Commento di Attac sul vertice energia-ambiente ministri UE

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Considerazioni di Attac Milano sul documento introduttivo al Meeting di Montecatini dei ministri di ambiente ed energia dell'UE che si terrà a Montecatini i prossimi 18-20 luglio 2003.

Considerazioni sul documento introduttivo al Meeting di Montecatini dei
ministri di ambiente ed energia dell?UE

Introduzione

Questo documento contiene alcune note e commenti alla relazione intitolata Energy and Environment - The challenge for integration, presentato dai direttori generali dei Ministeri dell?Ambiente e delle Attività Produttive italiani, come documento introduttivo al Meeting informale dei ministri di Ambiente ed Energia dell?Unione Europea di Montecatini, 18-20 luglio 2003. Il documento in esame si compone di un?introduzione firmata dai direttori generali dei ministeri italiani citati e da un rapporto tecnico a cura dell?International Energy Agency (IEA).
L?intero documento si riferisce ai cambiamenti climatici, all?insieme dei problemi che vengono normalmente indicati come effetto serra, ed agli interventi possibili e necessari per realizzare gli impegni assunti dall?Unione Europea con la sottoscrizione del Protocollo di Kyoto. L?attenzione è focalizzata sui sistemi di produzione dell?energia elettrica, che forniscono uno dei contributi di maggior rilievo alle emissioni di gas serra.
La lettura del documento evidenzia differenze rilevanti nei contenuti dell?introduzione politica e della parte tecnica che sono quindi affrontate separatamente. Va però sottolineato l?elemento principale che accomuna l?intera relazione: la non discutibilità del modello di sviluppo occidentale. Se infatti si
accetta implicitamente la necessità di effettuare interventi per ridurre gli effetti sul clima del sistema energetico, questi interventi non contemplano alcuna messa in discussione di un modello di sviluppo energivoro e ambientalmente distruttivo, la cui conservazione ed esportazione nei paesi in via di sviluppo
metterebbe in pericolo la sopravvivenza stessa della vita sul pianeta.

Introduzione politica a cura dei Ministeri dell?Ambiente e delle Attività Produttive

L?introduzione mette subito in chiaro la rilevanza del vertice di Montecatini, ben al di là del suo carattere informale. Si afferma infatti che il meeting è stato costruito per ?valutare la possibilità di costruire un modello europeo di integrazione e dialogo fra ambiente ed energia, sia nella preparazione del quadro legislativo, che nella sua implementazione. Questione cruciale per raggiungere uno sviluppo sostenibile sia a livello continentale che mondiale?.
Si riporta quindi la stima della crescita della domanda di energia del 50% fra il 2000 ed il 2030, effettuata dall?IEA nel World Energy Outlook 2002, alla quale corrisponderebbe un aumento delle emissioni di CO2 superiore al 50%, rispetto ai livelli attuali. Questa crescita è attribuita principalmente
alla crescita dei consumi energetici delle economie emergenti.
Come altro elemento tecnico di riferimento si riportano alcune considerazioni dal ?2001 third assessment report? dell?International Panel for Climate Change (IPCC). In particolare si fa riferimento all?obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 indicato dall?IPCC, per l?anno 2100, per contenere l?aumento della temperatura globale al disotto dei 2°C a la crescita del
livello del mare sotto i 20 cm. Ciò che interessa sottolineare ai nostri ministeri è che lo scenario di stabilizzazione descritto dall?IPCC comprende un aumento delle emissioni, dovuto al consumo di combustibili fossili, fino al 2030 ed una successiva riduzione del 50-60% rispetto ai livelli del 1990, entro il 2050. La crescita delle emissioni viene attribuita alle economie
a crescita rapida come Cina e India. Rispetto a questo trend delle emissioni la riduzione del 5.2%, nei paesi sviluppati, prevista dagli accordi di Kyoto, viene considerata di scarsa influenza.
Si ritiene quindi necessaria in prospettiva una strategia più ampia e misure più efficaci di quelle incluse nel protocollo di Kyoto, sia a livello di accordi globali che a livello di innovazione tecnologica. Il contesto sopra richiamato serve ad affermare che il Protocollo di Kyoto è un quadro nel quale testare programmi per realizzare gli obiettivi di riduzione delle emissioni senza compromettere la sicurezza dell?approvvigionamento
energetico, la competitività del sistema industriale e la crescita economica.
Si sottolinea quindi che il protocollo di Kyoto ha stabilito la possibilità, per i paesi sviluppati di realizzare gli obiettivi di riduzione delle emissioni attraverso programmi comuni con le economie in transizione e con i paesi in via di sviluppo. Ridurre le emissioni nei paesi poveri può costare infatti molto meno che nei paesi occidentali. Inoltre il trasferimento tecnologico
insito in queste operazioni offre un?importante area di business alle aziende europee nei mercati emergenti.

