessanti articoli in merito) e senza ripercorrere riflessioni a cui Unimondo ha dedicato più volte il meritato rilievo, vegetariani e vegani pare abbiano quest’anno un motivo in più per avvalorare le proprie posizioni e per sostenere, anche scientificamente, le proprie scelte alimentari, che consistono (a seconda del grado) nel rifiuto di consumare carne, pesce, latte, latticini e derivati, uova, miele e, in generale, qualsiasi prodotto di origine animale. In realtà la scelta di vita vegana comporta un più radicale cambiamento anche nello stile di vita, escludendo il consumo di prodotti derivanti da possibili sofferenza e sfruttamento degli animali (parliamo quindi di escludere dai propri acquisti lana, seta, alcuni cosmetici, prodotti in pelle, etc.).

Le ragioni che danno ragione a chi nella propria dieta rinuncia ai derivati animali sono state recentemente confermate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, in particolare attraverso l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di Lione, che ha reso nota il 26 ottobre scorso una rilevante aggiunta alla lista nera delle sostanze cancerogene certe (quelle del gruppo 1 che, per intenderci, contiene anche amianto, alcol e arsenico): le carni lavorate, il cui consumo è stato riconosciuto come fattore significativo nell’incidenza di rischio per il tumore all’intestino (tumore che, come riferito dal Daily Mail, solo in Gran Bretagna uccide più di 150 mila persone all’anno, la metà delle quali - secondo i ricercatori - potrebbe salvarsi semplicemente adottando uno stile di vita più sano). In prospettiva, sulle etichette delle confezioni di carne rossa potremmo dunque leggere una dicitura simile a quella riportata sui pacchetti di sigarette: “probabilmente cancerogena per gli esseri umani” (le carni rosse sono state inserite nel gruppo 2, che identifica un fattore di rischio leggermente inferiore rispetto al gruppo 1, nel quale sono state inserite appunto le carni lavorate, cioè cotte attraverso processi di affumicatura, salatura, essicazione e aggiunta di conservanti chimici per migliorarne il sapore). I dati raccolti da 22 esperti provenienti da 10 diversi Paesi dimostrano un’associazione positiva fra carni rosse e cancro al colon, tumore del pancreas e della prostata. L’articolo pubblicato su The Lancet Oncology spiega in maniera dettagliata gli sviluppi dello studio e le evidenze emerse, ma è comunque importante rammentare come sia ormai comprovata la presenza di molti grassi animali nelle carni rosse, i quali provocano uno stato infiammatorio cronico e alti livelli di insulina, favorendo di conseguenza sovrappeso e obesità e quindi aumentando le probabilità per le cellule di sviluppare il cancro.

Questi nuovi sviluppi, che ovviamente preoccupano non poco e non soltanto le multinazionali dei fast food e dell’industria della carne (per gli indubbi profitti dell’indotto, ma anche per i milioni di posti di lavoro che garantiscono), nonché i consumatori abituali di carne, non giungono affatto come un fulmine a ciel sereno per chi da anni ha scelto di seguire uno stile di vita semplicemente più sano, attento, equilibrato. Una cosa è certa: la scelta delle modalità e degli alimenti di cui vogliamo nutrirci è intima e personale. Possiamo leggere interviste, studi scientifici, testimonianze di segno opposto, ma siamo noi gli unici e ultimi artefici del nostro futuro alimentare e del nostro benessere. E purtroppo spesso accade che si sia tentati dal dare ragione a chi conferma quello di cui già siamo convinti. Possiamo concordare sul fatto che i prodotti di derivazione animale siano indispensabili per la nostra dieta (per almeno 5 motivi), che abbiano un valore nutrizionale insostituibile e che si diffondano di quando in quando pericolosi allarmismi riguardo al loro consumo, o possiamo approfittare dei numerosi e variegati sostituti (dalla soia ai legumi ai cereali) e scegliere di eliminare i derivati animali dalla nostra tavola - o di ridurne quantomeno drasticamente il consumo. La scelta rimarrà nostra, e sarà frutto di quante più informazioni riusciremo a raccogliere per capire cosa sia meglio fare.

Noi un paio di idee intanto ve le suggeriamo: adottare una dieta mediterranea, povera di grassi animali e ricca di vegetali e partecipare a qualche evento nelle vostre città organizzato per la Giornata Mondiale Vegan. Con uno scopo: scoprire qualcosa di più che, chi lo sa, possa rivelarsi un interessante contributo al dibattito in corso.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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