L’ONU compie 78 anni: esaudiamo il suo desiderio?

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Foto di Humphrey Muleba su Unsplash

78 anni… e sentirli tutti! L’Organizzazione delle Nazioni Unite soffia le candeline ed è circondata da Stati membri sorridenti e che si scambiano auguri e buoni propositi ma, inconcludente, continua a esprimere un desiderio, quello della pace, che da 78 anni continua a non avverarsi. Le future generazioni non sono state salvate dal flagello della guerra, come si erano ripromessi gli Stati che nel 1945 avevano sconfitto l’alleanza nazi-fascista della seconda guerra mondiale e avevano deciso di creare una nuova governance mondiale volta “a riaffermare la fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grande e piccole, a creare le condizioni in cui la giustizia e il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e dalle altri fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti, a promuovere il progresso sociale e un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà” (dal preambolo dello Statuto dell’ONU). 

Solo recentemente, la comunità internazionale ha condiviso la preoccupazione per la minaccia atomica di Mosca nel conflitto combattuto in Ucraina dal febbraio dello scorso anno e la possibile escalation nell’instabile scenario internazionale del conflitto israelo-palestinese dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre. Questo senza passare in rassegna le molte violazioni dei diritti umani, delle minoranze, della democrazia in corso in tanti luoghi del mondo, di quelle stesse Nazioni che si sono Unite nell’Organizzazione. Dall’Iran all’Afghanistan, dall’Armenia alla Somalia, dalla Siria alla Libia. E oltre.

Che senso ha dunque celebrare oggi la Giornata delle Nazioni UniteIl Segretario Generale dell’ONU, António Guterres, lancia uno stringato videomessaggio in cui riconosce che “siamo un mondo diviso. Possiamo e dobbiamo essere nazioni unite”. Se, infatti, “le Nazioni Unite sono un riflesso del mondo così com’è – e un’aspirazione al mondo che sappiamo possa essere” occorre impegnarsi per continuare a costruire un mondo migliore. “Secondo le nostre aspirazioni”, sicuramente quelle dello Statuto sottoscritto direbbe Guterres, ma soprattutto secondo regole di civiltà che precludono la sua stessa autodistruzione.

Dobbiamo quindi essere davvero “Nazioni Unite” e impegnarci in tal senso, coordinando parole e azioni. Ma questo non accade tanto spesso.

“Equality, Freedom and Justice for All” è il tema centrale della celebrazione 2023 per la Giornata delle Nazioni Unite indetta negli Stati Uniti. Quindi “Uguaglianza, Libertà e Giustizia per Tutti”. Tuttavia gli stessi Stati Uniti continuano a bloccare con il proprio veto la decisione del Consiglio di Sicurezza di una risoluzione per imporre una pausa umanitaria per consentire un accesso pieno, sicuro e senza ostacoli alle Agenzie delle Nazioni Unite e ai loro partner a sostegno dei civili nella striscia di Gaza. Se adottata, la risoluzione avrebbe condannato ogni violenza e ostilità contro i civili e ogni atto di terrorismo, e avrebbe respinto e condannato inequivocabilmente gli attacchi terroristici di Hamas avvenuti in Israele a partire dal 7 ottobre. Nel rispetto dei principi del diritto umanitario internazionale, avrebbe inoltre chiesto il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi e la protezione del personale medico e umanitario, nonché degli ospedali e delle strutture mediche. Dove sta in questo veto la Giustizia per tutti, anche solo quella di vedere rispettato l’obbligo di adottare ogni misura possibile per proteggere la popolazione e i beni civili coinvolti in un conflitto?

In Italia da alcuni anni la ricorrenza non incontra grandi cerimonie. Anche questa è probabilmente la Libertà a cui si ispira l’azione del governo Meloni, la stessa che induce peraltro a sostenere con forza la lotta per la libertà degli ucraini ma che incontra un limite nei soggetti ai quali tale libertà è negata. Ai detenuti e ai richiedenti asilo in primis. Recentemente è giunta la condanna all’Italia da parte della Corte Europea dei diritti umani per le condizioni di vita e la detenzione nell’hotspot di Lampedusa tra il 2017 e il 2019 di tre migranti della Tunisia “privati arbitrariamente della loro libertà”. Di trattamento disumano e degradante parlano ancora altre sentenze che periodicamente colpiscono, e multano, l’Italia per il trattamento dei detenuti in carcere. Dove sta in queste condotte governative, non solo del governo attualmente in carica, il rispetto dei valori dello Statuto ONU?

Un’ipocrita cecità governa troppe Nazioni. 

Uniti, cerchiamo di condurle tutte a dare una veste migliore a questo mondo.

Se lo merita a 78 anni dal primo desiderio espresso soffiando le candeline…

Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.

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