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Il vortice di un candidato. Se la politica va oltre
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In qualità di candidato alla Camera dei deputati ho passato, assieme ad alcuni “compagni di strada” un mese tra la gente. Anzi, tra le genti; diverse tra loro. Non avevo possibilità alcuna di sfondare ma mi son comunque sentito in squadra con l’infaticabile capolista e gli altri. La cosa interessante è, peraltro, aver incrociato più volte i candidati di altre liste nei diversi confronti pubblici ed aver persino tessuto una qualche relazione. Non c’è stata in vita mia un periodo così intenso d’incontri; purtroppo la fretta l’ha fatta sempre da padrona. Rimaneva solo il dispiacere non aver mai incontrato realmente le persone.
Tradimento. La mia campagna elettorale è partita all’insegna di questa parola, in quanto ho abbandonato un gruppo per unirmi ad uno nuovo. Non ero l’unico. L’amico Alberto viene anche lui da altrove e ci confrontiamo nel “comun tradire” che non è altro, secondo Ada Cortese, “l’eterno dramma del processo evolutivo”.
Persone. Alcune si sono avvicinate con la più ampia disponibilità. Roberto, per esempio, ha messo a disposizione tempo, tasca e testa. Molta passione e nulla in cambio. Gianni è stato il mio “mandatario elettorale”: amministrazione e garanzia di trasparenza. Daniele l’attacchino ed imbussolatore. Fabio organizzava gli aperitivi mentre Christian gli incontri. Donatella riempiva gli spazi vuoti. Enzo e Nadia seguivano i social network. Ed altri, tanti altri che non ricordo. Alcuni di questi nemmeno li conoscevo il giorno prima di decidere.
Gente. Ad onor del vero nel volantinare ho trovato più gente curiosa, motivata che gente disillusa e stanca. Sarà stata anche una percezione mia distorta non confortata da alcuni miei amici ma dopo l’ultimo ventennio mi sarei aspettato maggior distacco. Il merito va al volto del capolista che ha governato bene il territorio. Cosa, forse, non comune. Un paio si sono avvicinati per chiedere una mano per il fratello o il figlio che ha perso il lavoro. Ed ho immaginato quanti ci “mettono la faccia” tutti i santi giorni.
Programma. Il programma era “in progress” in quanto veniva arricchito dall’ascolto nei territori. Interessante. Il documento sull’ “autonomia delle terre alte” è andato ad arricchire l’agenda nazionale. Non c’è nulla da stupirsi se a Roma non ne sanno nulla. Ho iniziato la mia campagna con un partecipato incontro sulla “cooperazione internazionale” fatto più di ascolto che di esposizione. Ne è uscito un documento.
Partito. Senza non si va da nessuna parte. Prepara il programma, convoca i candidati, li seleziona, li ascolta, li stimola a “concentrarsi sul programma” e non sulle beghe, pianifica la campagna in ogni dettaglio, segue scrupolosamente tutte le direttive del ministero dell’Interno. Presiede il territorio. Organizza gli incontri; tutti sobri e perfetti: microfoni, video, slides, riscaldamento, totem, rinfresco, materiale per la propaganda.
Coalizione. Una cosa è muoversi in un ambito ben definito ed un'altra “stare in coalizione”. Avrei voluto più incontri coalizionali ma la competizione intra è un dato di fatto. Mi sembra, comunque, che vi sia sempre stato rispetto tra le parti che, dopo, si troveranno a coabitare assieme.
Leader. Anche coloro che ne avevano omesso il nome l’hanno reinserito nel simbolo. Eccetto Bersani. La gente ha bisogno di identificarsi con un volto. Se noi “ci mettiamo la faccia”, lui ci mette il volto. Ad onor del vero il mio leader nazionale non aveva un gran carisma e non si poteva certo definirlo un “trascinatore di folle” ma dopo decenni di pifferai magici va bene così. Molto bene così. Mentre il capolista territoriale lo compensa.
Territorio. Il territorio è fatto di baite, caneve, cantine, teatri, sale consiliari, gazebo, birrerie. Caldo dentro e freddo fuori. Se non abbiamo preso l’influenza questa volta. La neve ha accompagnato quasi tutto il mese e solo i più stoici resistevano sia al freddo che ai passanti che non sempre gradivano.
Io. Ad onor del vero ho sofferto la contrapposizione a prescindere. Insomma, coloro che non volevano sentir “ragione alcuna”e dividevano tutto: noi di qua e voi di là. Altri avevano come metro di misura l’interesse e ti pongono la domanda: “cosa ci guadagni a metterti in un’avventura del genere?”. Mi pensavo più forte ma, invece, qualche fitta l’ho sentita. Non mi son piaciuto ogni volta che dovevo ripetere il disco mentre agli incontri nei licei mi son trovato a mio agio. Ho gioito in un “finto voto” che in un biennio ha dato alla mia lista come vincente e, nel contempo ho preso paura dell’animale politico che è in me quando ha asfaltato l’avversario. Si trattava di un giovane che sparava sugli immigrati senza nemmeno lui sapere “come e perché”. Ho ruggito come non mai.
L’altro. Si, perché l’altro ha un sacco di ragioni che, per convenienza, è meglio non evidenziare. Ma l’altro sta ovunque: nel tuo partito, nella tua coalizione o nei partiti avversi. Ho trovato “interessante” dialogare con un il numero due dell’esercito o un ex generale dei carabinieri. Dagli F35 all’esercito europeo. “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”. William Shakespeare – Amleto.
Il pensiero. Nelle competizioni aggressive e temporalmente corte come questa il pensiero è spesso un optional. Tutto viene consumato nella velocità sovrascritta. Il moderatore ti da 2 minuti di replica ad una domanda che richiederebbe una vita. Ma nel confronto tra pochi c’è stato anche modo di scavare a fondo e non solo di graffiare. Peccato che questo non buchi lo schermo. Ma buca noi. E ciò basta.