La finanza? Da civile ad incivile. Va potata

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Prima di Romano Prodi che ha dichiarato ad Unimondo: “Vorrei che la Germania si ricordasse, oggi, della solidarietà degli altri paesi quand'era divisa” anche l'amico prof. Luigino Bruni è intervenuto all'incontro “Insieme per l'Europa” di Bruxelles, presso il Parlamento Europeo. Abbiamo raccolto parte del suo intervento (non rivisto dall'autore):

L'Europa sta attraversando una grave crisi. La più profonda dal dopoguerra. Causata soprattutto dalla dittatura della finanza speculativa. Ma non dobbiamo dimenticarci che il mercato è nato qui. Valori come uguaglianza e fraternità trasformarono i legami verticali servo-padrone in legami orizzontali.

Senza il mercato la democrazia non sarebbe stata possibile. Oggi quell'economia di mercato è entrata in profonda crisi. Una crisi dettata da tanti fattori ma principalmente si tratta di un peso eccessivo della finanza speculativa rispetto al lavoro; sempre più lontana dal lavoro. Da civile la finanza è diventata incivile perché fa profitti per troppo pochi.

Il baricentro non è più oggi tra imprenditori e lavoratori ma, oggi, troviamo da un lato imprenditori/lavoratori e dall’altro lato il mondo delle rendite. La ricchezza non passa più nella fabbrica ma sta al di fuori di essa.

La finanza è una buona pianta ma che, ultimamente, prosciuga troppo dal sottosuolo togliendo acqua alle altre piante del giardino. Va quindi potata. Ma per potarla serve la politica e la democrazia, ed a tal proposito, possiamo constatare quanto è lenta.

Oltre ad una finanza speculativa v'è anche un iper-indebitamento da parte dei più poveri per permettersi uno stile di vita al di sopra delle proprie possibilità. Il tasso di crescita degli ultimi 20 anni è stato maggiore di ogni epoca. Nonostante questo tutti auspicano la “crescita”. Bene. Ma Crescita di che cosa? Non certo e non solo del PIL. Negli ultimi decenni il PIL è cresciuto troppo e male a causa di questa “ipertrofia del consumismo”.

Occorre riformare il PIL ma affiancare a questo anche altri indicatori. Di stock e non di flussi come il PIL. Il Pil nacque in Francia. Un paese non è ricco perché ha miniere, fiumi, foreste ma perché riesce a mettere in circolazione i capitali che ne derivano. Allora, per l'epoca, fu una scoperta sensazionale.

L’oggi deve porre attenzione al tema ambientale, al capitale relazionale che sono degli stock e non dei flussi. Salvaguardare questi stock significa porre un limite sia alla distruzione territoriale che all'impoverimento dei rapporti di vicinato e prossimità.

Trattasi di un'operazione non facile in quanto prima bisogna saperli vedere (questi stock) e poi saperli misurare. Sono patrimoni che abbiamo ricevuto e che dobbiamo custodire per non essere definiti come la prima “generazione ingrata”.

Da San Benedetto a San Francesco in tutte le chiese i carismi sono stati e sono la risposta.

Gratuità – reciprocità – ricerca diretta ed intenzionale del bene comune. C'è bisogno di un'azione nuova e corale che proverò a descrivere in 6 punti:

1) occorre lanciare una nuova stagione culturale. Raccontare una storia diversa su come e perché si risparmia e si consuma;

2) dobbiamo abitare i luoghi dell'economia e della finanza. Occuparcene. Affinché prevalga il bene comune e non la “somma zero” tipica dell'azzardo;

3) la povertà sta diventando una “questione sociale”. In Grecia, Portogallo, Spagna, Italia il ceto medio è sempre più impoverito per risanare i bilanci pubblici;

4) l'Europa ha bisogno di una nuova stagione come nel '51 quando nacque la CECA. Sino ad allora ci contendevamo carbone e acciaio per fare i cannoni ed oggi dobbiamo mettere in comune la finanza.

5) minoranze profetiche. Lievito e sale della loro terra e del loro tempo. Oggi c'è bisogno di minoranze profetiche. Senza la gratuità il pane è azzimo.

6) EdC con la sua proposta, ancora agli inizi, delle tre parti dell'utile d’impresa da ripartire tra poveri – cultura – impresa. Solo l'avaro tiene tutto il profitto per se. L'impresa che paga le tasse e rispetta le leggi non è più sufficiente. Deve creare lavoro e non solo speculare, purché lecito. L’impresa ha una destinazione sociale. Non può andare il tutto nelle mani dei manager ed azionisti. A tal proposito: “Qual'è la logica economica che un manager debba avere mille volte più di un lavoratore”? Il lavoro ha da sempre incluso gli esclusi. Ieri i servi ed i contadini ne sono usciti migliori ed oggi dovrebbe essere i giovani.

Se prendiamo sul serio il partire dagli ultimi e dai giovani si possono già fare proposte concrete. Vediqmole assieme:

- moratoria sulla pubblicità per i bambini. Questa è cresciuta di cento volte negli ultimi 20 anni. Ed i bambini sono troppo preziosi per lasciarli da soli.

- scommesse e gioco d'azzardo. Sfida la radice dell'occidente greco cristiano. La fortuna batte l'impegno.

- rafforzare economia civile in tutta Europa. Non solo l'impresa capitalistica for profit deve essere incentivata ma necessitiamo di più imprese cooperative – sociali – civili. I nuovi lavori nasceranno soprattutto dalla cura, dall'arte, dalla buona economia.

V'è quindi la necessità di dare vita a luoghi nuovi di lavoro e produzione. I carismi non sono non-luoghi ma luoghi concreti. La vera sfida è creare nuove opportunità. Ci si augura che i tanti luoghi del “già” crescano, facciano rete, si consolidino per il “non ancora”.

Luigino Bruni(non rivisto dall'autore)

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