L’India si tinge di arancione, il potere a NaMo

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“TsuNaMo” è il titolo dello speciale elezioni indiane dell’Hindustan Times. Ed è proprio così: un’onda di successo travolgente per NaMo, Narendra Modi, il leader nazionalista del Bharatiya Janata Party (BJP) che ha conquistato la maggioranza assoluta con 282 seggi, più dei 272 seggi necessari su 543.

Non succedeva da 30 anni che un partito riuscisse a conquistare da solo la maggioranza parlamentare: da quando il Partito del Congresso della dinastia Gandhi, oggi spazzato via con meno di 50 poltrone in Parlamento, ottenne 400 seggi sull’onda emotiva dell’assassinio di Indira. Sono state le più lunghe elezioni nella storia del Paese, dal 7 aprile al 12 maggio. E, quelle con la partecipazione record di 551 milioni di votanti, pari al 66,38% dell’elettorato.

Una voce stentorea, una campagna martellante sostenuta dai gruppi industriali finanziari che vogliono un governo forte e stabile: NaMo ha conquistato le folle in una campagna costosissima, 457 comizi e 300 mila chilometri percorsi soprattutto in elicottero. Il fior di loto e il color zafferano, simbolo del nazionalismo hindu militante. 

Ex commerciante di tè, 63 anni, NaMo è una figura che divide, soprattutto dopo le stragi di musulmani in Gujarat del 2002, quando era governatore di quello Stato, che gli costarono gli attacchi del Congresso e il rifiuto del visto negli Stati Uniti.

Mentre Modi trionfa, il Partito del Congresso, guidato da 4 generazioni dalla famiglia Gandhi, accetta la sconfitta. Il figlio di Sonia Ghandi (moglie di Rajiv, nuora di Indira che poi era la figlia di Nehru, il primo premier dell’India indipendente), Rahul, non è certo un leader carismatico, sembra chiedersi “che ci faccio io qui?” persino sui manifesti elettorali. Infatti la base sembra preferire Priyanka, la sorella minore, dotata di iniziativa e ottima oratoria. Ha dichiarato il portavoce del Congresso: “Modi ha promesso la luna e le stelle al popolo. E il popolo ha comprato un sogno”.

Ed ecco i dettagli del sogno che Modi vuole condividere con un miliardo e duecento milioni di indiani: città moderne ed efficienti, treni superveloci, agevolazioni fiscali per gli imprenditori, snellimento della burocrazia, edilizia, fabbriche, miniere che preoccupano gli ambientalisti.

Questi gli obiettivi del “Modi rally” per i prossimi 5 anni: crescita del PIL dell’8-9% come prima del 2008 (negli ultimi anni è stato del 5%), freno all’inflazione e creare occupazione per i giovani (l’età media degli indiani è di 27 anni) sono i suoi obiettivi. Tra il 2010 e il 2012 l’occupazione è cresciuta solo di due milioni, mentre nei primi 5 anni del millennio di 8 milioni. Insomma priorità all’economia.

L’India è al 134esimo posto nella classifica dei Paesi in cui è facile aprire un business secondo la Banca Mondiale. Bisogna snellire la burocrazia e ricapitalizzare il sistema bancario attraverso il risparmio per attirare investimenti. Anche l’agricoltura merita attenzione: sono troppi gli sprechi di cibo dalla fattoria al piatto.

“Ci vorranno 10 anni, non troppo - ha detto il leader del BJP – per strappare a Cina e USA la palma di potenza mondiale”.

Oggi, 21 maggio, è il giorno del giuramento. Modi è già andato a Varanasi, la città santa degli induisti, per una preghiera e la benedizione sulle rive del Gange.

Il prossimo Lok Sabha (Camera bassa) del Parlamento indiano stabilirà un record perché avrà fra i suoi membri 61 donne, il numero più alto da quando si è cominciato a votare nel 1952. La presenza di deputati musulmani sarà, invece, la più bassa della storia: solo 24 contro i 30 presenti nella legislatura precedente, il 4,4% della forza della Camera. Fra voglia di futuro e spettri di intolleranza, riuscirà NaMo a conciliare le contraddizioni del Paese?

Francesca Rosso

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