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Il Congo Week rompe il silenzio sul dramma congolese
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Rompere il silenzio. Danzare, suonare, urlare per ricevere attenzione. Ma anche ravvivare le campagne di sensibilizzazione, sollecitare le autorità a impegnarsi, attivare la società civile mondiale affinché si unisca alla lotta. L’obiettivo? Contrapporre il frastuono di dolore per le tante vittime ignorate di questo conflitto al silenzio acuto dei media e dei politici. Siamo nella Repubblica Democratica del Congo e le vittime conteggiate sono più di 6 milioni, morte a causa della feroce competizione internazionale per accaparrare e rivendere le spettacolari risorse naturali del Paese. Una di queste è la colombite-tantalite (meglio conosciuto come Coltan), un minerale sabbioso ampiamente usato in numerosi congegni elettronici come i telefoni cellulari e le consolle per i giochi. Il 64% delle riserve mondiali di coltan si trova in RD Congo e, di certo, le condizioni di estrema frammentazione politica e di povertà diffusa della popolazione rendono il Paese il principale (e più vantaggioso) fornitore del prezioso minerale per le case produttrici di telefonia e di altri beni di alta tecnologia. Di fatto, la maggior parte del coltan utilizzato per i dispositivi elettronici di tutto il mondo è estratta illegalmente in Congo da miniere controllate da milizie armate ribelli e da forze straniere e quindi venduta alle multinazionali. I morti sono le conseguenze delle violenze subite nel corso del lavoro, della precarietà delle miniere illegali, dell’esposizione del corpo degli improvvisati “operai”, senza protezione, al minerale radioattivo.
Dalla constatazione dell’assenza di un’informazione diffusa su questa realtà, che continua a condannare il Congo allo sfruttamento delle sue risorse, all’instabilità a causa della presenza delle milizie armate sostenute economicamente dai traffici di minerali, alla violenza e alla morte delle fasce più deboli della popolazione che nelle miniere clandestine individua la propria unica fonte di sostentamento, seppur mortale, è nata la “Congo Week”. Giunta alla sua ottava edizione, la “Congo Week” 2015 si è conclusa nella settimana appena trascorsa e ha dato voce ai congolesi della cosiddetta diaspora e ai loro amici (così come a istituzioni, scuole, enti) con migliaia di eventi in tutto il mondo che hanno posto come focus il dramma della RD Congo. Marce e fiaccolate, letture di poesie, concerti, dibattiti, veglie di preghiera, tesine a scuola, mostre fotografiche, conferenze, proiezioni di documentari. È dal 1998 che l’organizzazione statunitense “Friends of the Congo” promuove nella terza settimana di ottobre occasioni di confronto e di individuazione di possibili soluzioni, al pari di incontri per meglio conoscere la realtà del Paese, che hanno unito tutte le comunità del globo e commemorato il sacrificio della popolazione congolese. Lo scopo è quello di far crescere, dall’estero, la consapevolezza globale sulla situazione della RD Congo e sostenere la pace, la giustizia e la dignità umana, o meglio una trasformazione politica, sociale ed economica del Paese, così influenzato dalle dinamiche internazionali.
Già nel maggio scorso le forti pressioni dell’opinione pubblica avevano indotto il Parlamento Europeo ad adottare una legge sulla trasparenza nelle importazioni di minerali provenienti da zone di conflitto; per avere effettiva attuazione, però, la norma deve essere approvata nella medesima forma anche dal Consiglio Europeo, in base alla procedura di codecisione prevista per gli atti legislativi ordinari dell’UE. In attesa dunque del pronunciamento del Consiglio, che potrà approvare il testo del Parlamento rendendolo di fatto esecutivo oppure emendarlo e rimandarlo così al Parlamento per una nuova approvazione, resta vitale l’azione pubblica di supporto e di monitoraggio sull’adozione di un regolamento condiviso in materia di tracciabilità dei minerali. Proprio ai cittadini europea spetta l’azione di lobbying sui propri governi affinché il voto del Consiglio dell’UE, che rappresenta le posizioni dei 28 Paesi membri, opti per una maggiore assunzione di responsabilità delle imprese europee nell’acquisto delle materie prime e, auspicabilmente, incida sulla rottura del legame tra risorse naturali e conflitti.
Tale decisione si inserisce anche all’interno della situazione di forte instabilità politica della RD Congo, in vista delle elezioni presidenziali previste per il 2016. Già in gennaio il Parlamento di Kinshasa aveva adottato una legge che subordinava le elezioni alla realizzazione di un censimento completo della popolazione, una azione che potrebbe richiedere mesi, se non anni, posticipando così di fatto le elezioni e consentendo la prosecuzione del mandato all’attuale presidente Joseph Kabila, dal 2001 al potere e al suo secondo e ultimo mandato. Una riforma intesa come un vero e proprio “attentato alla Costituzione” e che ha già determinato manifestazioni violente e morti nella capitale. Qualunque cosa accada in politica interna, in considerazione del forte peso dell’attività mineraria sull’economia del Paese, un acquisto di coltan e di altre materie prime condizionato al rispetto di determinati standard di rispetto dei diritti umani potrebbe incidere fortemente nel senso di una transizione democratica del Paese, che faccia i conti con i danni economici, sociali e ambientali delle estrazioni di risorse nella zona orientale della RD Congo.
Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.