Olimpiadi 2008: Adidas e Nike sfruttano i lavoratori in Cina

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Adidas, sponsor dei Giochi Olimpici di Pechino e di numerose squadre nazionali, ma anche Nike e New Balance sono le ditte denunciate dal rapporto della Play Fair Campaign 2008 (PF08) per "violazioni dei diritti dei lavoratori" del settore dell'abbigliamento sportivo. Rilanciato in Italia dall'associazione 'Abiti Puliti', il rapporto "Vincere gli ostacoli" (in .pdf) rivela come le ditte spendano milioni di euro in sponsorizzazioni mentre i lavoratori continuano ad essere sottoposti ad orari di lavoro massacranti e ricevono salari da fame. "In Cina i lavoratori incollano le scarpe sportive per meno di 2 dollari al giorno e cuciono palloni per 50 centesimi di dollaro l'uno".

Al centro dell'inchiesta la ditta Yue Yuen produttore di Hong Kong che fabbrica 1/6 delle scarpe mondiali per oltre 30 multinazionali. "Nel 2007, Yue Yuen gestiva in Cina 210 linee di produzione che davano lavoro al 70% della manodopera totale impiegata dall'azienda. Si stima che nei prossimi anni la Cina continuerà a essere il maggior produttore di Yue Yuen, anche se alcune linee potrebbero essere trasferite nelle zone interne del paese dove la manodopera costa ancora meno, e altre siano in fase di trasferimento in Vietnam e Indonesia" - afferma il rapporto. Pur avendo alle spalle 15 anni di codici di condotta dei committenti, e dal 2005 il proprio codice di condotta e un programma per la responsabilità sociale di impresa, Yue Yuen non paga ancora un salario dignitoso ai propri dipendenti. "Addirittura in molti casi i lavoratori non ricevono nemmeno il salario minimo garantito per legge" - rivela Play Fair. "In due dobbiamo incollare 120 paia di scarpe all'ora" - afferma una lavoratrice della fabbrica Yue Yuen di Dongguan in Cina. "Lavoriamo senza tregua e se non siamo abbastanza veloci, non riusciamo a fornire suole per la fase successiva. E se rallentiamo, rallenta tutta la catena di montaggio. Per questo i supervisori ci stanno addosso, ci assillano continuamente".

Il rapporto fa luce anche sulle condizioni dei lavoratori che cuciono palloni sportivi in Thailandia, India e Cina. Alla Joyful Long sul Delta del fiume Pearl in Cina che fornisce Adidas, Nike, Umbro e Fila, lo straordinario può arrivare a 232 ore al mese mentre i salari medi sono quasi la metà del minimo legale. "Non abbiamo risparmi perciò non abbiamo soldi per le emergenze. Una volta ho dovuto impegnare la mia bombola gas per la cucina per avere il denaro necessario a curare mia moglie in emergenza. La situazione è simile per tutti noi. Un mio amico ha venduto persino il suo sangue per avere i soldi necessari a fronteggiare una emergenza" - dice un confezionatore di palloni a domicilio in India.

Il rapporto stilato sulla base di più di trecento interviste a lavoratori del settore sportivo in Cina, India, Thailandia e Indonesia mostra che le violazioni dei diritti dei lavoratori nel settore sono ancora la norma. "Questo rapporto presenta azioni e obiettivi molto chiari per l'intero settore sportivo finalizzati a cambiare le condizioni di lavoro migliaia di lavoratori nel mondo, a partire dalla necessità di avere libertà di associazione sindacale e negoziazione, parte integrante del lavoro anche sindacale fatto in questi anni con i codici di condotta" - dichiara Valeria Fedeli, Presidente della Federazione Sindacale Europea del Tessile Abbigliamento e Cuoio, membro del ITGLWF (Sindacato Internazionale dei Lavoratori Tessili), una delle organizzazioni che ha coordinato la campagna Play Fair 2008. "Pensiamo che le imprese debbano raccogliere questa sfida e dimostrare che vogliono davvero mettere in campo politiche di responsabilità sociale che incidono sulle condizioni reali dei lavoratori impiegati nelle filiere produttive internazionali" - aggiunge Deborah Lucchetti, presidente di Fair e coordinatrice nazionale della Campagna Abiti Puliti - la Clean Clothes Campaign italiana.

Attraverso la petizione sul sito www.catchtheflame.org la Campagna chiede condizioni dignitose per i lavoratori che producono per le Olimpiadi. "Partecipando alla staffetta alternativa della torcia tutti possono mandare un messaggio chiaro: se vogliamo che i Giochi Olimpici siano equi, devono innanzitutto essere dignitose le condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici che producono per le Olimpiadi" - conclude la Play Fair Campaign. [GB]

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