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Brasile: dopo Lula, Dilma?
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Le elezioni presidenziali del prossimo 3 ottobre in Brasile di svolgeranno all'insegna della continuità, senza scossoni e novità di cambio politico. E' già designato il vincitore, anzi la vincitrice e questa sì è una importante “prima volta”: tocca a una donna - novità nella continuità - Dilma Rousseff che ha moltissime possibilità di vincere già al primo turno senza bisogno di un eventuale ballottaggio.
Beniamina dell'ancora per poco leader, Luis Ignacio da Silva detto Lula, e dunque diretta emanazione del suo entourage, della sua politica e della visione complessiva che ha informato il “lulismo” in questi otto anni al potere. E' una buona occasione per cercare di tracciare un consuntivo di quella che resta una leadership molto amata e popolare: l'ex operaio metalmeccanico della cintura industriale di San Paolo, cresciuto povero, conservando però anche negli anni della massima appariscenza sul palco della vita politica un tratto semplice, una simpatia naturale che lo lega alla sua gente - doti di una personalità, senza nessuna iattanza o soperchieria, certamente non comuni, nel panorama dei caudilli latinoamericani.
Lula si è rivelato uno straordinario comunicatore. Qualsiasi iniziativa è riuscito a “venderla” con estrema facilità. Lo spirito radicale degli anni giovanili, quand'era sindacalista inflessibile, ha lasciato spazio ad un pragmatismo che poco o niente concede alle esigenze dell'utopia. Un suo merito è senz'altro aver attuato programmi di politica economica che hanno consentito, in un contesto fortemente sperequato, una non facile redistribuzione del reddito nazionale a favore delle famiglie più povere, 20 milioni. “Lula - testimonia un missionario trentino, in Brasile da 25 anni - ha avuto il merito di aver tirato fuori dalla miseria i più miserabili e aver creato opportunità di lavoro per i più poveri”.
Con eccessi di populismo. Un atteggiamento fortemente assistenziale che mira a coprire i bisogni mettendo in secondo ordine i diritti (e i doveri). La famosa “bolsa familia”, un programma di assistenza per le famiglie più derelitte, garantisce un ausilio economico per ogni figlio senza insistere e dar corso a una seria educazione familiare alla procreazione e alla responsabilità; con il risultato che si fanno figli per intascare il sussidio, salvo poi abbandonarli al loro destino: i meninos de ruabrulicano nei centri e nei sobborghi delle metropoli!
Per non dire della scuola pubblica, un autentico fiasco. Della salute pubblica, un flagello. Della corruzione endemica e capillare nei gangli delle amministrazioni locali. Della sicurezza, gravissimo problema, visto che cresce il potere dei trafficanti di droga - spesso con connivenze nella polizia - in quasi tutti gli Stati della confederazione, per non dire di furti e rapine che aumentano a dismisura.
Non si può non accennare poi - in politica estera - delle simpatie imbarazzanti di Lula con alcuni dittatori come testimoniano le sue frequentazioni e alcune sue gaffes. Del tipo, a proposito dei prigionieri politici cubani in sciopero della fame: “Se i criminali in galera a San Paolo facessero lo sciopero della fame, dove andremmo a finire!”. Oppure, a chi gli ha chiesto un atto di solidarietà per l'iraniana Shakineh, condannata alla lapidazione perché adultera: “Se dovessimo intervenire in favore di coloro che violano la legge del loro paese, andrebbe tutto in vacca...”.
Ma il vulnus più vistoso si può rilevare nella metamorfosi stessa che ha subito il Pt (il Partido dos trabalhadores), il partito della sinistra non dogmatica nato dal movimento cattolico progressista e dal fermento sindacale negli anni '80. Dilaniato da correnti interne, fagocitato dall'elefantiasi degli apparati, ha spesso perso di vista quella che era la sua missione: il rapporto col mondo operaio, la rappresentanza nei confronti dei salariati agricoli, braccianti senza terra che a più riprese si sono sentiti abbandonati.
Il Movimento dei Sem terra ritiene che una seria riforma agraria sia l'unico strumento per garantire una vita dignitosa a milioni di famiglie e un decisivo deterrente per fermare, o attenuare, l'esodo inesorabile dalle campagne verso le favelas delle città. Su questo nodo gordiano i rapporti con Lula sono sempre stati “tesi ma fraterni”, avendo il presidente convinzioni opposte e divaricanti. Un atteggiamento di conservazione sostanziale del latifondo improduttivo. Insieme al fatto di privilegiare l'agro-business; liberalizzare l'uso degli ogm nelle colture di soia; andare avanti con i progetti di disboscamento dell'Amazzonia.
Ora tocca a Dilma Rousseff occupare il palazzo di Planalto. Saprà l'ex guerrigliera, che negli anni giovanili si è battuta contro la dittatura militare, andare oltre Lula, insistere sulle riforme sociali, rendere il subcontinente meno sperequato, attuare politiche di maggiore dignità della donna, vera spina dorsale dei nuclei familiari, dare un futuro ai ragazzi di strada?