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Etiopia: repressione sui manifestanti, tensioni con Eritrea
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Dall'inizio del mese la polizia anti-sommossa etiopica ha ucciso oltre 30 manifestanti nella capitale Addis Abeba e ha avviato una campagna di arresti sistematici di dirigenti e militanti del principale partito di opposizione, la Coalizione per l'unità e la democrazia (Cud), nonché di giornalisti della stampa privata. La polizia anti-sommossa ha usato munizioni letali contro i manifestanti nella zona del Mercato e in altri quartieri della capitale. Con i primi spari, le proteste inizialmente pacifiche sono degenerate in lanci di pietre e incendi di veicoli. I feriti sarebbero oltre 150. La polizia sostiene che due agenti sono stati uccisi dai manifestanti - riporta Amnesty International che sollecita un'inchiesta indipendente sulle uccisioni e i ferimenti dei giorni scorsi
Tutti i dirigenti della Cud si trovano attualmente agli arresti nell'Ufficio centrale per le indagini della polizia di Addis Abeba. Tra di loro figurano Hailu Shawel (il presidente della Cud, che è stato anche brutalmente malmenato), Berhanu Negga (il nuovo sindaco della capitale) e Yakob Hailemariam (ex funzionario dell'Onu e ora in servizio presso la Corte penale internazionale). Il governo ha annunciato l'intenzione di incriminare i dirigenti dell'Associazione degli insegnanti e dell'Associazione della libera stampa per "cospirazione violenta". Gli arresti sono scattati a seguito di una serie di azioni non violente organizzate dalla Cud, che sta boicottando i lavori del nuovo Parlamento sostenendo che questo è il risultato di elezioni fraudolente, vinte dal partito del primo ministro Meles Zenawi, il Fronte democratico rivoluzionario etiopico. Sono stati arrestati persino una trentina di autisti di taxi che suonavano il clacson in segno di protesta. Anche un cooperante locale di ActionAid International è stato arrestato. Daniel Bekele, responsabile ricerca e policy di ActionAid International in Etiopia, già alcune settimane fa era stato vittima di intimidazioni ed è tuttora detenuto senza accusa ad Addis Abeba in condizioni inaccettabili.
Da giugno l'Etiopia si trova a dover fronteggiare una crisi politica senza precedenti, con l'opposizione che continua ad accusare il partito al governo di brogli e irregolarità, attraverso cui sarebbe riuscito a mantenere il potere. Le elezioni di metà maggio sono state giudicate regolari dagli osservatori internazionali, compresa la delegazione dell'Ue. Il governo si è riservato di agire legalmente contro i capi dell'opposizione, colpevoli secondo la maggioranza di aver fomentato la rivolta che tra ieri ed oggi ha causato numerose vittime. Diffusa questa dichiarazione d'intenti attraverso un comunicato del Ministero dell'Informazione, le autorità di Addis Abeba hanno proceduto già a partire dal pomeriggio di ieri al fermo di numerosi membri del CUD. Almeno 6 esponenti di spicco dell'opposizione sono stati arrestati - riferisce la BBC. Tra questi, vi sarebbero il Presidente Hailu Shawel e il suo Vice Berhanu Nega. Le accuse per cui i politici sono tutt'ora detenuti riguardano, secondo il Mail and Guardian, il sospetto di aver organizzato e coordinato gli scontri in strada di questi giorni. Fonti governative hanno esplicitamente messo in relazione i fatti di ieri con un piano preordinato dell'opposizione per distruggere la pace all'interno del paese. Dall'interno dell'opposizione si continua invece ad accusare la polizia di un uso eccessivo della forza nel disperdere i manifestanti.
Rimane, intanto "tesa e potenzialmente volatile" la situazione militare al confine tra i Etiopia ed Eritrea, i due paesi del corno d'Africa che dal 1998 al 2000 combatterono una guerra di frontiera costata la vita a decine di migliaia di persone. Incontrando i giornalisti, i vertici della Missione delle nazioni Unite in Etiopia ed Eritrea (Unmee), hanno espresso chiaramente le proprie preoccupazioni, condivise dal Consiglio di Sicurezza che ha deciso di inviare in missione urgente un proprio rappresentante - informa l'agenzia Misna. "La situazione al confine tra Etiopia ed Eritrea, che da 5 anni noi siamo chiamati a monitorare, è passata da 'stabile' a 'tesa' e questo era già successo in precedenza" - spiega il comandante in capo delle forze della Unmee, il generale Rajender Singh. "Per la prima volta nella storia abbiamo usato il termine 'potenzialmente volatile' - aggiunge il militare - volendo così evidenziare che per una serie di circostanze, inclusa la nostra impossibilità di presidiare alcune zone di confine, un qualsiasi incidente potrebbe degenerare in qualcosa di peggiore e, per quanto non sia automatico, la cosa peggiore è proprio una nuova guerra tra Etiopia ed Eritrea".
Secondo le informazioni fornite da fonti Onu, nell'ultima settimana i movimenti di truppe da entrambi i lati della frontiera sono aumentati. "In Etiopia abbiamo assistito a una maggiore concentrazione di truppe e a un gran movimento di carri armati che dall'interno del paese si sono spostati a una decina di chilometri dalla zona cuscinetto presidiata dai caschi blu" - dice Singh, precisando che Addis Abeba ha giustiziato questi movimenti con una normale rotazione di truppe. "Da parte Eritrea, invece, abbiamo assistito, a un'intensificarsi di ingressi nella zona cuscinetto di gruppi di una sessantina di uomini armati che si autodefiniscono 'milizie' e che si oppongono alla richiesta di presentare i loro documenti d'identità" - aggiunge ancora il capo dei caschi blu, ricordando che le informazioni provenienti dal territorio eritreo sono molto poche a causa del divieto di usare gli elicotteri (imposto da Asmara all'Onu lo scorso 5 ottobre) che ha ridotto del 60% le capacità operative della Unmee nella zona cuscinetto. A tutti questi movimenti si aggiunge poi il rafforzamento delle difese anti-aeree e delle postazioni missilistiche soprattutto nei pressi di aeroporti e piste d'atterraggio. Una situazione che ha portato il capo politico della missione Onu, Jospeh Legwaila a chiedere l'intervento urgente del Consiglio di Sicurezza: "Siamo di fronte a uno stallo che va affrontato il prima possibile se non vogliamo che il conflitto concluso nel 2000 si accenda di nuovo" ha detto Legwaila. Secondo indiscrezioni, la bozza di una nuova risoluzione sulla crisi tra Etiopia ed Eritrea sarebbe già sul tavolo dei membri del Consiglio di Sicurezza ed entro la prossima settimana dovrebbe essere messa ai voti. Ad Asmara e Addis Abeba, impegnata intanto a contrastare anche una grave crisi politico-sociale interna, per il momento si aspetta - conclude la Misna. [GB]
Altre fonti: Warnews.