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Fin dove le ONG possono
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Dalla firma degli Accordi di Pace avvenuta nel 1996 la speranza di vedere un Guatemala più equo e democratico si è fatta via via sempre più fragile. Se da un lato è indubbio che la fine della guerra civile abbia instillato maggior fiducia e negli anni recenti il paese abbia conosciuto un graduale miglioramento della sua stabilità democratica e politica, dall’altro le riforme di cui avrebbe bisogno il paese stentano a decollare. A gennaio 2012, Otto Fernando Perez Molina ha prestato giuramento come nuovo presidente del Guatemala, dopo una campagna elettorale in cui il candidato del Partito Patriottico aveva promesso le due cose che il popolo richiedeva maggiormente: sicurezza e lavoro. Infatti una delle prime azioni del nuovo governo è stato l’impiego massiccio di 7000 soldati nelle zone più pericolose e infestate dalla criminalità: come era prevedibile, e non solo dai pacifisti più accaniti, mentre il numero di arresti è schizzato, il tasso di criminalità si è mantenuto invariato. Molina fu generale dell’esercito durante la dittatura di Efrain Rios Montt e prestò servizio massicciamente nella regione di Ixìl, dove furono commessi alcuni dei più gravi massacri della guerra. Non sorprende che la sua presidenza venga additata come l’ennesimo esempio di politica di facciata, spesso a servizio di interessi più grandi. Si sostiene appunto che lo stesso piano di sicurezza sia un pretesto per tutelare gli interessi dei gruppi industriali, per la maggior parte stranieri, che gestiscono le grandi opere nazionali. Ma si sa, da queste parti gli specchietti per le allodole sono all’ordine del giorno.
Ad incorniciare questo scenario desolante, i dati parlano di un Guatemala ancora molto lontano dal risolvere i suoi problemi più pressanti quali la povertà, l’analfabetismo, il livello di istruzione e di assistenza sanitaria, specialmente nelle zone rurali del paese, dove risiede in maggioranza la popolazione di nativi Maya. Analogamente la situazione dei diritti umani non fa i passi in avanti sperati. Vi sono ancora molte reminescenze della guerra ed altrettanti elementi che fanno pensare che la conflittualità socio-politica non sia del tutto superata, soprattutto nella rappresentanza delle istituzioni, ancora troppo poco trasparenti. Le comunità indigene sono ancora fortemente escluse dalla partecipazione economica, sociale e deliberativa del paese. Probabilmente anche il fatto di essere numerose e piuttosto dissociate non gioca a loro favore. A questo riguardo particolarmente critica è la situazione delle donne: circa il 45% è vittima di violenze e il paese risulta primo nella classifica stilata dalla Commissione Interamericana di Diritti Umani per numero di assassinii di donne.
Ed è a questo punto che entrano in scena le Organizzazioni Non Governative (ONG) e le loro attività di cooperazione internazionale, indipendenti dai governi e, in larga maggioranza, non aventi fini di lucro. Laddove le istituzioni falliscono, o molto più spesso “non si applicano”, insorge terreno fertile per l’affermazione di una ONG. Ma fin dove possono le ONG?
In Guatemala le organizzazioni non profit aspirano alla risoluzione dei tanti problemi di cui soffre il Paese, dando vita, con risorse finanziare ridotte al minimo, a programmi di sviluppo sociale, economico, ambientale. Il senso è quello di colmare un vuoto di servizi alla persona dovuto all’assenza delle istituzioni pubbliche, che non può essere lasciato in balia di se stesso. Un vuoto che si è formato nei decenni, smarrito nelle facce logore di così tante persone che vivono in baracche lungo le strade e che purtroppo si abbandonano allo status quo delle cose. Lo stesso vuoto che troppo spesso crea le condizioni ideali per l’approdo di una multinazionale le cui mire puntano più allo sfruttamento sociale che al suo cambiamento. Vi sono ONG che si occupano di implementare programmi in un determinato settore quale i servizi sanitari e nutrizionali infantili, la legittimazione del lavoro di donne artigiane nei piccoli centri rurali, l’educazione e la valorizzazione culturale, i diritti umani. Altre che abbracciano trasversalmente più settori ed orientano le proprie attività al miglioramento dell’efficacia di questi programmi.
Qui le ONG approfittano di un contesto che vanta due dei presupposti fondamentali per lo sviluppo di imprese sociali: un’economia proiettata verso una crescita costante e un alto grado di economia informale. Ingredienti che, uniti all’urgenza di miglioramento nella qualità di vita delle famiglie guatemalteche, rendono questo Paese un polo ideale per lanciare programmi di sviluppo sociale, economico e ambientale di successo.
Alterna è una delle principali ONG che favorisce lo sviluppo di imprese sociali in Guatemala, nonchè primo centro per l'innovazione e imprenditoria sociale in America Centrale. Fondata nel 2010 a Quetzaltenango, il lavoro di Alterna si concentra sulla costruzione di un ecosistema dinamico ed inclusivo per le imprese sociali, affinché si promuova maggior fiducia, si aumenti la loro visibilità e si riescano così a condividere storie di successo. L’obiettivo è quello di realizzare dei modelli di crescita aziendale personalizzati per rendere sostenibili le imprese locali con cui collabora e massimizzare il loro impatto sociale e ambientale. Alterna lo fa sia come incubatrice di imprese ad alto potenziale, sia, soprattutto, come “coltivatrice” di piccole realtà imprenditoriali, offrendo servizi di consulenza di svariato tipo, dagli aspetti contabili, al lancio di una campagna di commercializzazione, da piani di crescita pluriennale, all’allacciamento di alleanze strategiche.
Faccio parte di Alterna da Gennaio 2015 e sono attualmente responsabile di tre progetti imprenditoriali. Certo, a volte i tempi di consegna lievitano o ci si deve arrendere a difficoltà logistiche, superficialità del cliente, o a risorse finanziarie limitate, tuttavia il contributo di Alterna ha il potere attivare uno specifico processo, piccole sfide che pian piano possono diventare realtà. Anche per questo il ruolo di Alterna è quello di trasmettere, innescare un certo tipo di mentalità imprenditoriale, dare impulso alle idee meritevoli, creare l’impalcatura con la quale i piccoli imprenditori possono aprirsi a nuovi mercati e consolidare gli strumenti di cui hanno bisogno per monitorare l’andamento delle loro attività. Non li obblighiamo necessariamente a pensare in grande, ma facciamo in modo che pensino.
Quetzaltenango (anche conosciuta come Xela) è un brulicare di ONG. Quotidianamente mi piace confrontarmi con altri volontari, internazionali o locali, sulle ragioni della nostra presenza qui. Una delle domande che mi sorge spontanea è: fino a che punto la presenza di una ONG è considerata di beneficio per una comunità locale, e non invasiva nei confronti delle sue tradizioni e stili di vita? A volte le ONG partono con le intenzioni più nobili, per poi, forse, innamorarsi di un ruolo, quasi missionario, di esportatore di modelli di sviluppo economico occidentali. Ad Alterna, e non solo, capita di scontrarsi con culture locali, modi di ragionare sulle questioni d’affari, sull’approccio espansionistico di un’azienda, decisamente diversi. Quale dovrebbe essere, dunque, il limite di operatività e di longevità di una ONG in terra straniera? Fin dove le loro teorie avranno un’utilità sociale, specialmente se non mitigate da un’effettiva integrazione con la comunità e le istituzioni che le accolgono? Probabilmente, finché queste organizzazioni genereranno impatto positivo e, più importante, saranno in grado di misurarlo e riportarlo, raramente vedremo qualcuno fraintendere la loro missione.