www.unimondo.org/Guide/Salute/Droghe/Cocaina-dove-sei-257089
Cocaina dove sei?
Droghe
Stampa

Foto: Unsplash.com
Che se ne monitorassero i comportamenti, se ne raccogliessero campioni, se ne tracciassero gli spostamenti, si pescassero, se ne richiedessero parti specifiche per la medicina tradizionale o per le zuppe… lo sapevamo. Ma che gli squali fossero testati per la cocaina questo proprio non ce lo aspettavamo. Eppure è accaduto, ed è il risultato di una ricerca curata da un gruppo di scienziati brasiliani che ha messo in luce come il nostro consumo di droghe (peraltro illegale eh, vale la pena ricordarlo!) inquini anche i mari.
Ma andiamo con ordine. Lo studio si è concentrato sugli ecosistemi acquatici, in particolare sullo squalo del Brasile dal muso affusolato (Rhizoprionodon lalandii), rilevando livelli considerevoli di contaminazione da cocaina e benzoato d'ecgonina (il principale metabolita della cocaina): dalla dissezione di 13 individui catturati nelle reti di pescatori al largo delle spiagge di Rio de Janeiro è emerso che tutti quanti gli esemplari erano positivi alla droga. Se studi precedenti avevano già rintracciato cocaina non solo nelle acque di fiumi, mari e liquami (e le coste europee non erano escluse), ma anche in alcune creature marine, come per esempio i gamberetti, altre ricerche condotte separatamente e in tempi più recenti hanno messo in chiaro che il problema è molto più esteso di quanto si pensi: effetti tossicologici di rilevanza non trascurabile coinvolgono anche cozze, ostriche e anguille nello Stato brasiliano di São Paulo. Qual è la novità aggiunta da questo recente tassello che riguarda gli squali? Che i livelli intercettati sono 100 volte maggiori di quelli mai riscontrati in altri animali marini.
Come la cocaina sia finita dentro gli squali rimane al momento ancora da chiarire, ma chiamarlo un vero e proprio mistero sarebbe per lo meno ingenuo dato che alcune possibilità sono state vagliate e appaiono decisamente papabili: una di queste è che la droga sia “semplicemente” caduta in mare durante il trasbordo o che sia stata abbandonata volontariamente dai trafficanti per evitare di essere colti con le mani nel sacco dalle autorità. Seppure il Brasile non produca grandi quantità di cocaina, ne rimane comunque uno tra i maggiori esportatori, con carichi di tonnellate diretti verso l’Europa in seguito allo sfiancante lavoro (!) di una delle gang più potenti, la PCC (Primeiro Comando da Capital).
Una delle opzioni considerate dai ricercatori dell’Istituto Oswaldo Cruz che ha coordinato lo studio è però anche quella che immagina il viaggio della droga direttamente dai corpi umani (o dalle raffinerie clandestine) ai condotti fognari al mare… e agli squali. Certo, indipendentemente da dove tutta questa droga sia arrivata (cosa che non è ancora possibile determinare con certezza), l’aspetto inconfutabile è il risultato: la cocaina ha solitamente vita breve nell’ambiente e il fatto che sia stata ritrovata negli squali indica che la quantità di droga che arriva al biota, ovvero al complesso degli organismi viventi che occupano un determinato spazio in un ecosistema, è davvero alta. Ciò desterebbe già sufficiente preoccupazione, se non si aggiungesse il fatto che lo squalo è una componente abbastanza comune della dieta brasiliana, aumentando di molto la possibilità che questi residui tornino dagli squali a lì dove sono partiti, e cioè all’uomo.
“L’impatto”, ha dichiarato a The Guardian Enrico Mendes Saggioro, primo autore dello studio pubblicato sulla rivista «Science of The Total Environment», “rimane ancora sconosciuto per l’uomo, e sarà il focus di studi successivi. Ma è un campanello d’allarme importante”, non solo perché la specie di squalo in questione è in lista IUCN come “vulnerabile” e la cocaina nei pesci causa gravi danni ai sistemi endocrino e visivo, riducendo drasticamente l’attività locomotoria (a differenza di quanto accade per il corpo umano, dove essa viene invece stimolata), ma anche perché i danni provocati dalle droghe incidono anche sugli equilibri ambientali, sia per la messa in circolo di rifiuti tossici nelle acque di scarico, sia perché spesso le coltivazioni illegali si nascondono in luoghi remoti e poco popolati, e quindi con più probabilità che ospitino maggiore biodiversità… decisamente a rischio di compromissione.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.