www.unimondo.org/Notizie/Francesco-Gesualdi-Ecco-come-superare-la-cultura-bellicista-e-capitalistica-255173
Francesco Gesualdi: “Ecco come superare la cultura bellicista e capitalistica”
Notizie
Stampa

Francesco Gesualdi: Italiachecambia.org
"Finché produrremo armi continueremo a scatenare guerre perché le armi sono prodotte per essere vendute". Ma davvero questa affermazione che ci ha regalato Francesco Gesualdi è così difficile da comprendere? La nostra Laura Tussi lo ha intervistato per parlare con lui del dossier appena pubblicato dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo dal titolo "Fermare le guerre, costruire la pace".
Da quali intenti nasce questo dossier? e come analizza le guerre dalle più vicine (Ucraina e Gaza) alle più lontane (Sudan e Congo) ?
Il Centro Nuovo Modello di Sviluppo ha pubblicato un dossier contenente una serie di proposte concrete per fermare la deriva bellicista attraverso misure economiche e sociali come la riconversione delle industrie di armi e l'utilizzo di strumenti come i Corpi civili di pace. Ne abbiamo parlato con Francesco Gesualdi in un discorso che ha toccato diversi punti, dalle guerre in corso agli obblighi costituzionali del nostro paese.
È partito tutto da una constatazione: il mondo è pericolosamente avviato su un sentiero di guerra. «Dal 2000 al 2023, la spesa mondiale per armamenti è triplicata passando da 800 a 2443 miliardi di dollari. Anche i conflitti armati sono cresciuti. Alcune guerre, come quella in Ucraina e a Gaza, ci sono più vicine, altre, come quella in Sudan e Congo, più lontane, ma sono tutte ugualmente distruttive e cariche di morte».
A parlare è Francesco Gesualdi del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, che proprio su questo tema ha recentemente pubblicato Fermare le guerre, costruire la pace, «un dossier – scaricabile dal sito del Centro – articolato in 13 schede illustrate, di facile lettura per tutti, compresi i ragazzi di scuola», spiega Gesualdi.
Si può dire che chi fomenta le guerre non va lasciato in pace?
Le guerre vanno fermate, anche se la vera sfida è prevenirle. La pace è un’esigenza primaria per l’umanità. Ma non viene da sola. Va costruita tessendo buone relazioni. Ossia liberandoci delle armi, eliminando la prepotenza economica, attuando la nonviolenza, creando un sistema internazionale capace di richiamare e fermare chi commette abusi.
Come è possibile spingere il potere su un cammino di pace?
Il nostro dossier approfondisce le scelte da compiere in ambito produttivo, economico, politico e difensivo per costruire la pace. Con una parte finale sulle iniziative che potremmo intraprendere, come cittadini, per spingere il potere su sentieri di pace.
La pace è un obbligo della Costituzione della Repubblica Italiana. Quindi come si può fermare la guerra?
Per l’Italia la ricerca della pace è un obbligo costituzionale. Deriva dall’articolo 11 della Costituzione che ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli. La prima cosa da fare per costruire la pace è fermare la produzione di armi. Finché ne produrremo continueremo a scatenare guerre perché le armi sono prodotte per essere vendute. In altre parole hanno bisogno di un mercato che è rappresentato dalle guerre.
È possibile convertire a fini civili le maggiori industrie di armi in Italia?
In Italia le principali industrie produttrici di armi sono Leonardo e Fincantieri, che sono addirittura di proprietà pubblica. In attuazione dell’articolo 11 della Costituzione dovremmo sbarazzare la proprietà pubblica di questi due mostri, non cedendoli ai privati, ma convertendoli al civile. Come il sindacato diceva già negli anni ottanta del secolo scorso, l’obiettivo che dobbiamo prefiggerci è la riconversione dell’industria bellica. Sia Leonardo sia Fincantieri sono industrie ad alta tecnologia che potrebbero produrre attrezzature per la sanità, per la transizione ecologica, per i trasporti pubblici. I bisogni sociali e ambientali da soddisfare sono tanti: è per loro che dobbiamo usare le risorse e il nostro lavoro.
