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Libera: settimana di mobilitazione contro la vendita dei beni confiscati alle mafie
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Prende il via oggi la settimana di mobilitazione di Libera in cento piazze italiane con lo slogan "Niente regali alle mafie: i beni confiscati sono cosa nostra!", l'appello online lanciato da don Ciotti per chiedere al Governo di ritirare l'emendamento sulla vendita dei beni confiscati. "La vendita dei beni significherà una cosa soltanto: che lo Stato si arrende di fronte alle difficoltà del loro pieno ed effettivo riutilizzo sociale, come prevede la legge. Non vendiamo quei beni confiscati che rappresentano il segno del riscatto di un'Italia civile, onesta e coraggiosa" - sottolinea don Ciotti.
A partire da oggi, sabato 28 novembre Libera, Legambiente, Arci, Usip, Uds sono impegnate in oltre cento piazze d'Italia con iniziative, blitz, concerti, raccolte di firme contro la vendita dei beni confiscati. La norma - approvato a maggioranza al Senato nell’ambito del maxi-emendamento presentato dal Governo alla legge Finanziaria - prevede la vendita dei beni confiscati che non si riescono a destinare entro sei mesi. "E' facile immaginare, grazie alle note capacità delle organizzazioni mafiose di mascherare la loro presenza, chi si farà avanti per comprare ville, case e terreni appartenuti ai boss e che rappresentavano altrettanti simboli del loro potere, costruito con la violenza, il sangue, i soprusi, fino all'intervento dello Stato" - segnala l'appello di don Ciotti.
Nei giorni scorsi Libera ha effettuato a Roma una "asta simbolica" dei beni confiscati alle mafie e 370 familiari delle vittime delle mafie reso pubblica una lettera con la quale chiedono di bloccare l'emendamento "Tutti noi familiari sentiamo sempre forte e presente il dolore per la morte violenta per mano mafiosa dei nostri cari. E' un sentimento impresso a fuoco nella nostra anima e nel nostro cuore, ma abbiamo sempre cercato di trasformare questo enorme dolore in impegno sociale, culturale, umano per il nostro Paese" - scrivono i familiari.
Nella lettera i familiari delle vittime ricordano che "nel 1996 con Libera e con la firma di oltre un milione di cittadini perbene abbiamo sostenuto l'approvazione della legge 109 che prevede la confisca del patrimonio dei mafiosi e la destinazione ad uso sociale dei beni confiscati". "Da allora la confisca e l'utilizzo a fini sociali del patrimonio dei mafiosi ha assunto nel nostro Paese un valore simbolico irrinunciabile per la lotta alle mafie. Trasformare in scuole, caserme, istituti di assistenza, luoghi di pubblica utilità tutti quegli edifici sottratti alla criminalità restituisce dignità allo Stato che si dichiara convinto di volere sconfiggere le mafie".
"Quella legge - continua la lettera dei familiari delle vittime - ha reso possibile l'assegnazione dei terreni confiscati ai Riina, ai Provenzano, ai Rogoli, agli Schiavone ed ai Piromalli a cooperative di lavoro, lontane dalle infiltrazioni mafiose, che tra mille difficoltà e continue intimidazioni li hanno trasformati in fattori di produzione di "legalità". Tutto questo ci ha fatto sentire nuovamente il "sapore della legalità" ed abbiamo accolto con soddisfazione che anche il Parlamento Europeo ha cominciato a discutere di confisca dei beni ai mafiosi, perché sappiamo che le mafie continuano ad investire e riciclare i loro soldi sporchi anche all'estero e che la lotta contro la criminalità organizzata e le mafie non può avere confini".
"Come è possibile oggi pensare di rinunciare a tanto? Modificare la legge 109/96 ed introdurre la possibilità che i beni confiscati non assegnati possano essere venduti significa, in pratica, riconsegnarli alle mafie" - sottolineano i familiari delle vittime di mafia che chiedono imvece "interventi di modifica della legge 109/96 indirizzati verso l'individuazione di strumenti e procedure che semplificano e velocizzino la procedura per rendere effettive le destinazioni a fini sociali dei beni confiscati".
"Da anni chiediamo, inascoltati, che venga istituita una Agenzia nazionale che si occupi di tutte le fasi, sequestro, confisca, assegnazione e destinazione dei beni e delle aziende confiscate ai mafiosi" - sottolineano i familiari nel chiedere ai parlamentaru di "votare contro il provvedimento approvato dal Senato" e di "adoperarvi ad ogni livello per evitare che tale provvedimento possa diventare esecutivo". "Siamo convinti - concludono - che le risorse economiche necessarie al nostro Paese possano e debbano essere trovate non già vendendo i beni confiscati alle mafie, ma approntando idonei strumenti per l'effettivo contrasto alla corruzione, all'evasione ed all'elusione fiscale".
Anche una quarantina di magistrati hanno firmato l'appello di Libera contro la norma approvata dal Senato ed ora all'esame della Camera. Si tratta in buina parte di magistrati che si occupano direttamente delle misure di prevenzione e specializzati nei procedimenti di sequestro e confisca antimafia previsti dalla legge Rognoni La Torre. Anche molte amministrazioni locali e regionali su iniziativa di Avviso Pubblico, che raccoglie oltre 180 enti locali impegnati in attività contro le mafie, si sono mobilitati con appelli e approvando un'ordine del giorno per chiedere la soppressione dell'emendamento.
Al 30 giugno scorso, sono 8933 i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata dal 1982, quando entrò in vigore la legge Rognoni-La Torre . Di questi 5407 sono stati destinati allo Stato o ai Comuni per finalità istituzionali e/o sociali, 313 sono usciti dalla gestione del Demanio per vari motivi (tra cui revoca della confisca, esecuzione immobiliare, espropriazione), mentre 3213 sono ancora quelli da destinare (qui tutti i dati del Governo). Questi 3213 beni immobili per i quali deve ancora intervenire il decreto di destinazione potranno essere venduti se la riforma alla legge 109/96 passerà anche alla Camera. [GB].