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Anziani, utili per l’Europa, anzi necessari
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L’Europa è un continente sempre più anziano, e la tendenza all’invecchiamento della popolazione sembra essere un fenomeno inarrestabile. Numerose statistiche rilevano che il numero degli ultrasessantacinquenni raddoppierà nei prossimi 50 anni, tendenza che, in Italia soprattutto, sta finendo per accentuare e aggravare una delle discriminazioni più comuni e diffuse, ma di cui si parla molto poco: quella, appunto, dell’anziano in settori come il lavoro, l’accesso alle cure, all’assistenza e ai servizi. Tanto che è stato coniato pure un neologismo per questa forma di esclusione: “ageism“. Così, affinché il nuovo Parlamento europeo s’impegni in un dibattito costruttivo nella difesa e promozione di una delle categorie più vulnerabili nella nostra società, la rete Age Platform Europe ha lanciato e promosso un manifesto indirizzato ai candidati alle ormai prossime elezioni, con lo slogan: “Per un’Europa accogliente e amica delle persone anziane”. Ma cosa significa?
Significa “puntare allo sviluppo e alla creazione di ambienti accoglienti, amici e sodali per le persone anziane in tutta l’UE”, ma non come mera assistenza, bensì come investimento: “una risposta – affermano i promotori della rete Age – efficace equa e sostenibile per affrontare, anche da questo punto di vista, l’attuale crisi economica e sociale, nonché il notevole e rapido cambiamento demografico“. Oggi, infatti, non solo la vita media si allunga – in Italia siamo arrivati a una media di 84 anni per le donne e 79 per gli uomini – ma “sempre più anziani sentono di avere ancora molto da dare e da fare: rimanendo attivi, possono senz’altro contribuire alla crescita sostenibile della società”.
Un tema a cui l’Europa stessa non è certo estranea: il 2012, infatti, è stato proprio l’anno europeo per la promozione dell’invecchiamento attivo, cammino che le associazioni non vogliono interrompere. Ed ecco che i principali punti del Manifesto Age sono: l’accesso degli anziani a cure di qualità, alloggi adeguati e pratiche per l’invecchiamento attivo; il diritto di crescere e invecchiare in buona salute fisica e mentale; la creazione di mercati del lavoro capaci di rispondere positivamente alla condizione di lavoratore over 50; un maggior coinvolgimento delle persone anziane in tutti i processi politici e di ricerca che li riguardano; l’accesso universale a beni e servizi, alle tecnologie, alla mobilità, con la garanzia di proteggere il diritto per tutti di vivere e morire con dignità. “Il Manifesto è certo ambizioso – spiega il coordinatore di Age Platform Italia, Elio D’Orazio – ma ne abbiamo bisogno, dato che promuovere la solidarietà tra le generazioni e mantenere saldi i sistemi di protezione sociale sono strettamente connessi alla ripresa dell’economia”.
Anche per questo, dicono i portavoce di Age, l’Italia ha il dovere di impegnarsi in prima linea. Secondo il Rapporto Istat “Noi Italia“, siamo infatti il paese più anziano d’Europa, secondo solo alla Germania, con rispettivamente 148,6 e 155,8 anziani ogni cento giovani. Sempre nel contesto europeo, l’Italia si colloca tra i paesi con più bassa fecondità, con 1,42 figli per donna. Per questo si dice che nel 2050 la popolazione attiva raggiungerà l’equivalenza con la schiera dei pensionati e degli under 14 a carico delle famiglie, con una percentuale elevatissima di over 85 con tassi di invalidità e dipendenza stimati intorno al 40%. Se già oggi il nostro welfare ha rivelato la sua totale inadeguatezza – mitigata per fortuna dalle reti di solidarietà che nascono dal basso, dal mondo delle famiglie e delle associazioni – la qualità della vita dell’anziano costituisce, di conseguenza, una delle maggiori sfide della nostra civiltà, nel presente e nel futuro prossimo.
Sfida che l’Italia, almeno per ora, non ha raccolto. Di recente lo stesso Consiglio d’Europa ha bacchettato il nostro paese denunciando importanti carenze nel rispetto di alcuni articoli della Carta Sociale Europea per quanto riguarda protezione e tutela dei diritti degli anziani (art. 23): il primo richiamo arriva innanzitutto per le pensioni minime, inferiori di circa 140 € rispetto alla media europea (532 € contro una media Eurostat di 665 €). Sono poi giudicate insufficienti le misure di integrazione economica per i redditi da pensione più bassi, come la Social Card, sui cui benefici reali c’è carenza di dati, così come mancano quelli riguardanti gli abusi di cui gli anziani possono essere vittime, sia in ambiente domestico che istituzionalizzato. Ancora, il Consiglio ha sottolineato serie mancanze nell’assistenza sociale e sanitaria, soprattutto nelle regioni del sud: quasi la metà delle risorse economiche disponibili vengono infatti usate per l’accudimento degli anziani in strutture residenziali, a scapito dei servizi domiciliari (qui i dati Istat documentano un 4,9% contro una media europea arrivata al 13% nelle stime più recenti).
Insomma, c’è ancora molto da fare, ma i rappresentanti di Age Platform Europa non hanno intenzione di stare a guardare: oltre all’impegno quotidiano, la rete – istituita nel 2001 e che conta circa 150 organizzazioni – ha creato una Guida in cui gli anziani possono trovare tutte le informazioni, non solo sul contributo che l’UE può dar loro, ma anche su come loro stessi possono influenzare le politiche dell’UE. Inoltre, anche con l’obiettivo di incoraggiare gli anziani europei ad andare alle urne, Age chiede anche il ripristino dell’intergruppo parlamentare sull’invecchiamento e la solidarietà tra generazioni, al fine di poter mantenere tali questioni in cima all’ordine del giorno del Parlamento Europeo dopo il 2014.
“Siamo convinti che sia arrivato il momento di costruire una Unione Europea per tutte le età – termina D’Orazio – Gli anziani non devono stare al margine ma essere protagonisti consapevoli e integrati nella società, che a sua volta deve valorizzare le loro potenzialità”.