E questo mito capitalistico della produzione e della crescita a oltranza?
Per rendere le guerre accettabili si invocano valori altisonanti come la difesa della libertà e della democrazia. Ma spesso le vere ragioni vanno ricercate in ambito economico. Un punto cruciale riguarda le risorse perché il capitalismo ha come obiettivo la crescita. La volontà cioè di produrre e consumare sempre di più. Ma si dimentica che per produrre servono acqua, legname, minerali, terreni e molte altre risorse che sul Pianeta sono sempre più scarse.
Il capitalismo ha sempre imposto l’espansione economica e la produzione di armi e ordigni militari?
L’approvvigionamento di risorse è sempre stato un problema per il capitalismo. Lo era in passato e continua a esserlo oggi. Chi se ne garantisce il controllo si assicura la supremazia. Per questo il capitalismo ha sempre accompagnato l’espansione economica con l’espansione militare. L’unico modo per sbarazzarci delle guerre finalizzate al saccheggio è l’abbandono del consumismo a favore della sobrietà.
Che significa ripensare il nostro concetto di sviluppo, riportando l’idea di benessere nel perimetro di ciò che ci serve senza sconfinare nell’inutile e nel superfluo?
Un compito non semplice perché si scontra con le nostre pulsioni più profonde, ma con possibilità di successo se torniamo a dare il giusto valore alla sfera affettiva, sociale, spirituale e più in generale agli aspetti relazionali che la logica materialista tende a mettere in ombra.
Garantirsi risorse è il primo problema di tutte le imprese. Ma dopo aver prodotto, il loro problema è vendere, ossia avere un mercato, non solo a livello nazionale, ma addirittura mondiale perché l’obiettivo è guadagnare il più possibile.
La dottrina classica prevede che la conquista dei mercati, sia quelli nazionali che internazionali, debba avvenire tramite la concorrenza. Ma ciò non sempre è possibile e allora le imprese possono richiedere azioni di forza da parte dei propri governi, se necessario fino alle guerre. Anche la guerra in Ucraina ha un risvolto di questo tipo. La Russia si è comportata senz’altro da stato aggressore, ma gli USA e la Nato hanno fatto di tutto affinché avvenisse.
Fra i tanti interessi c’era la contesa dell’Europa come mercato del gas. Da decenni l’Europa aveva scelto la Russia come fornitore privilegiato di gas per la vicinanza geografica. Fino al 2000 agli Stati Uniti non importava, ma da quando sono diventati anch’essi grandi produttori di gas grazie alla tecnica del fracking, si sono ritrovati col problema di trovare a chi vendere il proprio gas. L’Europa poteva essere uno sbocco possibile, ma solo se si sganciava dalla Russia.
Varie sono state le strategie utilizzate per logorare i rapporti fra Russia ed Europa, la maggior parte passanti per l’Ucraina, che alla fine è stata trasformata in un teatro di guerra.
Oggi che Russia ed Europa si trattano come nemici, le forniture di gas da parte della Russia si sono inevitabilmente ridotte, con vantaggio per gli Stati Uniti che dal 2021 al 2023 hanno aumentato le proprie vendite di gas liquefatto all’Europa del 160%. Finché produrremo armi continueremo a scatenare guerre perché le armi sono prodotte per essere vendute.
Due iniziative che l’Italia potrebbe assumere per farsi costruttrice di pace sono la creazione dei Corpi civili di pace e l’istituzione del Ministero della Riconciliazione?
