Padre Paolo Dall’Oglio. Un anno di speranze, il diritto a sapere

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La crudeltà ultima dell’incertezza se ancora sperare o piangerlo. La famiglia del padre gesuita Paolo Dall’Oglio rapito in Siria ha rivolto un appello ai suoi rapitori perché facciano conoscere la sua sorte a un anno dalla scomparsa. La disumanità dei sequestratori, l’umiltà nobile dei familiari

L’appello della famiglia inviato all’Agenzia ANSA. “È oramai passato un anno da che non si hanno più notizie di nostro figlio e fratello Paolo, sacerdote, gesuita, italiano, scomparso in Siria il 29 luglio 2013. Tanto, troppo tempo anche per un luogo di guerra e sofferenza infinita come la Siria”. L’appello così prosegue: “Chiediamo ai responsabili della scomparsa di un uomo buono, un uomo di fede, un uomo di pace, di avere la dignità di farci sapere della sua sorte. Vorremo riabbracciarlo ma siamo anche pronti a piangerlo”. Difficile trovare parole più composte e dirompenti di queste.

Oggi 29 luglio -dicono ancora fratello e sorella di padre Dall’Oglio- “Ad un anno dalla scomparsa, in tanti pregheremo e saremo vicino a lui, a tutti i rapiti, agli ingiustamente imprigionati e alle tante persone che soffrono a causa di questa guerra”. Padre Paolo, che ha vissuto decenni in Siria prima di esserne espulso nel 2012, era tornato nel nord del Paese, a Raqqa, nelle mani dei jihadisti dello Stato islamico, per tentare una mediazione per il rilascio di alcuni attivisti siriani fatti prigionieri. Da allora voci che lo davano per ucciso o in buona salute senza essere sostenute da prove concrete.

Padre Piero, che compirebbe 60 anni il prossimo 17 novembre, ha impegnato gran parte della sua vita nel dialogo con le altre fedi, e in particolare con l’Islam. Prima del suo sequestro Dall’Oglio era noto per aver rifondato negli anni ’80 in Siria, la comunità monastica siriaca Mar Musa, costruita nell’XI secolo attorno a un antico romitorio occupato nel VI secolo da San Mosè l’Abissino. Nel 1992 vi fondò una comunità ecumenica mista, con aderenti di confessione cattolica sia ortodossa, impegnata nella promozione del dialogo islamico-cristiano, diventato una vera ragione di vita.

Dopo l’esplosione nel 2011 delle sommosse popolari in Siria contro il regime di Bashar al-Assad, Dall’Oglio aveva sostenuto una soluzione pacifica verso una svolta democratica basata sul consenso delle diverse componenti sociali e religiose. Ma il regime ne aveva deciso l’espulsione. Nell’estate dello scorso anno, quindi, dopo essersi trasferito nel Kurdistan iracheno, Dall’Oglio è rientrato nel nord della Siria controllato dai ribelli, per portare avanti trattative per la liberazione di un gruppo di ostaggi a Raqqa, una delle roccaforti delle milizie fondamentaliste nella guerra al governo siriano.

Mentre si trovava nella città per cercare di riappacificare i rapporti tra i gruppi curdi e i jihadisti arabi, il 27 luglio sarebbe stato rapito da un gruppo di estremisti islamici vicino ad Al Qaida. Da allora sulla sua sorte, soltanto voci. Il sito arabo “TahrirSy”, ha lanciato la notizia della sua immediata uccisione da parte dell’Isis. Nel giugno scorso, un quotidiano libanese filo-siriano, ha sostenuto che padre Paolo sarebbe nelle mani dei sequestratori, parlando di trattative in corso. Altra speranza presto spenta dalla stessa Farnesina, che ha smentito l’esistenza di questi presunti contatti.

L’anniversario di Padre Paolo offre rinnovata attenzione alla condizione disumana dei sequestrati: tre gli altri italiani di cui mancano notizie. Marco Vallisa, tecnico italiano scomparso il 5 luglio nell’ovest della Libia, rapito insieme con due suoi colleghi stranieri. Probabile rapimento a scopo di estorsione. Giovanni Lo Porto, 38 anni, cooperante palermitano sequestrato in Pakistan nel gennaio 2012 insieme a un collega tedesco mentre lavorava per la ong tedesca Welt HungerHilfe, aiuto alla fame. Gianluca Salviato, 48 anni, rapito in Cirenaica: soffre di diabete e ha bisogno dell’insulina.

Ennio Remondino da Remocontro.it

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