Si sottolinea infine che per raggiungere gli obiettivi del protocollo di Kyoto unicamente con azioni interne all?Unione Europea sarebbe necessario usare strumenti quali la tassazione dei combustibili fossili, la limitazione delle centrali termoelettriche, l?uso obbligatorio delle energie rinnovabili.
Provvedimenti che, costi a parte, metterebbero in pericolo la sicurezza delle forniture elettriche.
Si consiglia quindi di rimandare al dopo il 2020-2030 gli interventi strutturali sulle emissioni nell?UE e di sfruttare le opportunità di ?commercio delle emissioni? andando a ridurre le emissioni dove costa meno, camuffando questa operazione come ?cooperazione tecnologica internazionale verso lo sviluppo sostenibile globale?.

E? evidente la pericolosità ambientale, politica ed economica di questa proposta. Il problema dell?aumento delle emissioni di gas serra nei prossimi anni viene attribuito principalmente alle economie in rapido sviluppo, il che è sicuramente fondato. Si dimentica però di ricordare qual è la ripartizione attuale delle emissioni e dei consumi energetici. Si consideri, ad esempio,
che il consumo medio annuo pro capite di energia elettrica è di 13923 kWh negli USA, 6623 kWh nella UE15, 5168 kWh in Italia, 977 kWh in Cina e 501 kWh in India (dati GRTN relativi all?anno 2000). La cooperazione con le economie in crescita e la collaborazione per contenere le loro emissioni è sicuramente una necessità ed un dovere per le nazioni che sfruttano la maggior parte delle risorse del pianeta e hanno causato
la crescita delle concentrazioni di gas serra fino ai valori odierni. Non deve però essere un sistema per sfruttare sui mercati di queste economie le tecnologie mature di cui disponiamo mentre gli eventuali progressi tecnologici
rimangono chiusi in occidente per proteggere lo sfruttamento futuro dei brevetti e perpetrare il dominio tecnologico occidentale.

