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Internet: restrizioni e censure a Cuba e in Cina
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Il 10 gennaio scorso il governo di Cuba ha varato una nuova legge che permette l'accesso a Internet solo a chi è in grado di pagare il collegamento in dollari americani e sia espressamente autorizzato, come le imprese riconosciute ufficialmente e le sedi governative. Ne da notizia un comunicato di Amnesty International che sottolinea come la nuova legge "avrà l'effetto di impedire l'accesso a internet alla popolazione".
"Queste nuove misure, che colpiscono l'utenza 'non ufficiale' di Internet, costituiscono un ulteriore tentativo di escludere la popolazione cubana dall'accesso a idee alternative e a spazi in cui discuterne" - afferma la nota di Amnesty. La risoluzione 180/2003, in vigore dal 10 gennaio intenderebbe reprimere il 'mercato nero' fiorito attorno alla rete e "regolare le connessioni, proteggere le password degli utenti, limitare l'azione dei malintenzionati così come l'uso fraudolento e non autorizzato del mezzo". Ma, di fatto, "la legge dà al governo un altro strumento per punire coloro che lo criticano e per reprimere il dissenso", sottolinea Amnesty che ricorda come la normativa sia stata approvata "al termine di un anno di dura persecuzione che ha significato il carcere per 75 attivisti, colpevoli solo di aver espresso in maniera pacifica le proprie opinioni". In una nota di protesta anche Reporter senza frontiere sottolinea come internet sia "uno dei pochi mezzi a Cuba per aggirare l'onnipresente censura".
Reporters senza Frontiere: Classifica mondiale della libertà di stampa 2003
Unimondo: La libertà di stampa nel 2003 (Cuba è al penultimo posto, seguita dalla Corea del Nord)
E controllare internet è un'impresa difficile anche per le autorità di Pechino. Secondo l'ultimo rapporto di Reporter Senza Frontiere, nella Repubblica Popolare Cinese sono 130 i giornalisti in carcere, tra cui 39 cyber dissidenti. Nonostante il rilascio su cauzione di alcuni internauti, tra cui la giovane Liu Di, la strategia del governo di censurare la libera espressione su internet non mostra segni di cedimento. Non solo, infatti, il governo cinese non si è pronunciato sul destino di 30 internauti incarcerati nel 2003, ma negli ultimi giorni dello scorso anno ha aumentato le misure repressive mettendo agli arresti il giovane Zhang, reo di aver pubblicato in internet articoli di Liu Fenggang, uno storico della chiesa, anch'egli in prigione.
Agli inizi dello scorso dicembre, Reporters senza Frontiere aveva inviato un appello ai presidenti di 14 compagnie di internet cinesi chiedendo loro di far pressione sul governo per togliere la censura su internet e rimettere in libertà i cosidetti "cyberdissidenti", ma le autorità di Pechino non hanno ancora risposto. Nella Repubblica Popolare Cinese sono quasi 80 milioni - erano poco più di 600mila nel 1997 - coloro che fanno regolare uso di Internet; 20 milioni in meno del Giappone che è preceduto nelle classifiche mondiali di internauti solo dagli Usa che ne contano 125 milioni. [GB]