Cina: esplosione in miniera, le ruspe espandono Pechino

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Continuano a crescere le vittime del rapido sviluppo della Cina: un'esplosione all'interno di una miniera a Sihe, nello Shanxi, di proprietà statale nella parte nord del Paese ha ucciso ieri 23 persone ed ha causato l'avvelenamento da ossido di carbonio di altre 53. La Sihe è una sussidiaria del Gruppo minerario Jincheng, di proprietà statale, e produce ogni anno circa 11 milioni di tonnellate di carbone. Sono in corso delle indagini per determinare le cause dell'incidente. La provincia dello Shanxi è la maggiore produttrice di carbone della Cina: secondo l'Ufficio per l'industria mineraria, nel 2005 ha prodotto 543 milioni di tonnellate di combustibile fossile, con un aumento del 10 % rispetto al 2004. Nello stesso tempo, qui sono morti - ufficialmente - 469 minatori nei 179 incidenti registrati nelle miniere. All'inizio di dicembre un'esplosione nella miniera Dongfeng, nell'Heilonjiang, ha causato 169 morti accertati e un anno fa nella miniera Sunjiawan nel Liaoning, i morti sono stati 220.

Intanto nei villaggi della periferia di Pechino ancora non abbattuti dalle ruspe sopravvivono a stento i lavoratori migranti che costituiscono la maggioranza degli abitanti: sono più di 300 i villaggi che continuano a subire la rapida espansione della capitale mentre il governo, ignorando i diritti della gente, continua a distruggere interi quartieri e villaggi nati nella prima periferia di Pechino da ex distretti rurali - riporta Asianews. Gli abitanti dei villaggi non vivono in condizioni migliori rispetto alle persone spostate con forza: sono per lo più lavoratori migranti, stipati in pochi metri quadrati con la famiglia a seguito, venuti nella capitale nella speranza di racimolare un po' di soldi per sopravvivere. Secondo stime ufficiali 1,5 milioni di persone abitano in questi villaggi, ancora non abbattuti dalle ruspe demolitrici di Pechino. Lavoratori migranti appena arrivati e neodiplomati abitano in questi "angoli dimenticati" in attesa di fare un po' di soldi e spostarsi. Per i proprietari delle abitazioni i soldi che entrano grazie agli affitti spesso sono l'unica fonte di guadagno.

Intanto le proteste popolari contro la corruzione e la violenza della polizia mettono sotto pressione il governo che inizia a fare concessioni serie. Yang Maodong, attivista per i diritti umani, sostiene che il governo cinese è pronto al dialogo per risolvere la "questione Taishi". Yang - meglio conosciuto come Guo Feixiong - aiuta da tempo gli abitanti di questo villaggio del Guangdong nella loro lotta contro la corruzione della classe dirigente. Dal 29 luglio gli abitanti lottano contro il capo-villaggio, colpevole di aver venduto i terreni appartenenti al villaggio senza risarcire gli abitanti. La protesta ha coinvolto oltre 20 mila persone ed è finita sulle pagine dei giornali di tutto il mondo. Yang sta preparando la richiesta di risarcimento per coloro che sono stati picchiati durante la protesta da parte di quelli che il governo definisce "sconosciuti assalitori", che continuano indisturbati a sorvegliare ogni ingresso del villaggio. "Il risarcimento - spiega l'attivista - è la pre-condizione necessaria per convincerci ad un dialogo fruttuoso". Secondo Yang la soluzione è vicina "perché il governo provinciale è sotto pressione da parte interna ed esterna": la protesta di Taishi, la sparatoria con cui si è conclusa un'analoga protesta a Shanwei e le violenze avvenute a Zhongshan da parte della polizia, "stanno rovinando la reputazione del Guangdong". Il governo ha già rilasciato tutti coloro che erano stati arrestati durante la protesta ed ha accordato 10 mila yuan di risarcimento ad una donna anziana e alla famiglia di un bambino coinvolti in uno scontro - riporta Asianews. [GB]

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