Non affrontare o rimandare il problema dei consumi energetici e delle emissioni di gas serra nei paesi sviluppati significa non affrontare il cuore del problema, cioè la necessaria riduzione del consumo di risorse e la sua ridistribuzione su scala planetaria. E? inoltre illusoria e pericolosa la fede positivista
con la quale si ipotizza che il solo progresso scientifico e tecnologico sarà in grado di risolvere i problemi energetici ed ambientali del nostro modello di sviluppo, nonché di renderlo sostenibile per il pianeta. Appare sempre più chiaro che dietro al paravento della cooperazione internazionale come metodo efficace di realizzazione degli obiettivi del protocollo di
Kyoto si celi la volontà di rimuovere i possibili lacci al mercato dell?energia e la difesa del modello di sviluppo, dello stile di vita e dei livelli di consumi occidentali. Il contesto politico internazionale evidenzia come, a partire da queste assunzioni, l?unica soluzione per il governo del pianeta sia la guerra permanente. La prima parte di questa fase storica, con le
guerre in Afganistan e Iraq, mostrano infatti l?importanza data al controllo delle fonti energetiche in una fase nella quale le risorse potrebbero iniziare a ridursi ed il consumo di energia delle economie in crescita diventa potenzialmente
concorrenziale con quelli occidentali.
Documento a cura dell?International Energy Agency.
Il documento si basa in gran parte (capitoli 1 e 2) sul World Energy Outlook 2002 dell?IEA. Viene confrontato, sul periodo 2000-2030, uno scenario energetico di riferimento, che non comprende politiche atte a ridurre le emissioni di CO2, con uno scenario alternativo, nel quale si esaminano gli effetti di politiche alternative in tre regioni OECD: Unione Europea; USA e Canada, Giappone, Australia e Nuova Zelanda. Sono inoltre analizzati i problemi relativi all?innovazione tecnologica ?necessaria? per realizzare sistemi di produzione dell?energia elettrica a minore emissione di gas serra (Capitolo 3). Sono infine riportate in appendice alcune informazioni su analisi di
scenario effettuate dall?IPCC e dalla Shell. Come già accennato precedentemente, l?analisi riportata, che si riferisce ai soli paesi sviluppati, non affronta il nodo della non sostenibilità del modello energetico occidentale e dell?impossibilità di estendere questo modello alla maggioranza degli abitanti del pianeta. Si deve però rilevare che la relazione affronta e mette in luce alcune questioni rilevanti che
vale la pena di considerare nella discussione sull?argomento.
Come punto di partenza, lo scenario IEA di riferimento prevede, per i prossimi 30 anni, un aumento medio della richiesta di energia da fonti fossili pari al 1.7% annuo. Nelle condizioni attuali ciò comporterebbe una crescita percentualmente più elevata delle emissioni di gas serra, che risulterebbe totalmente incompatibile con gli scenari di stabilizzazione delle concentrazioni di CO2 in atmosfera
elaborati dall?IPCC. Tali scenari richiedono infatti una drastica riduzione delle emissioni di gas serra nei prossimi 2-3 decenni. Da questo quadro delle tendenze energetiche risulta necessario sviluppare azioni per modificare il trend di crescita dei consumi energetici e delle emissioni di CO2. La relazione analizza quindi gli effetti sul mercato dell?energia, sul consumo
di combustibili fossili e sulle emissioni di CO2, di uno scenario di intervento che comprende alcune politiche in discussione nei paesi occidentali. In più punti della relazione emerge la necessità di un ruolo forte dei governi per stimolare e supportare le scelte energetiche e l?innovazione tecnologica
necessarie al contenimento delle emissioni. Viene citata esplicitamente la necessità di interventi nei campi della tassazione dei combustibili più inquinanti, nel supporto dello sviluppo e del supporto economico delle energie rinnovabili, negli investimenti per la ricerca e lo sviluppo tecnologico
e nella promozione dell?efficienza dei sistemi energetici. Si evince quindi l?incapacità del mercato dell?energia di tendere al cambiamento senza il supporto e la forzatura dei governi. Non si analizza invece, ovviamente, il problema degli effetti sul sistema della liberalizzazione del mercato energetico in Europa.
Se in tutto il documento si confida nelle nuove tecnologie e sul progresso scientifico e tecnologico, nel capitolo 3 si dice molto chiaramente che le risorse dedicate alle attività di ricerca e sviluppo sono molto scarse sia nel settore pubblico che in quello privato ed, più in specifico, che i budget per la ricerca energetica dei governi dell?UE sono in eclino dagli anni 80.

In conclusione l?analisi dello scenario che contiene le politiche di riduzione delle emissioni, determina una forte riduzione delle emissioni di gas serra nei paesi occidentali, che porta vicino agli obiettivi del protocollo di Kyoto, senza pero permetterne il rispetto effettivo. Per il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto si ritiene quindi necessario aggiungere meccanismi di flessibilità quali l?emission trading. E? importante rilevare che in questa parte del rapporto emission trading e le altre attività di cooperazione internazionale volte a diminuire le emissioni dei paesi in via di sviluppo vengono considerate come operazioni aggiuntive, e non sostitutive, degli interventi diretti sulle emissioni occidentali. Successivamente inoltre sono sottolineate anche le difficoltà politiche ed amministrative per la realizzazione di queste forme di collaborazione, che rendono difficile valutarne l?efficacia ed i costi effettivi.

Sandro Finardi

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