Filippine, per la riforma agraria in campo la Chiesa

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Con più di 7000 isole che formano uno degli arcipelaghi più popolati del mondo (93 milioni di abitanti per una superficie di 300mila km2), le Filippine sono davvero un paese al “plurale” sia per la straordinaria biodiversità di flora e fauna sia per la sua composizione etnica, un mosaico di culture, lingue e religioni spesso in conflitto tra di loro. Ma le Filippine sono anche una nazione in cui i contadini poveri rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione: la magnifica fertilità del suolo non è sufficiente a garantire una fiorente agricoltura soprattutto a causa dell’arretratezza tecnologica (affrontata con soluzioni innovative) e della mancata redistribuzione della terra. Come spesso avviene negli Stati in via di sviluppo e a forte sperequazione sociale la “riforma agraria”, intesa quasi sempre come l’assegnazione di parti di grandi latifondi alle famiglie povere di contadini per combattere la carenza di cibo e per favorire il commercio, è sempre l’elemento discriminante per qualsiasi politica che vuole costruire un futuro più prospero e più giusto. Dall’America Latina all’Asia “riforma agraria” significa anche speranza, violenza, intimidazioni da parte delle multinazionali, incertezza e corruzione dei governi, mobilitazione delle organizzazioni per i diritti umani.

Così per le Filippine. Il 9 giugno 2010 è diventato presidente Benigno “Noynoy” Aquino, figlio di Corazon, la prima presidente democratica dopo l’era Marcos. L’elezione di Benigno Aquino era stata salutata come una sicura svolta di cambiamento, necessaria dopo gli anni di potere di Gloria Arroyo, anche lei una grande speranza per le Filippine, caduta poi in vari scandali di corruzione politica. Ma Aquino aveva in mente riforme sociali ed economiche, a cominciare da quella agraria, ripercorrendo i passi della madre che nel 1988 aveva messo in campo il Carp (Comprehensive Agrarian Reform Program) per ridistribuire ai contadini 10 milioni di ettari di terra in 10 anni. Il piano ha già subito una proroga decennale ma ora è tornato alla ribalta.

Così descrive la situazione Walden Bello, uno dei più noti attivisti democratici, studioso di modelli sviluppo alternativi, in un documentato articolo, tendenzialmente favorevole al nuovo corso politico: “le due campagne contro la povertà e contro la corruzione sono ben avviate, il presidente deve ora porre la sua attenzione a sfide più grandi: dare vita ad una distribuzione più giusta della ricchezza, affrontare la crisi ambientale e porre le fondamenta di uno sviluppo economico sostenuto e sostenibile.

La riforma agraria è largamente vista come una cartina indicatrice dell’impegno della amministrazione alla giustizia sociale, e molti critici hanno attaccato il presidente per la sua lentezza sulla questione a causa dei suoi legami familiari. La risoluzione finale della corte suprema in favore della redistribuzione fisica dell’azienda Luisita (nelle mani dei parenti di Aquino) tra i suoi affittuari dovrebbe fornire l’impeto all’accelerazione e completamento del programma di riforma fondiaria.

Nel 2009 il Congresso approvò l’Estensione del programma di riforma agraria comprensiva conosciuta come CARPER. La misura estendeva il completamento della redistribuzione della terra di cinque anni stanziando 150 miliardi di peso. In questo mese di febbraio, Il dipartimento della riforma agraria (DAR) avrà solo 390 mesi per completare la redistribuzione della terra. Le statistiche non sono incoraggianti secondo un rapporto di Focus On Global South: «C’è una piccola finestra per completare la distribuzione delle terre… A dicembre 2010 il rapporto del DAR mostrava che 960726 (dei 5,1 milioni di ettari ) erano ancora distribuibili. Dal gennaio 2011 DAR avrà 320 mila ettari all’anno da completare per la distribuzione per 2014. Su base mensile DAR dovrebbe poter distribuire 26686 ettari al mese, una impresa impossibile considerata la sua attuale capacità di soli 12 mila ettari da gennaio a giugno del 2009 e 18 mila da gennaio a giugno 2010».

La sfida è immensa ma alcuni osservatori dicono che se il presidente decide di promuovere la riforma agraria con atti decisi quanto lo sono quelli contro la corruzione, l’obiettivo potrà essere raggiunto.” Bello vede poi nella prevenzione e nella gestione dei disastri ambientali, nella lotta contro il disboscamento e nella cura più attenta del suolo altre priorità di intervento.

