Il potere delle parole per capire il disagio

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Foto: Unsplash.com

Un vecchio detto inglese recita “Sticks and stones may break my bones, but words will never hurt me”. Bastoni e pietre possono rompermi le ossa, ma le parole non possono farmi male. E con questo spunto in apertura… seguirà un pezzo per smentire questo adagio che sarà pur popolare, ma per nulla veritiero. Non lo dico io, ma il team di ricerca della professoressa Eugenia Rho, scienziata informatica della Virginia Tech, in un recente studio partito da un interrogativo specifico: quali effetti ha provocato la retorica dei social media sulla pandemia di COVID-19 e i dati di mortalità negli Stati Uniti? E cosa possono fare i decisori politici e i referenti per la salute pubblica?

La maggior parte delle ricerche analizza ciò che succede online, ma raramente si concentra sul legame con i comportamenti offline, nonostante esista una tangibile connessione. Durante la pandemia, i social media sono diventati il luogo primario per coagulare le opposizioni alle decisioni prese in termini di salute pubblica, dall’indossare le mascherine, al distanziamento sociale e, inutile dirlo, ai vaccini. Un’escalation di mala-informazione, che ha incoraggiato un disprezzo crescente verso diverse misure preventive, provocando un aumento esponenziale di contagi, ospedali sovraffollati, mancanza di personale sanitario, morti prevenibili e perdite economiche.

Il team di ricerca si è focalizzato sull’analisi di numerosi post bannati del social network Reddit, i cui dati erano disponibili per la ricerca (anziché interdetti come succede con altre piattaforme). Il lavoro si innesta su un framework scientifico chiamato “Fuzzy Trace Theory”, di cui pioniera è la psicologa Valerie Reyna (Cornell University): la professoressa ha mostrato come gli individui imparino e ricordino meglio informazioni espresse secondo un rapporto di causa-effetto (in inglese chiamato gist) anziché come semplice memorizzazione. E quest’affermazione risulta vera anche per informazioni non accurate o con un rapporto di consequenzialità molto debole. Attraverso specifici modelli linguistici realizzati con l’intelligenza artificiale e combinati con avanzati strumenti statistici, poi comparati con alcune delle pietre miliari della pandemia (ospedalizzazioni, contagi, morti, affermazioni pubbliche), i risultati hanno mostrato che post social che associavano una causa (p.es.: “ho fatto il vaccino”) a un effetto (p.es. “da allora mi sento la morte addosso”) sono diventati rapidamente “credenze popolari” che hanno influito pesantemente le decisioni offline. 

Al di là dei risultati implementabili delle ricerche, questa connessione segna l’importante prima volta in uno studio che associa l’utilizzo di intelligenza artificiale a modelli linguistici tipici dei social media, per individuare la criticità di discussioni online che seguono un certo corso e che richiedono dunque anche comunicazioni istituzionali più efficaci e incisive. Lo studio, ha dichiarato la professoressa Reyna, “risolve un problema scoraggiante, ovvero quello di come connettere i blocchi cognitivi di significato che le persone generalmente utilizzano come flusso di informazioni sui social media con gli esiti in termini di salute, evidenziandone le molte potenziali implicazioni nel promuovere un maggior benessere della popolazione”. A questo scopo i codici utilizzati in questo progetto di ricerca sono resi disponibili ad altri studiosi nel paper pubblicato negli atti “Computing Machinery Conference on Human Factors in Computing Systems”.

Una riflessione che segue questi risultati è quella sui sistemi messi in campo dalle piattaforme social che riguardano il bloccare, bannare o cancellare i contenuti di utenti che si esprimono su questioni di fatto molto controverse: azioni che rischiano semplicemente di alimentare la convinzione che esistano movimenti cospiratori e quindi di costringerli a trasferirsi su piattaforme che, peggio ancora, non prevedono nessuna moderazione dei contenuti pubblicati.

Si tratterà dunque, ancora una volta, di lavorare per alleanze interdisciplinari e trasversali, che indaghino con maggiore profondità e serietà le dinamiche e i processi che si attivano nella psiche degli individui durante periodi di forte crisi.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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