Biomasse legnose e qualità dell’aria

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Come da tempo accade praticamente ogni inverno, anche in questo, nonostante le limitazioni imposte dal Covid-19, l’inquinamento atmosferico è tornato a preoccupare. “Una guerra” che fa 80mila vittime l’anno solo in Italia e che peggiora quando la climatizzazione degli edifici e le emissioni degli impianti di riscaldamento si sommano al contributo inquinante del traffico veicolare e delle combustioni industriali. Il riscaldamento di casa è da sempre uno dei responsabili dell’inquinamento atmosferico del nostro Paese e l’impatto degli impianti di riscaldamento più tradizionali è molto significativo. Secondo i dati raccolti nel 2020 dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) riportati in uno studio comparativo sulle emissioni di apparecchi a gas, gpl, gasolio, pellet e legna di Innovhub - Stazioni Sperimentali per l’Industria esiste un importante impatto negativo sulla qualità dell’aria determinato dall’incentivazione dell’utilizzo delle biomasse. Questi risultati sono validati dall’attendibilità dei dati relativi alle emissioni determinate sperimentalmente e periodicamente aggiornate sulla base dell’evoluzione tecnologica degli impianti e della qualità dei combustibili. Per Gabriele Migliavacca, Responsabile del Laboratorio Emissioni di Stazioni Sperimentali per l’industria, “in questi ultimi decenni la rielaborazione delle serie storiche dei dati dell’Inventario Ispra sulle emissioni totali dei differenti settori inquinanti ha condotto ad una significativa rivalutazione del peso del riscaldamento domestico, in particolar modo per quanto riguarda il particolato (PM), gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e le diossine (PCDD-PCDF)”. 

Secondo lo studio di Innovhub “si osserva una marcata differenza fra i vari combustibili, con un incremento progressivo di due ordini di grandezza nelle emissioni di PM passando dai combustibili gassosi e il gasolio al pellet e di un altro passando dal pellet alla legna da ardere […]. Nel caso degli ossidi di azoto le differenze sono meno marcate, anche se i valori relativi al pellet sono circa tre volte quelli rilevati per i combustibili gassosi. Nel caso degli ossidi di zolfo è invece il gasolio da riscaldamento a mostrare un fattore di emissione nettamente superiore a tutti gli altri combustibili, per effetto dello zolfo in esso presente. I valori di ossidi di zolfo ricavati per i combustibili gassosi risultano da 3 a 40 volte inferiori rispetto al pellet e da 10 a 30 volte inferiori rispetto alla legna”. Le caratteristiche tecniche degli apparecchi a pellet  di alta gamma e nuovi sono significativamente influenti: “nel caso degli apparecchi di bassa gamma sono state misurate concentrazioni di PM più che doppie rispetto a quelli di alta gamma”, e la qualità del pellet “influenza notevolmente le emissioni di PM delle stufe”. I valori inquinanti possono, infatti, più che triplicare passando a un pellet di qualità inferiore. Dallo studio emerge in modo significativo il pericoloso impatto ambientale delle biomasse, ma alla lunga ciò sembra indipendentemente dalla qualità del combustibile utilizzato e dal livello tecnologico delle stufe, visto che l’insorgere di fenomeni di instabilità e degenerazione delle prestazioni può presentarsi anche con apparecchi di alta gamma e con pellet di buona qualità.

Si tratta di dati e considerazioni non nuove, ma quello che forse più sorprende è il livello di inquinanti all’interno delle case, dove spesso le persone sono esposte ad alti livelli di PM2,5 e PM1 durante l’utilizzo di apparecchi alimentati a biomasse legnose. Questa esposizione,  particolarmente dannosa per la salute di bambini e anziani, è stata rilevata da uno studio pubblicato a fine 2020 e condotto dall’Università di Sheffield nel Regno Unito, andando a misurare i livelli di particolato rilasciato da stufe e camini all’interno delle abitazioni, attraverso sensori posizionati in prossimità di 20 apparecchi certificati rispetto ai limiti di emissioni imposti dal governo britannico. Come in Europa questi standard misurano però, solo l’inquinamento prodotto all’esterno. I ricercatori hanno analizzate le concentrazioni di PM all’interno delle abitazioni e la loro relazione con gli aspetti di gestione dell’apparecchio. Le famiglie partecipanti allo studio hanno compilato un diario al fine di fornire informazioni, ad esempio sul tempo in cui l’apparecchio è stato acceso, la quantità e il tipo di combustibile legnoso utilizzato. I dati raccolti dimostrano che “le concentrazioni medie giornaliere di PM all’interno della casa durante l’utilizzo della stufa erano più alte del 196,23% per il PM2,5 e del 227,80% per il PM1 rispetto al periodo di non utilizzo” e che “se l’apparecchio veniva ricaricato più di una volta durante un singolo utilizzo, le concentrazioni orarie massime di PM arrivavano ad essere più alte del 250-400%”. Durante l’accensione dell’apparecchio, in media 4 ore per tutte le famiglie, il livello medio di particelle saliva a valori tra i 27 e i 195 microgrammi per metro cubo d’aria, dove il limite indicato dell’OMS è di 25 in 24 ore. Per i ricercatori l’apertura dello sportello della stufa è il principale meccanismo per introdurre PM in casa, visto che ogni volta che viene aperto vengono rilasciate nell’ambiente grandi quantità di PM.

Sulla base di questi risultati, gli autori dello studio raccomandano di prestare particolare attenzione alle stufe in commercio e raccomandano alla politica di intervenire al più presto con norme precise: “le nuove stufe siano accompagnate da un’avvertenza nel punto vendita al fine di indicare agli utenti i rischi per la salute”. La cucina economica della nonna e l’utilizzo della legna hanno un fascino antico, oltre ad utilizzare una fonte energetica rinnovabile, ma il loro impatto sull’inquinamento ambientale e domestico è un evidente pericolo per la nostra salute! Per Francesco Ferrante, vice presidente di Kyoto Club, se abbiamo intenzione di riscaldare utilizzando le biomasse legnose come legna, cippato e pellet "è indispensabile almeno sostituire i vecchi apparecchi con quelli di nuova generazione, che abbattono le emissioni fino all’80%”. Rottamare le vecchie stufe a legna e pellet è un tassello fondamentale e strategico nella lotta all’inquinamento, ma accanto alla rottamazione dei vecchi apparecchi devono esserci una corretta installazione, una manutenzione costante ed un uso responsabile di biomasse, sempre certificate e di buona qualità. 

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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