In Uganda si è scelto di accogliere

Il conflitto in corso nel giovane stato sudanese sta producendo milioni di profughi; l'ONU denuncia una situazione di pulizia etnica. Per i sud-sudanesi una via di fuga si trova lungo il confine con l'Uganda: 435 chilometri; una linea oltre la quale sembra che la vita possa riprendere a scorrere. L'Uganda, un piccolo stato dell'Africa orientale (241.038 km2 e una popolazione di poco più di 30 milioni di persone),  è infatti conosciuta a livello globale per le sue politiche di accoglienza aperte ed inclusive. Ai richiedenti asilo, il governo consegna un pezzo di terra e le risorse minime per essere autosufficienti. Un modello questo che ha funzionato bene, perlomeno fino a quando ad arrivare erano qualche migliaia di persone. Ma il moltiplicarsi degli arrivi sta mettendo in crisi anche questa formula, creando sacche sempre più ampie di vulnerabilità soprattutto tra le persone più fragili. Da luglio a ottobre 2016, gli arrivi sono stati oltre 250 mila. Ad oggi, oltre un milione di sud sudanesi (su circa 12 milioni di abitanti) è profugo interno o nei paesi limitrofi: circa la metà di queste persone vive in Uganda. Nelle zone dell'Uganda settentrionale dove sono stati sistemati i richiedenti asilo, la terra non basta più o meglio, la terra fertile non basta più. La zona è arida, con pochi punti di approvvigionamento idrico e la stagione secca non facilita le attività agricole. Bidi Bidi, ospita oltre 160.000 sud-sudanesi e sta diventando uno dei "campi" più affollati del mondo. Nonostante le fatiche, l'Uganda resta un esempio interessante di civiltà.

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