www.unimondo.org/Notizie/Il-surriscaldamento-globale-corre-veloce-e-investe-gli-insetti-235621
Il surriscaldamento globale corre veloce e investe gli insetti
Notizie
Stampa

Foto: Unsplash.com
Limiti termici critici. Si chiamano così le soglie che delimitano, al ribasso e al rialzo, il range di temperatura che un animale può sopportare. Quando gli sbalzi rispetto alla temperatura ideale eccedono queste soglie, l’animale può fare solo due cose: evolversi nell’adattamento o migrare verso climi più confortevoli.
La velocità anomala con cui il surriscaldamento globale sta avvenendo non è certo una condizione favorevole: le ondate di calore eccessivo che hanno attraversato anche l’Europa durante la scorsa estate (per non parlare di quanto sta succedendo in questo llinverno) sono indicative di quanto può sempre più spesso accadere. Il superamento delle soglie critiche è sempre più frequente, mettendo in pericolo più di una specie.
Uno studio pubblicato su Nature e condotto da una squadra di ricercatori guidati dalla dott.ssa Hester Weaving della School of Biological Sciences dell’Università di Bristol ha analizzato 102 specie di insetti per capire come essi possano adattare i propri limiti termici critici per sopravvivere a temperature estreme: i risultati hanno messo in luce una scarsa capacità di resilienza che li rende particolarmente vulnerabili al cambiamento climatico. Aspetto che potrebbe interessare parecchio anche noi umani, per le profonde conseguenze che potrebbe avere sulla nostra vita. Il collegamento sta, da un lato, nelle preziose funzioni ecologiche che molte di queste specie di insetti hanno per la nostra esistenza, dall’altro nella possibilità non così remota che il movimento di alcune specie verso zone più favorevoli crei uno squilibrio negli ecosistemi che conosciamo.
Un animale può gestire le soglie critiche in due modi: acclimatandosi (processo che accade in un tempo breve, che va da poche ore a un massimo di tempo che coincide con la vita dell’animale stesso) e producendo per esempio proteine in risposta all’esposizione al calore o sviluppando meno zone di colore che attira la luce (come nel caso delle coccinelle con meno puntini neri); o adattandosi (ovvero con la trasmissione genetica di generazione in generazione, tramite il processo evolutivo), sviluppando per esempio becchi più grandi per disperdere maggior calore attraverso l’afflusso del sangue.
Questa seconda opzione è indubbiamente più impegnativa soprattutto per quanto riguarda i limiti critici al rialzo, perché la velocità di adattamento non tiene il passo con i ritmi insostenibili del riscaldamento globale: e gli insetti sono più lenti ad adattarsi rispetto per esempio a pesci e crostacei e i giovani ancor più lenti dei più esperti insetti adulti, tanto da risultare più inclini all’acclimatamento che all’adattamento. Una situazione che in ogni caso mette in luce l’estrema debolezza degli insetti di fronte all’aumento delle temperature e la realistica possibilità che essi si estinguano (orizzonte particolarmente nefasto per gli insetti impollinatori, e di conseguenza anche per noi) o che invece debbano migrare verso altri climi per sopravvivere, minacciando la stabilità degli ecosistemi e la stessa sicurezza alimentare e la salute umana (essendo alcuni insetti migratori vettori di malattie infettive come il virus della malaria o della West Nile).
Per proteggere il futuro di queste specie – e il nostro – l’unica strada è ridurre la loro vulnerabilità attraverso il contenimento massivo degli effetti del cambiamento climatico, legati soprattutto all’utilizzo smodato di combustibili fossili. Per come stanno andando le cose, ci rendiamo inevitabilmente conto di quanto questa possibilità sia remota e altamente improbabile: cosa possiamo fare allora su piccola scala? È ancora possibile pensare di arginare questa piaga? Non c’è da essere troppo ottimisti, ma qualcosina si può per lo meno tamponare: creare habitat ombrosi per esempio, dove gli insetti possano rifugiarsi, e che provvedano a garantire loro aree rifugio per affrontare l’aumento delle temperature. Sarà troppo difficile, per la nostra cieca ed egoista specie, fare almeno questo piccolo misero passo?
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.