L’industria aerospaziale inquina l’atmosfera

Stampa

Foto: Unsplash.com

Mentre si esplorano le infinite profondità dell’Universo in cui fluttuiamo come un minuscolo granello di sabbia (pieno di sé, ma pur sempre un granello di sabbia), mentre si lanciano nuove sonde, navicelle, satelliti e altre ingegneristiche macchine sofisticate pronte a scandagliare lo spazio extraterrestre, la stratosfera del nostro Pianeta si riempie di materia non proprio confortante. Di cosa esattamente? Di residui dell’industria aerospaziale, individuati attraverso un mezzo di ricerca da un gruppo di esperti che mettono in guardia per il futuro: il problema potrebbe peggiorare drasticamente generando una pioggia metallurgica le cui conseguenze non sono ancora chiare. 

Che il cielo fosse pieno di spazzatura, in particolare microplastiche, purtroppo, lo sapevamo. Ma una nuova indagine aggiunge elementi preoccupanti a questo scenario: un livello di contaminazione inaspettato che con ogni probabilità è destinato ad aumentare drasticamente nelle prossime decadi e che potrebbe modificare in maniera irreversibile le caratteristiche della nostra atmosfera.

Lo studio che ne delinea gli estremi è stato pubblicato sulla rivista scientifica PNAS come parte di una missione che monitora i livelli di aerosol (minuscole particelle sospese nell’aria) in atmosfera. Con l’aiuto di un aereo da ricerca attrezzato con una sorta di “naso” che individua, cattura e analizza campioni di aerosol nella stratosfera terrestre (il secondo strato dell’atmosfera, tra i 12 e i 50 km dalla superficie della terra), lo studio intendeva verificare la presenza di sostanze liberate dall’esplosione di rocce provenienti dallo spazio che esplodono al contatto con l’atmosfera. E invece cos’hanno trovato i ricercatori? Che quelle molecole fluttuanti sono contaminate da alti livelli di elementi metallici, nessuno dei quali spiegabile con le meteore o altri processi naturali. 

Due sono stati gli elementi più sorprendenti: il niobio e l’afnio, rare tipologie di metalli entrambe utilizzate nella produzione di componenti tecnologiche come le batterie. Ma ci sono anche alluminio, rame e litio in quantità decisamente elevate, che di certo gli scienziati non si aspettavano di trovare nella stratosfera. Daniel Murphy, chimico atmosferico del laboratorio di Scienze Chimiche NOAA (Colorado) e primo autore dello studio, ha dichiarato che “la combinazione di alluminio e rame con il nobio e l’afnio è utilizzata in leghe fortemente resistenti al calore e che garantiscono performance molto elevate nel campo dell’industria aerospaziale”. In totale sono stati identificati 20 diversi elementi che non sono naturalmente presenti nell’atmosfera terrestre, inclusi argento, ferro, magnesio, titanio, berillio, cromo, nickel e zinco. 

E questo porta inevitabilmente a puntare il dito alle conseguenze delle attività umane nel settore, in particolare dei propulsori dei razzi che vengono espulsi poco dopo il lancio, ricadendo verso la terra. Un problema che riguarda soprattutto Cina, Russia e Stati Uniti, le grandi potenze che si contendono l’esplorazione dei cieli oltre la terra.

Di fatto però è una questione che riguarda tutti noi che stiamo sotto questo cielo: nell’inquinamento atmosferico ci sono elementi derivanti dall’abbandono di satelliti nello spazio, dal loro finire fuori orbita a causa delle tempeste solari o da un programmato schianto di ritorno sulla terra, tutti casi in cui vengono rilasciate enormi quantità di metalli inquinanti, destinati ad aumentare vertiginosamente con l’immissione crescente di satelliti commerciali (a fine 2023 intorno alla terra ne orbitavano circa 9000, tutti destinati a schiantarsi qui, alla fine delle loro vite/missioni).

Purtroppo è troppo presto per poter predire gli effetti a lungo termine che avranno sul nostro Pianeta, ma se pensiamo a esperienze passate (p.es. i clorofluorocarburi che hanno contribuito ai buchi nell’ozono) il futuro non è scevro da interrogativi e preoccupazioni, compresa quella che questi metalli riflettono la luce solare nello spazio, mitigando gli effetti del cambiamento climatico. Capire le implicazioni di questa fotografia spaziale è una delle tante sfide che si aggiungono alla nostra effimera permanenza sulla Terra.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

Ultime notizie

Il blocco del porto di Trieste

16 Settembre 2025
Il blocco del porto di Trieste contro le armi per Israele e per l’applicazione del Trattato di pace. La mobilitazione di USB. (Laura Tussi)

L’E-Mobility in stallo?

15 Settembre 2025
La mobilità elettrica potrebbe scaricarsi: colpa di costi, filiere e infrastrutture. (Alessandro Graziadei)

Dossier/ Materie prime critiche (3)

14 Settembre 2025
La transizione energetica richiede un aumento vertiginoso della disponibilità di minerali critici come litio e rame. (Rita Cantalino)

La scheggia impazzita di Israele

12 Settembre 2025
Tel Aviv colpisce, implacabile, quando e come gli pare, nella certezza dell’impunità interna e internazionale. (Raffaele Crocco)

Eternit e panini kebab

10 Settembre 2025
Un pellegrinaggio sui campi da rugby italiani, con lo scopo di condividere e raccontare le capacità riabilitative, propedeutiche e inclusive della palla ovale. (Matthias Canapini)

Video

Serbia, arriva a Bruxelles la maratona di protesta di studenti per crollo alla stazione di Novi Sad