Nati, cresciuti e tatuati di plastica

Stampa

Niente di apparentemente più estraneo. Da un lato una bibita di largo consumo, alla portata di molti. Dall’altro un crostaceo pregiato, accessibile a pochi. A quanto pare però hanno molto più in comune di quanto si possa immaginare, ma non è una bella notizia.

Succede nel golfo del Maine, costa Atlantica degli Stati Uniti, quando l’equipaggio di un peschereccio canadese si imbatte in uno strano esemplare di aragosta… tatuato con un logo della Pepsi sulla mandibola. Vandalismi? Mutazioni genetiche? No, ipotesi molto più realistiche, e forse peggiori. Ma come ciò sia stato possibile è ancora in fase di accertamento: alcuni presumono che l’aragosta possa essere cresciuta intorno a una lattina abbandonata tra le onde, altri speculano sul fatto che una parte del contenitore possa essere stato in qualche modo incorporato dal crostaceo. Altri ancora, come per esempio Karissa Lindstrand, membro dell’equipaggio che ha issato a bordo l’aragosta tatuata, sostengono che il logo non provenga da una lattina ma che, per dimensioni e tipo di immagine, sia più probabilmente da far risalire a una stampa.

Una cosa è sicura: indipendentemente dalle ricerche che verranno svolte su questo specifico caso, il ritrovamento avviene in un momento in cui la preoccupazione riguardo le tonnellate di rifiuti che si accumulano negli oceani è in costante aumento. Le stime di queste discariche nascoste ma non troppo al largo e tra le onde si aggirano tra i 5 e i 13 milioni di tonnellate e le potenziali, pericolose conseguenze sono pari a quelle provocate dai cambiamenti climatici. Una su tutte: il rischio di ingestione di materiali plastici che non si decompongono da parte di pesci, uccelli marini, grandi mammiferi d’acqua e altri organismi. Un dato che fa ragionevolmente prevedere che, paragonandoli in peso, nel 2050, nel mare ci saranno più rifiuti che pesci.

E la profezia è sulla buona strada per avverarsi: ricercatori dell’Università della Tasmania e della UK’s Royal Society per la protezione degli uccelli hanno recentemente documentato la presenza di circa 38 milioni di pezzi di plastica (per un peso complessivo di quasi 18 tonnellate) nella sola isola di Henderson, un piccolo atollo nel Pacifico sud orientale che è uno dei luoghi più inquinati al mondo (densità inquinamento da plastica intorno al 99,8%), ancorché disabitato. Qui centinaia di granchi hanno costruito la propria casa dentro tappi di bottiglia o contenitori per cosmetici, a volte persino nell’incavo della testa di una bambola.

Correnti oceaniche depositano rifiuti nei luoghi più impensabili: dall’Europa e dall’America del Nord la plastica arriva fino ai remoti lidi del Polo Nord dandoci, anche solo visualizzandone lo spostamento su una mappa immaginaria, qualche indicazione non certo rassicurante sul peso che l’incuria umana ha sulle sorti e sulla salute del Pianeta e dei suoi abitanti, a partire dalla loro stessa sopravvivenza.

Unimondo si è spesso occupato di questo flagello dei tempi moderni, denunciando più volte il degrado dei nostri litorali e di quelli del mondo, nonché la triste realtà di nuove isole che non rappresentano mete per esploratori e avventurieri, viaggiatori e turisti, ma minacciosi agglomerati di rifiuti che fluttuano nell’Oceano, emersi dai movimenti tellurici del nostro disinteresse. Continueremo ad alzare la voce per difendere per quanto possiamo il mondo in cui viviamo, ma abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti: al di là di un comportamento rispettoso dell’ambiente (fare la raccolta differenziata, portare a casa i rifiuti quando andiamo nei parchi o in mezzo alla natura, e piccoli semplici gesti di questo tipo) comprare meno e meglio è il primo passo, lo sappiamo, per costringere i grandi produttori ad ascoltarci di più e a comportarsi di conseguenza. Sono piccoli atti quotidiani di ribellione, sono piccole gocce nel mare, certo, ma in un mare che potrebbe almeno essere un po’ meno inquinato.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

Ultime notizie

Stretching Our Limits

06 Settembre 2025
Torna Stretching Our Limits, l’iniziativa di Fondazione Fontana a sostegno delle attività de L’Arche Kenya e del Saint Martin.

Il punto - Il balletto delle "alleanze fragili"

05 Settembre 2025
Nel balletto delle “alleanze fragili”, una partita fondamentale la sta giocando il genocidio a Gaza. (Raffaele Crocco)

Dossier/ Materie prime critiche (2)

03 Settembre 2025
L'estrazione dei minerali critici per la transizione energetica genera tensioni in tutto il mondo. (Rita Cantalino)

Una grammatica sociale

01 Settembre 2025
Questo mese nel podcast ALTRO MODO parliamo del progetto Strade Maestre, un esperimento formativo in cui il percorso scolastico si svolge in cammino. (Michele Simeone)

Lavori in corso per il nuovo sito!

31 Agosto 2025
Stiamo lavorando per voi (e per noi). Stiamo lavorando ad un nuovo sito...

Video

Serbia, arriva a Bruxelles la maratona di protesta di studenti per crollo alla stazione di Novi Sad