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Mosca nel mirino dell’islam radicale
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Fermo immagine: Youtube.com
La Federazione russa ha abbassato le bandiere a mezz’asta ieri per un giorno di lutto dopo che sono state uccise almeno 137 persone, tra cui tre bambini, e più di 150 ferite. Un attacco con armi automatiche durante un concerto rock fuori Mosca al teatro Crocus City Hall. Il Presidente Vladimir Putin ha dichiarato una giornata di lutto nazionale per domenica dopo essersi impegnato a rintracciare e punire tutti gli autori dell’attentato stragista.
di Giuliano Battiston*
Il sanguinoso attentato terroristico è un colpo clamoroso per lo Stato islamico, ma non è così inaspettato. Chi si sorprende che l’obiettivo sia la Russia ha perso di vista da tempo non solo la propaganda dello Stato islamico “centrale” e delle sue branche regionali, ma anche le loro attività militari, e deve aver dimenticato un pezzo importante di storia recente. Storia recente, propaganda e attività militari – così certificano tutti gli studiosi che hanno continuato a occuparsene, anche dopo la caduta del “Califfato” edificato in Siria e Iraq e la fisiologica disattenzione dei media – ci dicono che la Russia è un nemico centrale, prioritario. La Russia infedele, ortodossa, la Russia di Putin e delle sue sanguinose guerre in Cecenia, della repressione degli islamisti in Daghestan, in Inguscezia, dentro e fuori i confini della Federazione, la Russia alleata del siriano Bashar al-Assad e che bombarda le roccaforti jihadiste in Siria, o che, più di recente, contribuisce alla campagna contro lo Stato islamico in Mali e Burkina Faso: la Russia come minaccia all’Islam.
Putin, i cui apparati di sicurezza hanno fatto flop, prova ad approfittarne, omettendo di menzionare lo Stato islamico e provando ad attribuire responsabilità agli ucraini. Ma è un inganno. Si dovrebbe guardare altrove. Alla branca locale dello Stato islamico, la «provincia del Caucaso», o più probabilmente alla «provincia del Khorasan». Il nome rimanda, come in molta pubblicistica jihadista, ai gloriosi tempi andati, al Khorasan storico, un’ampia area che copriva gli attuali Iran, Afghanistan e parte dell’Asia centrale. Formata da militanti perlopiù pachistani ma anche centroasiatici e arabi nell’area di confine tra Afghanistan e Pakistan tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, la «provincia del Khorasan» ha subito la repressione contestuale del governo afghano, degli americani che lo sostenevano e dei Talebani, quando questi ultimi facevano ancora la guerra alla Repubblica collassata nel 2021 e avevano capito che quei jihadisti erano una minaccia al loro monopolio. Ma anche un’opportunità di avvicinamento ai nemici americani...