La tecnologia (non) ci salverà

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Foto: Unsplash.com

Come molti fautori di una crescita e uno sviluppo senza limiti, il ministro Cingolani attribuisce alla tecnologia il potere magico di controbilanciare ogni aumento di produzione e consumi, con l’impatto su clima e ambiente che essi portano con sè. Sappiamo che questo non è possibile, probabilmente lo sa anche lui, ma questo non gli impedisce di mettersi in cattedra con l’arroganza e il paternalismo tipici di certi docenti la cui autorevolezza è assai dubbia ma sono sempre pronti a fingere di essere disponibili a confronti “non ideologici”, a invocare la scienza e la verità dei numeri e a tacciare di “oltranzismo” chiunque esprima critiche radicali, cioè all’altezza del disastro che proprio la religione della crescita e dello sviluppo hanno prodotto. Dal momento che il ministro ci chiama in causa, non ci tiriamo indietro. Le nostre aspirazioni, in quanto attivist* di movimento, saranno pure ideologiche. E non ci fa paura neppure l’accusa “oltranzismo”, se si riferisce alla drammatica e immediata necessità di cambiare il sistema economico attuale. La transizione ecologica deve iniziare subito perché tempo e vite da perdere non ne abbiamo proprio più.

Fridays For Future, per più di tre anni, ha portato nelle piazze d’Italia e del mondo migliaia di persone che chiedevano di “dare voce alla scienza” nell’affrontare il problema climatico.

L’appello lanciato da Greta Thunberg si riferiva alla voce di climatologi e scienziati ambientali, in tempi di negazionismo climatico ancora dilagante, e costringeva la classe dirigente a prendere atto, sulla base delle evidenze scientifiche, della catastrofe ecologica in corso.

Da allora, grazie alla mobilitazione di centinaia di migliaia di persone, il dibattito pubblico si è aggiornato: la necessità impellente di frenare il global warming sta diventando senso comune, e i movimenti ecologisti hanno assunto il principio che le responsabilità della crisi ecologica non ricadono allo stesso modo su tutti.

Oggi, quindi, la discussione in corso non riguarda più tanto il se fare qualcosa, ma il come farlo e in questo scenario lo slogan “Diamo voce alla Scienza” può assumere significati potenzialmente problematici, a seconda delle intenzioni di chi lo pronuncia.

Infatti, anche la ricerca scientifica è parte integrante del sistema economico, non sempre è libera e indipendente, e non necessariamente valuta il proprio operato in termini di giustizia sociale e bene collettivo.

Dunque, a quale Scienza dare voce per mitigare la crisi ecologica? Sono in molti i promotori delle risposte ingegneristiche, alla disperata ricerca di quella tecnologia che da sola possa salvarci.

Sicuramente la decarbonizzazione delle economie mondiali non può che passare dalle energie rinnovabili, ma non dobbiamo dimenticare che queste infrastrutture dipendono dall’estrazione mineraria di elementi disponibili in quantità estremamente limitata, e hanno un prezzo molto alto in termini di devastazione territoriale, sfruttamento idrico e di ulteriore perdita di habitat e biodiversità.

Punti, questi ultimi, che non ricevono sufficiente attenzione da parte del mondo della politica, pur essendo altrettanto importanti e urgenti rispetto all’abbattimento delle emissioni...

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