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Cambiare la finanza per cambiare l’Europa. Le proposte di Banca Etica
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Foto: Pressenza.com
Le proposte del Gruppo Banca Etica per i candidati al Parlamento Europeo. Piccole modifiche normative per trasformare l’industria finanziaria in un motore per un’economia di pace, la transizione ecologica e lo sviluppo dell’economia sociale
In decenni di storia la finanza etica è cresciuta moltissimo in tutta Europa, unendo risultati più che positivi dal punto di vista economico e finanziario con una piena coerenza nei valori e nei principi che la definiscono e che da sempre ne guidano le scelte. Alla luce di questa coerenza, legittimità e credibilità il Gruppo Banca Etica, membro fondatore della Federazione Europea delle Banche Etiche e Alternative FEBEA, formula alcune proposte concrete da mettere al centro dell’agenda europea dei prossimi anni per rispondere a tre delle maggiori sfide che l’Unione deve affrontare: la promozione della pace, la lotta ai cambiamenti climatici, il sostegno e la promozione degli attori dell’economia sociale.
In vista delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno, il Gruppo Banca Etica propone a tutte le persone che si candidano ad essere elette al Parlamento Europeo un confronto su misure legislative che – incidendo sul sistema finanziario – possano favorire la pace, la tutela dell’ambiente e la crescita dell’economia sociale.
Finanza per la pace
Gli investimenti in armi non possono essere dichiarati sostenibili; più trasparenza sul ruolo delle banche nel commercio di armamenti. L’intensificarsi dei conflitti – con l’aggressione della Russia all’Ucraina e con il conflitto in corso a Gaza – ha portato a una corsa al riarmo che impegna non solo la spesa pubblica ma regala profitti stratosferici ai produttori di armi, alle banche e alle società di investimento che li sostengono. Il movimento della finanza etica chiede che un settore delicato come quello della produzione e commercio di armamenti – che impatta violentemente sui diritti umani e sugli equilibri geopolitici e che, secondo il Sipri, è responsabile di oltre il 40% dei fenomeni di corruzione globale – sia sottoposto a regole speciali e rafforzate di trasparenza. La finanza etica, da sempre, esclude categoricamente qualsiasi finanziamento o investimento nell’industria bellica. Non chiediamo che tutto il sistema finanziario adotti questa regola, ma chiediamo che gli investimenti in armi siano esclusi da qualsiasi definizione di finanza sostenibile, contrariamente a quanto affermato di recente dai ministri della difesa dell’Unione.
Nel frattempo, in Italia il Governo ha deciso di smantellare la legge 185 del 1990 che regolamenta l’export di armi italiane nel mondo: se le modifiche saranno approvate i cittadini e il Parlamento non avranno più accesso alle informazioni sulle esportazioni di armi e su quali banche finanziano con profitto tali operazioni.
Chiediamo al prossimo Parlamento Europeo di varare una norma comunitaria che imponga alle banche e alle istituzioni finanziarie trasparenza sui loro affari con il commercio di armamenti. I cittadini e i risparmiatori così come le istituzioni devono sapere se la propria banca utilizza il loro denaro per finanziare commerci di armi non sempre trasparenti.
Anche una seria azione di contrasto ai paradisi fiscali andrebbe nella direzione di limitare le operazioni finanziarie meno chiare a supporto delle forniture di armi, oltre a reperire risorse per le politiche pubbliche più urgenti di cui l’Unione ha bisogno.
Finanza per l’ambiente
Rendicontare gli impatti avversi; percorsi vincolanti per chi si voglia dichiarare net zero.
Il ruolo della finanza nell’indirizzare l’economia verso modelli e soluzioni a basse emissioni ambientali è ormai riconosciuto da tutti. L’UE ha già fatto molto in questo campo: gli sforzi si sono purtroppo diluiti nel corso dei lavori e perfino gli investimenti sul gas e sull’energia nucleare vengono ormai qualificati come sostenibili. Molti studi hanno messo in luce dilaganti fenomeni di greenwashing da parte di istituzioni finanziarie che a parole dichiarano impegni verso la sostenibilità, ma continuano a finanziare massicciamente le fonti fossili...