www.unimondo.org/Notizie/Fame-e-cambiamento-climatico-due-sfide-interconnesse-189738
Fame e cambiamento climatico: due sfide interconnesse
Notizie
Stampa
L’Ong CESVI ha presentato l’Indice Globale della Fame: a Milano, il 15 ottobre, non a caso il giorno precedente la Giornata Mondiale dell’Alimentazione che si celebra appunto il 16 ottobre. L’Indice Globale della Fame è un rapporto scientifico che misura la fame a livello globale, e che in questa quattordicesima edizione si è concentrato sul rapporto tra fame e cambiamento climatico: due sfide interconnesse che richiedono azioni immediate e soluzioni a lungo termine.
L’Indice 2019 evidenzia come complessivamente la fame nel mondo stia passando da grave a moderata. All’origine di questo risultato vi è il miglioramento di tutti e quattro gli indicatori considerati dal rapporto - denutrizione, deperimento infantile, arresto della crescita infantile e mortalità dei bambini sotto i cinque anni. Fame e malnutrizione non sonopertanto problemi immutabili. Tuttavia, la percentuale di popolazione che non ha regolare accesso a calorie sufficienti è immutata dal 2015, il numero di persone che soffrono la fame è salito a 822 milioni (erano 795 milioni nel 2015) e sono 149 milioni i bambini vittime di arresto della crescita a causa della malnutrizione.
Nove dei Paesi sono fonte di notevole preoccupazione.
Libia: nel dicembre 2018, 270mila libici erano sfollati interni, rifugiati e richiedenti asilo, tutti gruppi vulnerabili all’insicurezza alimentare, dovuta a problemi di accesso al cibo.
Siria: a maggio 2019, 6,5 milioni di persone su una popolazione di 18 milioni erano considerate incapaci di soddisfare il proprio fabbisogno alimentare di base.
Somalia: più di 2,6 milioni di persone sono sfollati interni a causa del conflitto, delle inondazioni, della siccità e dell’insicurezza alimentare e il tasso di mortalità infantile è pari al 12,7%, il più alto tra tutti i paesi inclusi in questo studio.
L’insicurezza alimentare affligge anche altri Paesi come il Burundi, le isole Comore, la Repubblica Democratica del Congo, l’Eritrea, la Papua Nuova Guinea e il Sud Sudan, “alimentata” da problemi come le crisi interne, le epidemie e il cambiamento climatico.
Le regioni del mondo più colpite dalla fame restano Asia meridionale e Africa a sud del Sahara. In cinque paesi la fame risulta allarmante - Repubblica Centrafricana - o estremamente allarmante - Ciad, Madagascar, Yemen e Zambia; in 43 dei 117 paesi per cui sono disponibili i dati, la fame è a un livello grave.
Gli operatori Cesvi, attivi con progetti di cooperazione per sostenere le popolazioni più vulnerabili ai cambiamenti climatici, sottolineano come senza misure di adattamento entro il 2030 le rese mondiali dei raccolti agricoli diminuiranno in media del 2% per decennio, colpendo maggiormente le regioni più insicure dal punto di vista alimentare ed alimentando tensioni e disuguaglianze.
Dal punto di vista economico i costi della denutrizione sono devastanti: costa più dell’11% del PIL in Africa e Asia, ogni anno. La Banca Mondiale ha indicato che è necessario un investimento addizionale di 70 miliardi di dollari per i prossimi 10 anni per raggiungere i target definiti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla nutrizione, recepiti nell’Obiettivo Fame Zero dell’Agenda 2030.
L’Indice Globale della Fame segnala l’urgenza di favorire percorsi di sviluppo che rispettino gli impegni presi nell’Accordo di Parigi sul Clima e includano interventi di sviluppo sostenibile, anche con la trasformazione dei sistemi alimentari e azioni positive atte a mitigare il cambiamento climatico. L’Indice Globale della Fame, di cui Cesvi cura l’edizione italiana dal 2008, è realizzato da Welthungerhilfe e Concern Worldwide, organizzazioni nel network europeo Alliance2015.
Lia Curcio

Sono da sempre interessata alle questioni globali, amo viaggiare e conoscere culture diverse, mi appassionano le persone e le loro storie di vita in Italia e nel mondo. Parallelamente, mi occupo di progettazione in ambito educativo, interculturale e di sviluppo umano. Credo che i media abbiano una grande responsabilità culturale nel fare informazione e per questo ho scelto Unimondo: mi piacerebbe instillare curiosità, intuizioni e domande oltre il racconto, spesso stereotipato, del mondo di oggi.