15 agosto, l’India celebra la sua identità

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Orissa (India). È mezzanotte, fra il 14 e il 15 agosto 1947 e l'India si proclama indipendente. Fine dell'asservimento all'impero britannico. Una notte speciale, indimenticabile come racconta “I figli della mezzanotte” di Salman Rushdie: la storia di mille bambini nati in quella notte unica e tanto attesa, tutti con poteri magici.

Qui in India in 15 agosto è una giornata molto speciale. Al mattino, fra le 8 e le 9, si fa l'alzabandiera. Scuole, uffici, case, fabbriche, negozi. Tutti in cerchio intorno a un palo, un bastone, un ramo di bambù eretti verso il cielo. Gli sguardi in alto. La divisa. La fierezza e la commozione.

Io ho festeggiato in Orissa, alla Rudraksha, una scuola di danza classica indiana odissi, un gurukulam, dove i ragazzi convivono col guru.

Molti di loro si sono messi una dhoti (un pareo avvolto intorno ai fianchi e poi portato su una spalla) arancio o gialla per la pooja, hanno acceso incensi e raccolto fiori. Poi i fiori sono stati posizionati nella bandiera raccolta a fagotto, legati con un doppio filo. C'è stata anche una piccola discussione su quale colore dovesse stare sotto e quale sopra, fra il verde e l'arancio. Poi tutti d'accordo: il verde sotto, poi il bianco con la ruota e in alto l'arancio. Intanto altri ragazzi hanno decorato l'ingresso della scuola con polveri colorate. Si chiamano rangoli i disegni simmetrici e augurali con cui si accolgono gli ospiti. Prima si traccia il contorno bianco, poi lasciando scivolare lentamente la polvere fra l'indice e il pollice si colora il resto. Fiori e forme geometriche. Petali e onde.

Poi i ragazzi si sono cambiati e hanno indossato kurta tradizionali con sotto i jeans. Tutto profuma di pulito anche se l'umidità è del 90% e stiamo tutti sudando parecchio.

In seguito c'è stato il momento solenne dell'alzabandiera. Il secchio di plastica con il palo posizionato al centro del rangoli. Tutti in cerchio a naso in su. Il più vecchio intento a issare la bandiera, fra cavi e fili elettrici bassi e attorcigliati. Ma il meccanismo del lancio dei fiori non ha funzionato. Allora si è riportato in basso il fagotto e si è modificato con qualche accorgimento. Poi di nuovo su. I fiori si sono aperti in alto e sono caduti a pioggia sulle nostre teste come coriandoli ma più leggeri. A quel punto i ragazzi hanno cantato l'inno nazionale. In India si canta molto spesso. E non solo in occasioni ufficiali. Ad esempio, prima della proiezione dei film al cinema, a Mumbai si proietta un video con l'inno e con le immagini delle diverse forze militari e tutti stanno in piedi. Ma anche prima di una cerimonia o di un rito. O di una festa.

Dopo il canto, relax e auguri. Ci si siede tutti insieme a mangiare dei piccoli dolci fritti che ricordano un po' i nostri sfruffoli. Intanto in tv il primo ministro Narendra Modi fa il suo discorso alla nazione.

Dopo è il momento di un film di Bollywood Anni Settanta. Un altro modo di celebrare l'indianità. L'orgoglio e la fierezza di un Paese con un'identità fortissima pur nella diversità di etnie, religioni, lingue, storie. Per strada i bambini camminano con le maestre portando piccole bandiere. I rickshaw esibiscono il loro tricolore. I clacson si fanno sentire più del solito e dagli scooter alle bici ci si scambiano sorrisi e gesti di gioia. E la festa continua. I supermercati sono affollati. E le linee telefoniche e di internet sono intasate: tutti si scambiano gli auguri con i parenti che vivono da altre parti dell'India o all'estero. Anche questo fa sentire più vicini. E nel pomeriggio si fa una visita a qualche amico o a qualche parente. Si portano dei dolci e si beve chai, tè zuccherato col latte. Anche questo è India.

Francesca Rosso

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