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Italia: appello per fermare la norma sulla vendita dei beni confiscati ai mafiosi
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"I beni confiscati alle mafie non vanno venduti, ma vanno restrituiti alla collettività". E' il nocciolo dell' appello di 'Avviso Pubblico' ai partiti politici in vista della prossima votazione alla Camera della norma che prevede la possibilità di vendere i beni confiscati, anche agli stessi mafiosi. L'associazione manifesta "viva preoccupazione" per l'approvazione venerdì scorso al Senato della norma che prevede la possibilità di vendere i beni. "Riteniamo che questo provvedimento, se approvato alla Camera dei deputati e trasformato in legge dello Stato italiano, indebolirà sensibilmente l’azione di contrasto alle mafie, sia sul versante repressivo che preventivo" - sottolinea l'associazione degli Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie.
La norma approvata a maggioranza al Senato nell’ambito del maxi-emendamento presentato dal governo alla Legge Finanziaria, stabilisce che se trascorsi i 90 giorni che devono intercorrere tra la data della confisca e quella dell’assegnazione - previsti dalla legge 575/65 - i beni non sono stati assegnati, essi possono essere venduti. Nella lettera ai segretari nazionali dei partiti, il presidente di Avviso Pubblico, Andrea Campinoti ricorda che nel 1996, dopo la raccolta di un milione di firme da parte dell’associazione Libera, fu approvata la legge 109/96 che prevede l’uso per finalità di carattere sociale dei beni confiscati alle mafie: si tratta della prima legge di iniziativa popolare contro le mafie, votata dal Parlamento all’unanimità.
Il presidente di 'Avviso Pubblico' evidenzia che attraverso la vendida dei beni confiscati, "vi è concreta e reale la possibilità che, mediante prestanome, gli stessi mafiosi ne rientrino in possesso. I beni confiscati vanno gestiti meglio creando un’apposita Agenzia nazionale che si occupi in modo specifico delle fasi di sequestro, confisca, assegnazione e destinazione dei beni e delle aziende confiscate ai mafiosi". "Una lotta alle mafie seria e credibile - conclude la lettera di 'Avviso Pubblico' - ha bisogno di più mezzi, uomini e risorse. E noi siamo convinti che le risorse si possono trovare non vendendo i beni confiscati, ma razionalizzando alcune spese e portando avanti un serio contrasto alla corruzione, all’evasione e all’elusione fiscale". Il presidente di Avviso Pubblico invita gli Enti locali a discutere ed approvare un ordine del giorno per ribadire la contrarietà alla norma approvata dal Senato.
Duro anche il commento di don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera, che in una nota alla stampa sottolinea come con l'emendamento votato al Senato che consente la vendita dei beni immobili confiscati alle mafie, "viene di fatto tradito l'impegno assunto con il milione di cittadini che nel 1996 firmarono la proposta per la legge sull'uso sociale dei beni confiscati alla mafia e la loro restituzione alla collettività". "Il divieto di vendere questi beni è un principio che non può e non deve, salvo eccezioni, essere messo in discussione" - afferma don Ciotti. "Se l'obiettivo è quello di recuperare risorse finanziarie strumenti già ce ne sono, a partire dal "Fondo unico giustizia" alimentato con i soldi "liquidi" sottratti alle attività criminali, di cui una parte deve essere destinata prioritariamente ai famigliari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia".
"Ma - conclude son Ciotti - è un tragico errore vendere i beni correndo di fatto il rischio di restituirli alle organizzazioni criminali, capaci di mettere in campo ingegnosi sistemi di intermediari e prestanome e già pronte per riacquistarli, come ci risulta da molteplici segnali arrivati dai territori più esposti all'influenza dei clan". Il fondatore e presidente di Libera fa quindi un appello a tutte le forze politiche perché questo emendamento che rischia di tradursi in un ulteriore "regalo" alle mafie, venga abolito nel passaggio alla Camera.
Intanto per garantire la rapida restituzione dei beni confiscati alla collettività, il Governo ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Commissario straordinario per la gestione e la destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali. Si tratta di un'Autorità centrale di coordinamento operativo delle diverse competenze, amministrative e giudiziarie, voluta al fine di dare continuità all'azione pubblica sui beni confiscati, rafforzando i meccanismi applicativi delle leggi vigenti.
Al 30 giugno scorso, sono 8933 i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata dal 1982, quando entrò in vigore la legge Rognoni-La Torre. Di questi 5407 sono stati destinati allo Stato o ai Comuni per finalità istituzionali e/o sociali, 313 sono usciti dalla gestione del Demanio per vari motivi (tra cui revoca della confisca, esecuzione immobiliare, espropriazione), mentre 3213 sono ancora quelli da destinare. Questi 3213 beni immobili per i quali deve ancora intervenire il decreto di destinazione potranno essere venduti se la riforma alla legge 109/96 passerà anche alla Camera. [GB]