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Il carrello della spesa? Riempiamolo di biodiversità!
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Uno studio condotto nel 2011 da ricercatori dell’Università di Exeter ha previsto la scomparsa di una specie su 10 entro la fine del secolo: si è innescata quella che chiamano sesta estinzione di massa. Con la quinta – 65 milioni di anni fa – si erano estinti i dinosauri. Ma c’è una differenza sostanziale tra l’estinzione presente e quelle del passato. Il responsabile di questa crisi ecologica globale è l’uomo.
In 70 anni abbiamo distrutto i tre quarti dell’agro-biodiversità che i contadini avevano selezionato nei 10.000 anni precedenti. Ed ecco alcuni esempi
Api
Nel 2007 le api mellifere – impollinatrici di gran parte dei vegetali che mangiamo – hanno cominciato a morire in massa. In Europa, le morie si sono attestate intorno al 20%, mentre negli Stati Uniti, nell’inverno del 2013/2014, hanno superato il 40%.
Foreste
Ogni anno distruggiamo 10 milioni di ettari di foreste pluviali (nel Borneo, in Amazzonia, in Africa), per far posto a palme da olio e campi di soia.
Mangrovie
Le mangrovie e le barriere coralline, habitat di numerose specie e protezione fondamentale per i litorali, si sono già ridotte rispettivamente del 35% e del 20%. L’equilibrio si è rotto quando abbiamo iniziato a gestire le fattorie come industrie. L’industria non tollera i tempi della natura, non ha stagioni né pazienza. Deve produrre sempre, tanto, velocemente e nel modo più efficiente possibile. Deve produrre in serie. Prima di allora si arricchivano i terreni grazie alla rotazione con le leguminose (fagioli, fave, piselli) e al letame degli animali. Ma da quel momento, abbiamo iniziato a comprare fertilizzanti, pesticidi, diserbanti, carburanti per le macchine. Abbiamo iniziato a cibarci di petrolio.
È un destino segnato? O possiamo favorire un cambio di direzione? Noi siamo convinti di sì! Possiamo, con le nostre scelte quotidiane, favorire altri comportamenti, altri tipi di agricoltura, di produzione alimentare. Iniziamo a scegliere il cibo con consapevolezza, partiamo dal nostro territorio, impariamo a conoscerlo: sarà ricco di ortaggi, frutta, razze locali, pani, formaggi, salumi, dolci tradizionali che sicuramente sapranno soddisfare anche i palati più esigenti. E quando facciamo la spesa teniamo presente alcuni piccoli accorgimenti. Ecco quali:
Carne
Continuare a mangiare carne con i livelli di consumo a cui si è abituato l’Occidente – e a cui si avvicinano anche i paesi emergenti – non è più possibile. I costi ambientali degli allevamenti intensivi sono enormi, per non parlare della sofferenza cui sono sottoposti gli animali allevati con questi metodi crudeli. Il nostro consiglio? Consumiamo meno carne, di migliore qualità, proveniente da allevamenti attenti al benessere animale e alla qualità dell’alimentazione del bestiame. Privilegiamo le razze locali e i tagli meno noti, così eviteremo che molta della carne vada sprecata.
Gamberetti
Vi siete mai chiesti da dove arrivano i gamberetti che porti in tavola? Perlopiù provengono da zone tropicali, dove sono oggetto di pesca intensiva. Il risultato? I loro stock sono vicini al massimo limite di sfruttamento e le tecniche utilizzate per pescarli sono devastanti per l’ambiente. Per non parlare delle condizioni inumane cui sono ridotti molti migranti costretti a lavorare sui pescherecci (ne abbiamo parlato qui) Meglio quelli di allevamento? No, perché, per allevarli, sono distrutte ogni anno ampie porzioni di foreste di mangrovia, con conseguenze gravissime per l’ambiente e per la sopravvivenza dei pescatori di piccola scala. Quali scegliere allora? Cerchiamo quelli che arrivano da mari vicini. Oppure proviamo alternative meno note ma molto buone, come gli scampi, le cicale di mare e tanti altri crostacei!
Banane
A livello mondiale, il commercio delle banane è in mano a cinque multinazionali che le coltivano su immensi latifondi, facendo uso di pesticidi, fertilizzanti chimici di sintesi e fungicidi, spesso sfruttando il lavoro degli agricoltori locali. La raccolta dei caschi di banane non è che l’inizio di un lungo viaggio – in nave, attraverso l’oceano – e poi su gomma – dai centri di stoccaggio, dove vengono fatte maturare, ai mercati. Il mercato è dominato da una sola varietà, la Cavendish, mentre moltissime altre sono perlopiù sconosciute. Quale scegliere? Proviamo quelle biologiche del commercio fairtrade, che offrono maggiori garanzie di sostenibilità ambientale e sociale!
Una merendina e una bibita
La maggior parte delle bibite disponibili sul mercato sono zuccherate con lo sciroppo di mais (Hfcs) e piene di additivi e coloranti. Ecco perché sono una delle principali cause dell’obesità. Per di più tantissime contengono l’olio di palma. E che problema c’è, vi chiederete voi: per fabbricarlo ogni anno, sono abbattute ampie superfici di foresta pluviale con conseguente devastazione di flora e fauna. Siete sicuri che valga la pena devastare il pianeta per uno snack? Aguzziamo l’ingegno, impieghiamo un po’ di tempo e scegliamo qualcosa di più buono e meno impattante per l’ambiente: una spremuta, un frullato fatti in casa, pane burro e marmellata. Una torta fatta in casa. Oppure cerchiamo di leggere bene gli ingredienti prima di effettuare l’acquisto!
Spreco alimentare
Dove finiscono le bottiglie di plastica, gli imballaggi delle merendine, il cibo che abbiamo comprato in eccesso o ancora quello che non abbiamo neanche potuto acquistare – la mela maculata, la carota storta – perché al supermercato non c’è mai arrivato? I numeri dello spreco mondiale sono impressionanti: in Nord America e in Europa ognuno di noi spreca circa 280-300 chili di cibo all’anno. E, nel resto del mondo, milioni di persone soffrono la fame. Facciamo più attenzione ai nostri acquisti! Compriamo prodotti di stagione, più vicino a noi quando possibile e tradizionmagari direttamente dal produttore. E impariamo dalla popolare: gli avanzi del giorno prima possono diventare vere leccornie.
Da Slowfood.it