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G8 Diaz: 'macelleria italiana', subito commissione d'inchiesta
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"Il dottor Michelangelo Fournier ha sbagliato a tacere per sei anni su quello che ha visto dentro la scuola Diaz. Proprio lo 'spirito di appartenenza' avrebbe dovuto spingerlo a raccontare tutto e subito": così il Comitato Verità e Giustizia sul G8 di Genova commenta la testimonianza dell'allora vice-questore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma ed oggi uno dei 28 poliziotti imputati per la sanguinosa irruzione nella scuola Diaz". "Fu un'operazione da macelleria messicana" - ha detto il vice-questore Fournier, fornendo una nuova versione dei fatti spiegando ai giudici che nella prima deposizione non lo ammise "per spirito di appartenenza".
"Durante le indagini non ebbi il coraggio di rivelare un comportamento così grave da parte dei colleghi per spirito di appartenenza. Faccio parte di una famiglia di poliziotti"- ha aggiunto. Il vicequestore ha ammesso ieri per la prima volta che al momento del suo arrivo al primo piano della scuola erano in atto ancora veri e propri pestaggi di no global inermi a terra. "Sono rimasto terrorizzato e basito - ha raccontato - quando ho visto a terra una ragazza con la testa rotta in una pozza di sangue. Pensavo che stesse morendo anche perché mi sembrò di vedere attorno grumi di materia cerebrale". Fournier ha poi raccontato di aver assistito la ragazza ferita fino all'arrivo dei militi con l'aiuto di un'altra manifestante che aveva con sè una cassetta di pronto soccorso.
"Solo raccontando tutto e subito avrebbe servito nel migliore dei modi, con lealtà e responsabilità, lo stato di cui è funzionario" - replica la nota del Comitato Verità e Giustizia sul G8 di Genova. "Ad ogni modo, sia pure in ritardo, ha raccontato ciò che ha visto, confermando le testimonianze di decine di persone". Il Conitato fa poi osservare che "il dottor Fournier ha parlato di 'macelleria messicana'. L'attuale ministro degli Esteri, nel 2001, parlò di 'notte cilena'. Si ricorre all'esotismo, ma siamo di fronte a una 'perquisizione all'italiana' che ha macchiato la credibilità della polizia e dello stato. A questo punto chiediamo: il capo della polizia non ha niente da dire? Il ministro degli Interni farà finta di nulla anche stavolta? Il parlamento continuerà a tenere in un cassetto la legge sulla commissione d'inchiesta?".
"Macelleria messicana? Meglio parlare di macelleria italiana!" - commenta Lorenzo Guadagnucci, una delle 93 persone pestate nella Scuola Diaz, oggi giornalista di La Nazione e presidente del comitato "Verità e Giustizia". "Io ero al piano terreno della scuola Diaz in un angolo della palestra ed ero pestato da due agenti a colpi di manganello; usavano i nuovi "tonfa", i manganelli a forma di L con il manico in metallo, li usavano al contrario e hanno lasciato squarci sulla carne dei mie avambracci e delle gambe con le quali cercavo di ripararmi. Ho riportato tra le altre cose una frattura al polso" - aggiunge Guadagnucci nell'intervista a Affari Italiani. "E dopo il primo pestaggio è arrivato un terzo agente che mi ha pestato sulla schiena: tra le tracce di quei colpi il dermatologo ha identificato anche una cicatrice perfettamente circolare procurata da un manganello elettrico che ufficialmente non doveva essere in dotazione a quel poliziotto ma che probabilmente si era procurato. Era una scena infernale: attorno a me gente che sanguinava dal naso, dalla testa⅀ ragazzi con crisi epilettica".
In seguito alla testimonianza di Forunier diversi esponenti di forze politiche hanno rinnovato la richiesta di una commissione d'inchiesta sui fatti del G8. "Finalmente dopo sei anni un poliziotto trova il coraggio di dire la verità e conferma che alla Diaz fu un vero e proprio massacro. Ora il governo non ha più nessuna scusa: bisogna costituire una commissione d'inchiesta" - ha detto Vittorio Agnoletto, portavoce del Genoa Social Forum all'epoca del G8. Secondo Heidi Giuliani, di Rifondazione comunista, madre di Carlo, "la coraggiosa testimonianza dell'ex vice questore sulla mattanza compiuta dalla polizia ha rotto finalmente l'intreccio di menzogne e coperture indegne di un Paese civile. E' urgente istituire una commissione parlamentare d'inchiesta per identificare i responsabili".
Lo scorso 18 aprile il tribunale civile di Genova ha condannato il Ministero dell'Interno a pagare 5 mila euro di risarcimento - comprese le spese legali - alla dottoressa Marina Spaccini, della Rete di Lilliput, ferita da una manganellata alla testa dalla Polizia durante i fatti del G8 del 2001: la carica della Polizia si trasformò in un pestaggio contro un gruppo di persone che secondo il giudice erano imermi e con le mani alzate gridavano "nonviolenza". La sentenza contesta le testimonianze dei poliziotti: "La loro attendibilità appare alquanto limitata". "Se risulta chiaramente che la Spaccini sia stata oggetto di un atto di violenza da parte di un appartenente alle forze di polizia - scrive, infatti, il giudice istruttore - non si può neppure porre in dubbio che non si sia trattato né di un'iniziativa isolata, di un qualche autonomo eccesso da parte di qualche agente, né di un fatale inconveniente durante una legittima operazione di polizia volta e riportare l'ordine pubblico gravemente messo in pericolo". [GB]