Focsiv: tutelare l'agricoltura, ma non a scapito dei Paesi poveri

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"Sì alla protezione dell'agricoltura europea, ma non a scapito dei Paesi poveri". E' la posizione espressa in un comunicato della Focsiv dopo l'apertura lunedì scorso a Ginevra dei negoziati dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) che hanno l'obiettivo di portare a conclusione il Doha Development Round.

"Sebbene comprendiamo la preoccupazione del comparto agricolo italiano che ha dichiarato di non appoggiare un accordo a tutti i costi per non svendere l'agricoltura italiana ed europea, e sebbene comprendiamo la richiesta che maggiori sforzi vengano compiuti anche dai paesi emergenti, come Focsiv vorremmo ricordare che la conclusione del Doha Round porta con sé implicazioni politiche - commenta Sergio Marelli, Direttore Generale di Volontari nel mondo-Focsiv. "Essa, infatti, rappresenta il banco di prova per la tenuta del sistema multilaterale. L'Organizzazione mondiale del commercio con tutti i suoi difetti rimane l'unico foro che raccoglie 153 stati, con il ruolo crescente dei paesi emergenti nell'economia globale, e dove è in ballo la capacità di negoziare un accordo comune".

"Per molti - continua Marelli - il Doha Round anticipa dinamiche e modalità che ritroveremo anche sull'accordo per il clima che dovrà essere negoziato il prossimo anno. D'altra parte, le grandi sfide della crisi economica, i movimenti dei capitali, la governance dei mercati finanziari e la crisi climatica non si possono affrontare se non con risposte globali, con il dialogo e la cooperazione". "Ecco perché è importante credere nella conclusione di questo accordo e lavorare tutti per dare priorità alle questioni più urgenti, ovvero risolvere i problemi di milioni di persone che ancora vivono di agricoltura ma che paradossalmente muoiono di fame" - sottolinea Marelli.

In chiaro contrasto con le dichiarazioni del ministro dell'Agricoltura, Luca Zaia che ha attaccato duramente l'accordo affermando che "dobbiamo difendere le nostre produzioni e con esse la nostra identità, convinti che chi viene nel nostro mercato debba rispettare le nostre regole", il Direttore Generale della Focsiv sostiene che "non possiamo parlare ora di dumping dei prodotti dal sud quando l'Europa per anni ha sovvenzionato le esportazioni nei paesi del sud per smaltire le proprie eccedenze agricole causando la perdita di lavoro a milioni di agricoltori che operavano su piccola scala e che hanno dovuto cessare le loro produzioni perché non riuscivano a competere con i prodotti europei venduti sottocosto nei loro paesi. Né possiamo strumentalizzare la crisi alimentare perché è altrove che i poveri sono scesi in piazza perché non avevano più da mangiare. Occorre tutelare la nostra agricoltura ma anche quella dei paesi più poveri".

"Quello di Doha è il Round per lo sviluppo e secondo gli accordi prevede: l'eliminazione di tutti i sussidi all'esportazione, la possibilità per i Paesi meno avanzati di definire una lista di prodotti speciali da esonerare dalla ulteriore liberalizzazione, l'accesso al mercato europeo dei prodotti provenienti dai paesi meno avanzati senza dazi e senza quote. Tuttavia numerose eccezioni rischiano di vanificare la portata di queste misure" - conclude Marelli. "Occorre quindi non solo proseguire nel negoziato, ma sanare tutte le deroghe che limitano la portata di tali decisioni. Se i paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) hanno accesso ai mercati europei senza dazi e quote, infatti, dalle statistiche emerge che sono esonerati riso, banane, e zucchero dai prodotti consentiti, e che la quota maggiore di prodotti ACP verso l'Europa sono petrolio e materie prime".

Nei giorni scorsi le associazioni della società civile italiana dell'osservatorio Tradewatch avevano messo però in guardia che "se il Doha Round verrò concluso, i principali beneficiari della liberalizzazione saranno le grandi imprese, ma con pesanti ripercussioni sull'ambiente e sui lavoratori, gli agricoltori, le donne, i consumatori di tutto il pianeta". Tra le conseguenze negative che Tradewatch indica la "perdita di posti di lavoro, de-industrializzazione di intere aree, che rimarranno precluse ad un vero sviluppo sociale ed ambientale per i decenni a venire". I Paesi ricchi chiedono ai cosiddetti paesi in via di sviluppo l'apertura di "nuovi accessi al mercato" che significa abbattimento dei dazi su manufatti e sullo sfruttamento delle risorse naturali - sostiene Tradewatch che ha aperto una rassegna stampa sui negoziati in corso. [GB]

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