Morire nella foresta sotto i colpi di pistola

Stampa

Che il forestale sia un lavoro con un certo grado di rischio sì, lo si immagina. I boschi sono luoghi dove è richiesta attenzione, piede fermo, conoscenza del territorio e dei pericoli connessi, siano essi rappresentati da sentieri non in condizioni di sicurezza o da animali sorpresi e spaventati, che potrebbero attaccare per difesa. Muoversi quindi in ambiente montano non è sempre sicuro, ed è quello che fa un forestale quando al lavoro in ufficio alterna le missioni sul campo che, a seconda dei ruoli, prevedono rilievi, monitoraggi, sorveglianza del patrimonio naturale e - sempre e comunque - una buona dose di burocrazia e scartoffie.

Ci sono però situazioni e contesti dove lavorare come forestale uccide. E non per la fatica, per lo stress, per una sfortunata coincidenza di natura, per un passaggio impervio. Uccide per mafia, con la spietata mano dell’uomo.

E’ quello che sta succedendo in Romania e di cui poco si sa, perché se si parla di difesa dell’ambiente e di tutela del patrimonio forestale mondiale ci vengono in mente Greta Thunberg e i ragazzi e le ragazze dei #fridaysforfuture, ci vengono in mente gli incendi in Amazzonia, in Siberia e in Alaska, le popolazioni indigene sterminate per la deforestazione e il land grabbing, le tempeste che radono al suolo ettari di boschi… Ma dite, a chi di noi vengono in mente i forestali rumeni?

Eppure da un po’ di tempo i forestali della Romania sono diventati, loro malgrado, protagonisti di una battaglia che stanno combattendo anche, purtroppo, a costo della vita. L’ultimo è stato Liviu Pop, ranger ucciso a colpi d’arma da fuoco mentre stava rispondendo a una segnalazione di disboscamento illegale nella regione montuosa di Maramures (nord della Romania). Così come nella vicina Poloniain Romania si trovano alcune tra le ultime foreste vergini in Europa (più della metà!), ecosistemi delicatissimi e fragili che sono habitat di lupi, orsi, linci e gatti selvatici. Scrigni di biodiversità minacciati dall’uomo, che guidato dallo scopo supremo di trarre profitto da qualunque attività, disbosca senza scupolo anche qui, per rivendere in Europa legname destinato a carta, truciolato per mobili e costruzioni. E lo fa con un ritmo sconcertante, che Greenpeace quantifica in circa 3 ettari della copertura totale ogni ora. Ecco perché proteggere le foreste, anche qui come altrove, è diventato un problema di sicurezza, perché significa ostacolare logiche commerciali che chiamano in causa interessi economici (e connivenze) globali.

Liviu, trovato in una gola trivellato di colpi, non è il primo forestale a subire questo destino; poche settimane prima la stessa sorte è toccata al collega Raducu Gorcioaia, morto sotto colpi d’ascia infertigli nella sua auto. Un clima preoccupante, con un’escalation di tensioni e minacce rivolte anche, come prevedibile, agli attivisti come il biologo Gabriel Păun, dell’organizzazione Agent Green, sopravvissuto per miracolo a una violenta aggressione di cui ha poi testimoniato alla BBC. Sotto shock, Păun teme per la propria vita e per quella dei suoi colleghi. Sono 16 gli attacchi registrati nel 2019 dalla Romsilva, società che gestisce il 48% delle foreste: i taglialegna si scagliano contro i ranger e nei casi migliori li costringono a scappare. Nei casi peggiori li uccidono, e Liviu Pop è il sesto di una lista troppo lunga e dolorosa, che non ha a che vedere solo con chi muore svolgendo sul luogo di lavoro, ma con chi si spende per la tutela e la custodia di un ambiente sempre più minacciatoSegno inequivocabile, questo, che la questione della salvaguardia del Pianeta, in tutte le sue molteplici e complesse sfaccettature, sta assumento un’importanza per nulla trascurabile se le mafie scendono in campo in modo aperto e spudorato. 

Purtroppo è una situazione che trova triste conferma nel rapporto di Global Witness che rileva come nel 2018 siano stati ben 164 gli attivisti uccisi in tutto il mondo, numero probabilmente sottostimato che fa il paio con il numero imprecisato di ecologisti messi a tacere con arresti, cause legali e minacce. E tutto per un’unica colpa: proteggere gli ecosistemi e le popolazioni che da sempre li abitano, preservandone le risorse e le culture a rischio di essere rase al suolo da attività di sfruttamento intensivo, siano agricole, minerarie o industriali. Davvero possiamo permettere che tutto ciò accada? Davvero è questo il mondo che vogliamo, mentre scivola sul piano inclinato della disattenzione mondiale verso la propria estinzione?

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

Ultime notizie

I sommersi!

08 Settembre 2025
Entro il 2100 il livello marino sulle coste italiane potrebbe aumentare di circa un metro. (Alessandro Graziadei)

Stretching Our Limits

06 Settembre 2025
Torna Stretching Our Limits, l’iniziativa di Fondazione Fontana a sostegno delle attività de L’Arche Kenya e del Saint Martin.

Il punto - Il balletto delle "alleanze fragili"

05 Settembre 2025
Nel balletto delle “alleanze fragili”, una partita fondamentale la sta giocando il genocidio a Gaza. (Raffaele Crocco)

Dossier/ Materie prime critiche (2)

03 Settembre 2025
L'estrazione dei minerali critici per la transizione energetica genera tensioni in tutto il mondo. (Rita Cantalino)

Una grammatica sociale

01 Settembre 2025
Questo mese nel podcast ALTRO MODO parliamo del progetto Strade Maestre, un esperimento formativo in cui il percorso scolastico si svolge in cammino. (Michele Simeone)

Video

Serbia, arriva a Bruxelles la maratona di protesta di studenti per crollo alla stazione di Novi Sad