Stefano Vecchia, per la rivista delle Missioni della Consolata, dà un quadro più critico: “Con l’arrivo alla presidenza nel giugno 2010, dopo un’accesa campagna elettorale, di Benigno Aquino III detto «Noynoy», le Filippine sembravano tornate ai loro ideali e a nuove speranze. Cinquantenne, schivo e pragmatico, single con fama di playboy, impegnatosi in campagna elettorale in un programma riformista e moralizzatore della vita pubblica, Noynoy, pur con molti limiti di appartenenza sociale, carattere e capacità, poteva forse essere l’unica possibilità lasciata alle Filippine. Una possibilità che, al momento, rischia di essere sprecata. Corruzione, nepotismo, povertà, difficili rapporti con la gerarchia cattolica rendono la presidenza Aquino a dir poco tormentata, certamente poco efficace nel risolvere i problemi nazionali.

Con la «Rivoluzione dei fiori e dei rosari», la caduta della dittatura Marcos e la presidenza di Corazon Aquino, la pressione della piazza e di settori dell’esercito costrinse allo studio e all’avvio di un «Programma complessivo di riforma agraria». Presentato come un mezzo per ridistribuire in modo equo le terre del latifondo a contadini senza terra, ha finito col diventare una trappola per i nuovi piccoli proprietari, lasciati senza mezzi concreti. A questo vanno aggiunti le «eque» compensazioni per i possidenti (che avevano ceduto «volontariamente» le proprie terre, mentre in parte venivano ridistribuite a membri delle loro stesse famiglie) e il riacquisto delle terre dai contadini non in grado di vivere del loro lavoro in mancanza di strumenti di sostegno finanziario e tecnico.

Inoltre, solo il 50% delle terre coinvolte nel progetto di riforma era di proprietà privata (e di queste solo il 4% è stato ridistribuito dopo una requisizione; il resto è stato prima acquistato dallo Stato); il rimanente 50% è (o era) proprietà pubblica. Oggi il 68% degli agricoltori non sono proprietari delle terre che lavorano e solo il 3% ha ottenuto la terra attraverso la riforma agraria”.

La riforma è dunque al palo. Stavolta però i contadini hanno dalla loro la gerarchia cattolica che fin dal primo momento e con azioni decise si è schierata chiaramente. Riporta le ultime notizie l’agenzia di stampa Adista: “In concomitanza con la marcia di 10 giorni [avvenuta nel giugno 2012, ndr] organizzata da contadini provenienti da tutto il Paese diretta al palazzo presidenziale, una trentina di vescovi (tra cui l’arcivescovo di Manila Luis Antonio Tagle) ha sottoscritto la lettera aperta al presidente Aquino preparata dal vescovo ausiliare della capitale, Broderick Pabillo, a capo del dipartimento per le Azioni Sociali della Conferenza episcopale (Cbcp), e Fr. Marlon Lacal, direttore esecutivo dell’Association of Major Religious Superiors del Paese. «Dio ama i poveri», si legge nella lettera del 1° giugno. «Dio ascolta i lamenti dei poveri nella persona degli agricoltori che per generazioni sono stati schiavizzati nelle aziende che non possiedono, intrappolati in una vita di dipendenza e privati della loro dignità di esseri umani». «Dio – proseguono i firmatari – era con gli agricoltori quando il Carp e il Carper sono stati emanati. Un assaggio della Terra Promessa che sembrava a portata di mano». «I dati, tuttavia, mostrano che la realizzazione del Carper è stata consistentemente inattuata, soprattutto per quanto concerne il Lad (l’acquisizione e distribuzione della terra)». «In questa terribile situazione, i contadini diventano irrequieti e disperati. Temono i venti dell’agosto 2014, quando scadrà l’estensione del Carp. Hanno lottato per la riforma agraria per decenni e temono che sarà tutto vano». «Le chiedono – concludono i vescovi – di usare il suo enorme capitale politico per realizzare la visione del Carp distribuendo tutti i restanti terreni agricoli interessati dal provvedimento e stanziando i necessari servizi di sostegno e finanziari che possono aiutarli a divenire proprietari-coltivatori»”.

La strada è ancora lunga ed irta di difficoltà, ma se la riforma andasse davvero in porto le Filippine si trasformerebbero in un modello da seguire. [PGC]

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