Educazione sessuale a scuola: chi la fa? Come? Su quali argomenti?

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Si torna a parlare di progetti di educazione sessuale e all’affettività a scuola. Il ministro dell’Istruzione Valditara sta preparando un progetto che partirà a settembre, andando (parzialmente) a colmare un grande vuoto: in Italia, al contrario di quanto accade in gran parte d’Europa, questa formazione non è una materia obbligatoria. Le iniziative in corso sono parcellizzate e disomogenee rispetto a obiettivi, metodi o contenuti dei programmi. Segnaliamo qui i progetti più strutturati a livello nazionale. 

In reazione agli stupri di Palermo e del parco Verde di Caivano a danno di giovani adolescenti si torna a parlare di progetti di educazione sessuale e all’affettività a scuola: da cinquant’anni oggetto di grandi scontri ideologici, posizioni contrapposte e apparentemente inconciliabili. Dopo i casi di Palermo e Caivano, in cui rispettivamente una 19enne e due cuginette di 13 anni sono state stuprate da un gruppo di giovani uomini o adolescenti, in classe arrivano le lezioni contro la violenza di genere. È il piano che sta preparando il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, che partirà fin da settembre negli istituti scolastici di secondo grado. Il progetto del ministero prevede lezioni di “educazione alla sessualità” con focus sulla parità di genere e saranno gli stessi studenti a salire in cattedra, coinvolti attivamente. Ancora non è chiaro se il progetto riguarderà tutti gli studenti delle superiori, o solo quelli del triennio. In ogni caso, la novità si dovrebbe prolungare fino al 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

In Italia, al contrario di quanto accade in gran parte d’Europa, l’educazione alla sessualità e all’affettività non è una materia obbligatoria a scuola. In Svezia, per dire, lo è in tutte le scuole dal 1955.

Proposte naufragate

Nei decenni le diverse (non tante) proposte per introdurre l’educazione affettiva e sessuale tra i banchi di scuola (progetti di legge sono stati proposti in Parlamento a partire dal 1975), non si sono mai concretizzate. Nel 2015 il ministero della Salute e quello dell’Istruzione avevano sottoscritto un Protocollo d’intesa per la tutela del diritto alla salute e all’istruzione che prevedeva di promuovere un tavolo tra i rappresentanti dei due ministeri e tecnici esterni. Scopo: «Adeguare al sistema scolastico italiano le linee guida dell’organizzazione Mondiale della Sanità sugli standard per l’educazione sessuale in Europa». Anche di questo non c’è traccia.

«Nel frattempo tutto il discorso sull’educazione sessuale nelle scuole è nelle mani dei singoli dirigenti scolastici e dei singoli insegnanti, il che rende facoltativa ed episodica la realizzazione degli interventi educativi sulla sessualità», osserva Paola Marmocchi psicoterapeuta, responsabile degli Spazi Giovani dell’Azienda USL di Bologna e coautrice del libro Percorsi di educazione affettiva e sessuale per preadolescenti (Erickson).

Le singole regioni possono decidere di destinare fondi per istituire dei programmi di educazione alla sessualità e all’affettività nelle scuole che vengono tenuti da figure esterne all’ambito scolastico: si tratta di professionisti come medici, psicologi e biologi. Quale e là vengono proposti negli istituti, su iniziativa del dirigente scolastico, incontri e formazioni che vertono sulla parità di genere, sull’affettività e sulla sessualità consapevole. In altri contesti, al contrario, l’educazione sessuale è un tabù...

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