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Armi: accellera l'agenzia europea, non i controlli all'export
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Unità militari di pronto intervento per situazioni di crisi operative a partire dal 2007 e "Agenzia europea per gli armamenti" attiva già dal prossimo luglio: sono due tra le principali decisioni del primo Consiglio Ministri della difesa dell'Unione europea allargata a 25 membri. "Con sullo sfondo l'escalation dei combattimenti in Iraq, i ministri - per l'Italia, Antonio Martino - hanno raggiunto un accordo politico su una serie di 'dossier', in vista del via libera definitivo che dovrebbe arrivare nel prossimo summit europeo di Bruxelles, il 17-18 giugno' - comunica Sportello Europa dell'Ansa.
Fra le decisioni di maggior rilievo del Consiglio vi è quella relativa ai cosiddetti "battle group di pronta reazione', le forze d'intervento rapido dell'Ue per missioni di urgenza. Si tratta di nove unità di circa 1.500 uomini ciascuna che finora erano state pensate per essere impiegate in tempi rapidi in aree di "operazioni umanitarie" o di "disarmo, mantenimento della pace, lotta al terrorismo" che, secondo le nuove decisioni "dovranno poter essere impiegate sul terreno entro 15 giorni dal momento in cui i governi decidono di intervenire" ed essere operative fin dal 2007 - alcune anche fin dal 2005 - come proposto l'Alto rappresentante Ue per la politica estera e la sicurezza, Javier Solana.
Solana ha inoltre ribadito che l'"Agenzia europea per gli armamenti" dovrà lavorare in modo ''flessibile'' e con ''autonomia'' ed essere operativa entro l'anno, probabilmente già dal prossimo luglio. ''E' importante che l'Agenzia abbia un adeguato livello di autonomia, fatto fondamentale affinchè essa possa produrre dei risultati'' - ha detto Solana - il quale ha sottolineato inoltre che ''il processo di decisioni dell'Agenzia deve essere flessibile, con il massimo ricorso possibile a un sistema di votazione basato sulla maggioranza qualificata''. Tra le decisioni del Consiglio va ricordato anche il via libera all'"Obiettivo globale 2010" (Headline Goal 2010) sulle capacità' militari dell'Ue, che fissa i target nel settore da ora al 2010.
Nessuna risposta invece ad Amnesty International che in un rapporto presentato nei giorni scorsi chiedeva controlli più rigorosi sulle esportazioni di armi dall'Unione europea allargata che risultano pericolosamente inefficaci. Il Rapporto di Amnesty dal titolo "Undermining Global Security: the European Union's arms exports" documenta come i principali esportatori di armi dell'Unione europea - Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Svezia - raggiungono da soli un terzo del commercio mondiale di armi e che con l'ingresso dei nuovi dieci stati membri, all'interno dell'UE si trovano ora 440 aziende produttrici di armi leggere quasi quante ve ne sono negli Usa. Tra i nuovi stati membri la Repubblica Ceca ha 26 industrie armiere, la Polonia 22, la Slovacchia 11 e sei la Slovenia. Ancora recentemente questi stati hanno ribadito l'intenzione di finanziare la propria modernizzazione anche attraverso la vendita di armi considerate "in surplus" come nel caso della Slovacchia e della Repubblica Ceca oppure hanno operato vendite verso paesi a rischio triangolazione come la Polonia che ha effettutato trasferimenti di armi in surplus verso lo Yemen.
Il Rapporto di Amnesty individua anche una serie di importanti "carenze, omissioni e scappatoie negli attuali controlli sulle esportazioni di armi dell'Unione europea", tra cui quelle dell'Italia, Gran Bretagna, Olanda, Spagna, Germania e Francia. In vista della conclusione del riesame del Codice di condotta europeo sull'esportazione di armi, Amnesty ha chiesto all'Unione europea di "rafforzare, allargare e rendere più efficace" il Codice di condotta europeo sull'esportazione di armi (del 1998) e di "promuovere l'adozione di un trattato mondiale, legalmente vincolante, sul commercio delle armi". Ma su questo non è giunta alcuna risposta nè dal "Comitato sul controllo delle armi" (Coarm) che si è concluso nei giorni scorsi, nè dal Consiglio dei Ministri della difesa dell'Unione europea conclusosi ieri.
E sempre ieri è stato presentato nella Sala Rossa del Senato il libro di Francesco Vignarca ''Li chiamano ancora mercenari''. L'obiettivo del libro - ha spiegato Vignarca - ''è quello di squarciare il velo sul tema della privatizzazione della guerra, esploso negli ultimi 5-6 anni". Il libro evidenzia la consistenza del settore degli eserciti privati: nel 2003 la porzione di bilancio della difesa USA assorbita da contratti con privati è pari all' 8% del totale, per un valore di circa 30 miliardi di dollari; dal 1994 al 2002 il Dipartimento della Difesa degli Usa ha stipulato 3061 contratti con 12 diverse compagnie private, per una valore complessivo che supera i 300 miliardi di dollari; i compensi giornalieri per i ''mercenari'' possono raggiungere livelli da capogiro (dai 500 ai 1000 dollari), spesso equivalenti ad una paga mensile ordinaria per un soldato regolare. Un settore che va espandendosi anche in Europa e per il quale è urgente una legislazione europea adeguata. [GB]