I Corpi civili di pace dovrebbero essere corpi non armati col compito di intervenire in zone di conflitto come forze d’interposizione per proteggere la popolazione, dissuadere le parti dall’uso delle armi usando come deterrente la propria presenza, prospettare alle parti soluzioni di pace. Il Ministero della Riconciliazione dovrebbe avere il compito di mantenere l’attenzione sulle zone più calde del mondo per valutare gli abusi commessi. Quindi esercitare tutta la pressione diplomatica possibile per farli cessare. Parimenti dovrebbe avviare ogni iniziativa di mediazione per fare parlare le parti in conflitto. Solo attraverso il dialogo si può giungere a soluzioni condivise per vie pacifiche.
In una società di massa a orientamento maggioritario, le sole posizioni che hanno qualche possibilità di farsi strada sono quelle che dimostrano di avere un alto consenso popolare?
Per questo è importante che la volontà di pace emerga in tutti i modi possibili. Non solo una tantum con manifestazioni e cortei ma tutti i giorni, sia con iniziative di carattere personale a visibilità pubblica, sia con campagne collettive capaci di fare emergere l’esistenza di un movimento che sa battersi per la pace esercitando tutta la pressione possibile sui centri decisionali. Fra le proposte avanzate nel dossier vi è quella di esporre simboli di pace per non dimenticare che il mondo è in guerra, di usare risparmi e penna per indebolire l’industria delle armi e gli eserciti, di tessere reti di pace nel proprio territorio.
Anche su Italia che cambia
Sitografia per approfondire:
Canale Facebook
Canale YouTube
Canale Instagram
Canale TikTok
Canale Mastodon
Bibliografia essenziale:
- Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, Resistenza e nonviolenza creativa, Mimesis Edizioni.
- Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, Memoria e futuro, Mimesis Edizioni. Con scritti e partecipazione di Vittorio Agnoletto, Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Giorgio Cremaschi, Maurizio Acerbo, Paolo Ferrero e altr*
Laura Tussi

Docente, giornalista e scrittrice, si occupa di pedagogia nonviolenta e interculturale. Ha conseguito cinque lauree specialistiche in formazione degli adulti e consulenza pedagogica nell'ambito delle scienze della formazione e dell'educazione. Coordinamento Italia Campagna Internazionale ICAN - Premio Nobel per la Pace 2017 per il disarmo nucleare universale, collabora con diverse riviste telematiche tra cui Pressenza, Peacelink, Ildialogo, Unimondo, AgoraVox ed ha ricevuto il premio per l'impegno civile nel 70esimo Anniversario della Liberazione M.E.I. - Meeting Etichette Indipendenti, Associazione Arci Ponti di Memoria e Comune di Milano. Autrice dei libri: Sacro (EMI 2009), Memorie e Olocausto (Aracne 2009), Il dovere di ricordare (Aracne 2009), Il pensiero delle differenze(Aracne 2011), Educazione e pace (Mimesis 2012), Un racconto di vita partigiana - con Fabrizio Cracolici, presidente ANPI Nova Milanese (Mimesis 2012), Dare senso al tempo-Il Decalogo oggi. Un cammino di libertà (Paoline 2012), Il dialogo per la pace. Pedagogia della Resistenza contro ogni razzismo (Mimesis 2014), Giovanni Pesce. Per non dimenticare (Mimesis 2015) con i contributi di Vittorio Agnoletto, Daniele Biacchessi, Moni Ovadia, Tiziana Pesce, Ketty Carraffa, Antifascismo e Nonviolenza (Mimesis 2017), con Alfonso Navarra, Adelmo Cervi, Alessandro Marescotti. Collabora con diverse riviste di settore, tra cui: "Scuola e didattica" - Editrice La Scuola, "Mosaico di Pace", "GAIA" - Ecoistituto del Veneto Alex Langer, "Rivista Anarchica". Promotrice del progetto per non dimenticare delle Città di Nova Milanese e Bolzano www.lageredeportazione.org e del progetto Arci Ponti di memoria www.pontidimemoria.it. Qui il suo canale video.